Il Governo verso il test Bonafede. Pd e FI evocano voto

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Bisognerà attendere la capogruppo di Palazzo Madama prevista per martedì per sapere quale sarà il calendario dei lavori

Potrebbe essere rimandata di qualche ora la prova del fuoco per il governo Conte II, mentre oltre al Pd anche FI evoca le elezioni anticipate. Il momento della verità per il governo, con il voto di Camera e Senato sulla relazione sullo stato dell’amministrazione della Giustizia del ministro Alfonso Bonafede, era atteso mercoledì.

 Una prova del fuoco per l’esecutivo a Palazzo Madama, dove la maggioranza ha numeri più risicati, tanto che la pressione su Conte perché crei le condizioni per un ter si fa insistente. E il vicesegretario dem Andrea Orlando chiede “una iniziativa politica del governo e del ministro Bonafede per dare il segnale di un fatto nuovo senza il quale si rischia di andare a sbattere”. 

Alla base dello slittamento ci sarebbero degli impegni istituzionali del titolare del dicastero di via Arenula, ma bisognerà attendere la capogruppo di Palazzo Madama prevista per martedì per sapere quale sarà il calendario dei lavori. Un voto negativo sulla relazione certificherebbe che il governo non ha una maggioranza in grado di superare la quotidiana vita parlamentare e sarebbe difficile a quel punto temporeggiare ulteriormente con la ricerca di numeri più solidi. Il Paese non è nelle condizioni di perdere tempo, ha più volte fatto notare il Capo dello Stato, che non ha mai posto ‘date di scadenza’ alle fibrillazioni della maggioranza, ma che non può nemmeno lasciare che la situazione si sfilacci all’infinito. 

Intanto prosegue fra mille difficoltà la ricerca dei “responsabili” o “volenterosi” che dir si voglia e, ad ogni ora che passa, si moltiplicano i richiami all’ipotesi di elezioni: c’è chi le minaccia, chi le invoca, ma l’ombra del voto anticipato è sempre più lunga. Per il Pd, ormai, il voto è l’unica alternativa a un nuovo governo Conte. Oggi il tessitore degli accordi interni alla maggioranza per i dem, Goffredo Bettini, è tornato ad invocare quelle forze europeiste, moderate e liberali che mal sopportano di stare sotto il tacco di Salvini. In caso contrario, spiega Bettini, “il voto sarebbe una sciagura, ma non certo un golpe”. Linea abbracciata anche da Orlando: “l’ipotesi delle elezioni non è un’ipotesi che minacciamo ma che se non si riesce ad allargare la base del governo Conte diventa una fase necessitata come conseguenza dell’esclusione delle altre strade possibili”. 

Orlando continua a cannoneggiare Italia viva, mette in guardia dai rischi di un voto negativo sulla relazione Bonafede e mette alcuni paletti. Innanzitutto definisce “non praticabile” la strada del governo di larghe intese poi boccia come “impercorribile” l’altra ipotesi, quella di sostituire Conte, perché il premier “è un punto di equilibrio”. Ma è indubbio che nel Pd comincia a montare la fronda di chi chiede di esplorare strade alternative.

Parchi di dichiarazioni i Cinquestelle, solo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ribadisce la necessità di mettere in campo un progetto “politico, chiaro e trasparente” che possa fare da collante per una nuova maggioranza e atta chi fa “giochini di palazzo”. Ma dopo mesi di attesa l’accelerazione impressa da Vito Crimi alle votazioni per il rinnovo dello tatuto fanno immaginare un Movimento in assetto per ogni evenienza.

Ma è dal centrodestra che arriva la novità della giornata, con una presa di posizione di Silvio Berlusconi che, seppure in modo circostanziato si unisce al coro del centrodestra per il ritorno alle urne: “Una paralisi di due mesi per le elezioni farebbe meno danni rispetto ad una paralisi di due anni di non-governo”. Il leader di FI nota che “il Paese ha bisogno di concordia e di efficienza, non di paralisi che, lunghe o brevi che siano, in questo momento non farebbero il bene dell’Italia”.

Lancia un ultimo appello al governo di unità nazionale, “gli italiani oggi non ci chiedono  di pensare all’interesse di parte: una classe dirigente degna di questo nome pensa prima all’interesse collettivo”. Ma la presa d’atto della realtà prevale sulle aspirazioni: “avevamo avanzato la proposta di un governo di unità nazionale, proposta che è stata però subito esclusa dal Pd e dai Cinque Stelle. E’ chiaro che questo rifiuto avvicina il ricorso alle elezioni anticipate”. 

Netta la posizione di Matteo Salvini: “Il ‘governo ammucchiata’, il governo tutti insieme con Pd e sinistre può essere il sogno di qualche giornalista, di qualche editore, di qualche banchiere o faccendiere fantasioso. Per me e per milioni di italiani sarebbe solo un incubo. Diamo forza e fiducia agli italiani”, dice l’ex ministro dell’Interno. Mentre il leader di Cambiamo!, Giovanni Toti, lancia un ultimo appello al centrodestra: “servirebbe un governo per traghettare il paese alle urne e il centrodestra non può dire ‘me ne resto a casa a guardare quello che succede’, deve dare una sua disponibilità”. 

 

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