Il momento della riflessione

Attualità & Cronaca

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Da parecchi anni, tentiamo d’offrire ai Lettori un quadro sufficientemente chiaro della situazione socio/politica italiana. Non sappiamo se il nostro intento sia riuscito; sicuramente, però, ci abbiamo provato. Gli eventi di questi ultimi mesi hanno convalidato, purtroppo, certe nostre tesi. I tempi, ma non solo politici, che abbiamo di fronte saranno “difficili”.

I “nodi” del Bel Paese sono anche aumentati per la sensazione che nessuno sia in grado di scioglierli. Se il “piatto piange”, basta aumentare il carico fiscale, diretto e indiretto, e tutto sembra risolversi. L’epoca delle “stangate”, però, è finita col secolo scorso. Ora si dovrebbe ragionare sulle note del “riequilibrio”. Siamo un Paese dagli aspetti socio/economici incoerenti. Invece di “tagliare” dove prospera ancora il benessere, si preferisce “defalcare” da chi ha meno. Il termine “imposta” sembra essere la panacea dei nostri “mali” economici.

Invece d’eliminare i contributi “inutili” e ridimensionare gli “utili” dei Parlamentari, s’insistente nel colpire chi, poi, dovrebbe dare fiducia ai politici, dei più svariati schieramenti, che, però, non la meritano. Gli economisti non provano neppure a fare altre previsioni finanziarie. Chi ancora tira avanti non è nelle condizioni d’occuparsi di quelli che non ce la fanno più. La povertà è una delle poche realtà nazionali; ma s’insistente nell’avvalorare i segnali di una ripresa che non c’è. Entro l’anno, Pandemia permettendo, si dovrà tirare delle somme. Non solo economiche; ma anche politiche.

Ci vorranno anni per tornare sotto il “livello” di guardia. Neppure questa linea governativa, che non riusciamo a definire, potrà invertire l’oggettiva tendenza. Quello che sembra evidente è il tramonto di tante congetture economiche. Purtroppo, l’interrogativo sul nostro futuro resta, al momento, insoluto. Le esteriorità le lasciamo a chi non ha nulla da perdere.  Terminiamo queste nostre valutazioni non con la speranza di stare meglio, ma con l’augurio di non stare peggio.

Giorgio Brignola

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