Il nostro Giornalismo

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Permettetemi, per una volta, di parlare, anzi scrivere di noi. Noi non è un plurale maiestatis ma sta qui ad indicare l’intera redazione di questa Testata e di quelle dello stesso gruppo editoriale.

Vorrei parlare con Voi, cari lettori, dei nostri sogni, delle nostre aspirazioni, dei nostri obiettivi e di quanto sia complesso il nostro mestiere di giornalisti. Complesso, ma anche delicato, pregno di serie responsabilità. Abbiamo il dovere morale di informare e farlo correttamente, onestamente, senza partigianerie. Non è che gli esempi positivi in tal senso abbondino.

L’informazione oggi arriva dai canali più disparati. La carta stampata, che ha sempre un suo fascino ed un odore che ti resta dentro, è sempre più costretta in angusti spazi. Il giornalaio, infatti, si è adeguato e vende di tutto. Favoloso il giornalaio, magistralmente interpretato da Sergio Rubini nel film “Non è un paese per giovani”, di Giovanni Veronesi. Vado a memoria, e certamente sbaglio, ma nascondeva i pomodori sotto “i Panorami”, le zucchine sotto “gli Espressi”, le mele sotto “i Play Boy”. Vendeva finto biologico “di contrabbando” per sopravvivere.

Battuta sul tempo prima dalle televisioni, poi dalle testate presenti sul web, la carta stampata, a dispetto di fascino e storia, viene poi stroncata dai costi e dalla graduale perdita di contribuzioni e sgravi. Difficile se non impossibile, competere con mostri di velocità che si offrono per di più gratuitamente. Si è salvata per ora tenendosi stretti quei lettori che vogliono l’approfondimento della notizia. Ma sul web sono comparse testate con firme prestigiose e capacità di sviscerare fatti e notizie da manuale. Ne cito uno per tutti: l’Huffpost diretto da Lucia Annunziata.

La carta stampata, comunque, mantiene tariffe pubblicitarie decisamente alte rispetto al web, forse perché sul web, purtroppo, i dilettanti allo sbaraglio che si fregiano del titolo di testata giornalistica sono più numerosi delle zecche su di un randagio. Grosso guaio per chi lo fa invece con serietà e professionalità, rischiando assai spesso di essere confuso coi primi.

Ed andiamo subito a definire chiaramente la differenza di una notizia che apprendiamo da un social network (vedi Facebook) e quella data da una testata. La prima è incontrollata. Intendiamoci, non è necessariamente una bufala o una fake news, ma le probabilità che lo sia sono alte. Nel secondo caso, un professionista l’ha cercata, ottenuta, si presume, da fonte attendibile, l’ha quindi verificata e la pubblica solo dopo essersi assicurato di poterlo fare senza violare alcunchè o danneggiare qualcuno. Aggiungete che, nelle testate serie, la pubblicazione viene controllata anche dal redattore capo e/o dal direttore.

Non posso tacere che questa pratica, che il codice deontologico professionale prescrive ed impone, non è proprio largamente osservata. Vorrei, cari amici lettori, portarVi con me in una di quelle tante redazioni on-line che somigliano ad un incrocio tra un alveare di api impazzite e l’ingresso di un  formicaio quando le foglie e l’erba secca attorno comincia a bruciare. Ragazzi e ragazze impazziti a battere la notizia appena trapelata, spesso la demenziale cronaca di uno scontro banale o giù di lì, fornita dal vigile amico o dal volontario dell’autombulanza. E’ questione di vita o morte precedere la concorrenza di una frazione di secondo. Interviene a spronare tutti il direttore, dai modi molto simili a quelli  del capovoga di una galera romana.  Incalza i redattori (rigorosamente, volontari) perché solo chi arriva prima fa due o tre click in più. E ci credo: con quella spazzatura di giornalismo, chi vuoi che legga, per giunta dopo che l’idiozia è stata già data in pasto al volgo da un altro centometrista della notizia.

Ebbene io sono una persona davvero fortunata. Per Maestro di giornalismo ho avuto quel Michele Campione, direttore Rai, a cui il nostro ordine professionale ha intstato il Premio regionale di Giornalismo. Non poteva andarmi meglio. Mi ha insegnato che, davvero Voi lettori siete e dovete essere i nostri unici e veri padroni. Solo a Voi ed alla nostra coscienza dobbiamo rispondere, perché se è vero che il giornalismo è il Quarto potere, come ci ha rappresentato nel 1941 il film scritto, diretto ed interpretato da Orson Welles, è altrettanto vero che l’altra faccia della medaglia è il dovere.

In democrazia un potere lo si ha solo per poter meglio assolvere ai propri doveri. Ed è questo lo spirito che anima la nostra redazione.

Recentemente ho avuto l’onore di moderare un incontro dedicato all’”Etica tra informazione e politica” a cui ha partecipato Piero Ricci, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Puglia. Tra le tante preziose indicazioni che ci ha dato ce n’è una che desidero sottolineare. La libertà che deve essere assicurata al giornalista passa dalla sua indipendenza economica. Se non lo è, difficilmente potrà resistere alle tentazioni, che non mancano. Aiutateci, dunque, ad essere liberi ed a fornirvi una libera informazione.

Non vorrei essere equivocato. Non essere partigiani, non significa non avere una propria idea. Ci mancherebbe altro che vivendo in mezzo alle notizie non ce ne formassimo una. Ma il nostro dovere, come insegnava Campione, è raccontare con puntualità i fatti. Consigliava di farli precedere da un sintetico riassunto di eventuali antefatti. “Gianvito” aggiungeva “se uno è appena tornato da Marte ed è da più di un mese privo di notizie, leggendo il tuo articolo deve capire tutto, e non può farlo se non hai ben riassunto”. “Esprimi poi il tuo parere o giudizio sui fatti, ma in modo che il lettore sia libero di condividerlo o dissentire”. “La democrazia inizia da qui e si espande poi a macchia d’olio”, concludeva.

Vi lascio con queste sue parole. Non se ne possono trovare di migliori.

Gianvito Pugliese

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