Il Papa proclama santo John Henry Newman, che affermò il primato della coscienza

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La figura di Newman è complessa e ricorda molto quella del Papa Emerito Benedetto XVI, che nel 2010 lo ha beatificato a Londra. Francesco ha lasciato da parte le inutili polemiche sulla sua (presunta) omosessualità

John Henry Newman

 

La figura di Newman è assai complessa e ricorda molto quella del Papa Emerito Benedetto XVI, che nel 2010 lo ha beatificato a Londra. Con le sue riflessioni, infatti, Newman ha riaffermato nella dottrina cattolica il “primato della coscienza”, che è centrale nel pensiero di Ratzinger, come si è visto anche nella difficile scelta di rinunciare al Pontificato nel 2013.

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John Henry Newman

Scrive Newman: “La mia natura sente la voce della coscienza come una persona. Quando le obbedisco, mi sento soddisfatto; quando le disobbedisco, provo una afflizione – proprio come ciò che sento quando accontento o dispiaccio qualche amico caro”. Per il nuovo santo, l’obbedienza religiosa a questa voce interiore, mette una persona in grado di accogliere la Rivelazione divina e la conduce alla Fede cristiana. “L’obbedienza alla coscienza conduce all’obbedienza al Vangelo, che, invece di essere qualcosa di differente, non è altro che il completamento e la perfezione di quella religione che insegna la coscienza naturale”.

“Poche persone hanno sostenuto i pieni diritti della coscienza come ha fatto lui; pochi scrittori hanno perorato in modo tanto persuasivo la causa della sua autorità e libertà. Alla luce di questo primato della coscienza, Newman sostiene che è dovere di ogni cristiano informarla e educarla al fine di condurla a maturazione e perfezione. Non a caso scrive che: ‘La coscienza ha i suoi diritti perché ha i suoi doveri’”, osservaGianni Geraci sul mensile Tempi di Fraternità,  novembre 2008.

Le sofferenze dei gay nell’epoca vittoriana

Ma è anche il dono della sincerità e del pudore che rende grande Newman, vissuto nell’epoca vittoriana che vide persecuzioni feroci verso qualunque “deviazione”. Ad esempio essere gay nell’Inghilterra dell’Ottocento era un reato punibile con pene esemplari: il Buggery Act, promulgato nel 1533 – e cancellato solo nel 1967 – prevedeva anche la condanna a morte tramite impiccagione. E le storie, a cavallo tra Ottocento e Novecento di Oscar Wilde e Alan Turing sono ben note, con il loro carico di sofferenza.

Ebbene la vulgata tende ad accreditare che anche Newman abbia vissuto tale condizione, appoggiando l’ipotesi sulle parole con le quali il cardinale inglese si era limitato a piangere l’immenso e inconsolabile dolore della morte del suo migliore amico, padre Ambrose St. John: “Ho sempre pensato che nessun lutto fosse pari a quello di un marito o di una moglie, ma io sento difficile credere che ve ne sia uno più grande, o un dolore più grande, del mio”. 

Sentimenti che possono spingere una persona a desiderare di essere sepolta accanto all’amico senza che ci siano altri legami che giustificano questo desiderio di prossimità (come invece ci sono in tutti quei casi, citati dall’Osservatore Romano per dimostrare che non è necessario essere amanti per desiderare di essere sepolti insieme).

Nel caso specifico, esiste intanto la possibilità che una persona omosessuale viva una relazione d’amore, senza accorgersi delle implicazioni omoerotiche che questa relazione può avere. Infatti  Newman, che era un religioso molto serio e coerente, sicuramente rispettava la promessa fatta di vivere la castità nel celibato, e dunque poteva probabilmente coltivare una relazione d’amicizia forte, senza prendere coscienza dello stretto legame che ci poteva essere tra questa relazione e un’eventuale tendenza omosessuale.

Annota Gerace: “non posso quindi escludere la possibilità che tra il cardinal Newman e padre Ambrose St. John si fosse instaurato un rapporto di questo tipo, senza che nessuno dei due sia stato mai sfiorato dall’idea di vivere, in realtà, una relazione omofila. Se, come è probabile, i due vissero con fedeltà la loro scelta celibataria, non ebbero mai gli strumenti per prendere coscienza della vera natura del loro legame, tant’è vero che lo vissero con la fierezza di chi sapeva di essere al di sopra di ogni sospetto e di ogni pettegolezzo (la richiesta di essere sepolti insieme è davvero indicativa da questo punto di vista)”.

Dunque le polemiche sulla loro presunta omosessualità potrebbero rappresentare  l’occasione, per tanti omosessuali, di scoprire l’opera di un grande autore spirituale come John Henry Newman e, in particolare, i suoi scritti sull’importanza della coscienza quale mezzo per acquisire la verità. In questi scritti egli parte dall’affermazione fondamentale che la coscienza non è semplicemente un senso di proprietà, di rispetto di sé o di buon gusto, che si forma con la cultura generale, l’educazione e i costumi sociali, ma che è l’eco della voce di Dio dentro il cuore dell’uomo.

Per Newman, l’obbedienza religiosa a questa voce interiore, mette una persona in grado di accogliere la Rivelazione divina e la conduce alla Fede cristiana. Ed è questa la posizione teoretica assunta dal teologo Joseph Ratzinger, il quale però da Papa si è poi lasciato convincere a firmare un’istruzione sui seminari velata di omofobia e che proprio alla luce dell’insegnamento di Newman andrebbe rivista. 

L’istruzione sui seminari che assurdamente equipara le tendenze omosessuali alle condotte

Un documento tuttora in vigore – e che recentemente Papa Francesco ha escluso di voler modificare – riguardo ai criteri per l’ammissione ai seminari, parla in termini francamente contraddittori “delle tendenze omosessuali profondamente radicate, che si riscontrano in un certo numero di uomini e donne, sono anch’esse oggettivamente disordinate e sovente costituiscono, anche per loro, una prova. Tali persone devono essere accolte con rispetto e delicatezza; a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Esse sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita e a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare”, ma “alla luce di tale insegnamento, questo Dicastero, d’intesa con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ritiene necessario affermare chiaramente che la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay”.

“Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate”, conclude il testo che si chiude poi con l’affermazione che “il Sommo Pontefice Benedetto XVI, in data 31 agosto 2005, ha approvato la presente Istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione” poi avvenuta in data 4 novembre 2005, Memoria di S. Carlo Borromeo, Patrono dei Seminari.

Si tratta di una norma assurda perché discrimina le persone non in base a comportamenti liberamente attuati, come potrebbe esserlo il vivere o meno nella castità o nella promiscuità, ma in base a tendenze delle quali non si è eventualmente colpevoli e che possono evidentemente essere controllate esattamente come quelle degli eterosessuali non stupratori. Purtroppo nel dibattito interno alla Chiesa e soprattutto nei circoli conservatori, sono persistenti le credenze secondo cui l’omosessualità – in quanto portatrice di “disordine” – abbia un ruolo significativo anche negli abusi sessuali. Ovviamente sono stereotipi alimentati dall’omofobia e non c’è alcuna connessione dimostrata tra l’omosessualità e l’abuso, come hanno spiegato anche diversi studi specifici sui casi interni alla Chiesa. 

Un miracolo che sarebbe lecito aspettarsi dal nuovo santo, il cardinale Newman, sarebbe una vera riconciliazione tra la chiesa e le persone che hanno tendenze omosessuali, oggi tenute al margine ovvero costrette a dissimularsi (salvo poi dar vita a nefaste cordate per il potere).

E proprio nei giorni scorsi, come confermato dal Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, Papa Francesco ha incontrato in udienza privata padre James Martin, consultore del Dicastero per la Comunicazione e autore di e autore di “Building a bridge. How the Catholic Church and the Lgbt community can enter into a relationship of respect, compassion, and sensitivit”y (edito in Italia per i tipi Marcianum Press col titolo “Un ponte da costruire: Una relazione tra Chiesa e persone Lgbt”, con la prefazione dell’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi). Il gesuita statunitense ha raccontato su Facebook: “Cari amici, oggi Papa Francesco mi ha ricevuto in un’udienza privata di 30 minuti al Palazzo Apostolico, nel corso della quale ho condiviso con lui le gioie e le speranze, i dolori e le preoccupazioni dei cattolici Lgbt e delle persone Lgbt in tutto il mondo. Sono stato così grato di incontrare questo pastore compassionevole. L ‘unica altra persona nella stanza con noi durante il nostro incontro è stato il suo traduttore”.

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