Nuovo appello di Francesco dopo la recita dell’Angelus. Dietro guerre e conflitti vi è “la brama di risorse e ricchezze”, precisa prima della recita mariana condannando tra gli interessi, il commercio delle armi, “uno scandalo a cui non dobbiamo e non possiamo rassegnarci”.
di Eliana Ruggiero
“Se si guardasse la realtà obiettivamente, considerando i danni che ogni giorno di guerra porta a quella popolazione ma anche al mondo intero – riflette Francesco -, l’unica cosa ragionevole da fare sarebbe fermarsi e negoziare. Che la saggezza ispiri passi concreti di pace“.
Dietro guerre e conflitti vi è “la brama di risorse e ricchezze”, precisa prima della recita mariana condannando tra gli interessi, il commercio delle armi, “uno scandalo a cui non dobbiamo e non possiamo rassegnarci”.
Ed è la cupidigia, “malattia pericolosa anche per la società” al centro oggi di tanti paradossi presenti nel mondo e che ha portato “a un’ingiustizia come mai prima nella storia, dove pochi hanno tanto e tanti hanno poco o niente”.
Commentando il Vangelo odierno in cui un uomo chiede a Gesù di aiutarlo affinché suo fratello divida con lui l’eredità, il Papa osserva che l’attaccamento al denaro “è una situazione molto comune, problemi simili sono ancora all’ordine del giorno: quanti fratelli e sorelle, quanti membri della stessa famiglia purtroppo litigano, e magari non si parlano più, a causa dell’eredità!”. E il Pontefice mette in guardia dalla “cupidigia, che è nel cuore di ciascuno”, “non ci sono solo alcuni potenti o certi sistemi economici”.
“L’avidità sfrenata di beni, il volere sempre arricchirsi” è una “malattia che distrugge le persone, perché la fame di possesso crea dipendenza. Soprattutto chi ha tanto non si accontenta mai: vuole sempre di più, e solo per sé. Ma così non è più libero: è attaccato, schiavo di ciò che paradossalmente doveva servirgli per vivere libero e sereno. Anziché servirsi del denaro, diventa servo del denaro”.
L’invito del Papa quindi è cercare di capire come è il nostro distacco dai beni, dalle ricchezze. “Mi lamento per ciò che mi manca o so accontentarmi di quello che ho? Sono tentato, in nome dei soldi e delle opportunità, di sacrificare le relazioni e sacrificare il tempo per gli altri? E ancora, mi capita di sacrificare sull’altare della cupidigia la legalità e l’onestà?”, chiede il Pontefice che utilizza non a caso la parola “altare” perché, rimarca, “i beni materiali, i soldi, le ricchezze possono diventare un culto, una vera e propria idolatria”.
Perciò Gesù, continua, usa “parole forti” quando dice “che non si possono servire due padroni”. “Stiamo attenti – ribadisce Bergoglio – non dice Dio e il diavolo, no, oppure il bene e il male, ma Dio e le ricchezze”. “Servirsi delle ricchezze sì; servire la ricchezza no: è idolatria, è offendere Dio”.
E allora si potrebbe pensare che non si può desiderare di essere ricchi? “Certo che si può, anzi, è giusto desiderarlo, è bello diventare ricchi, ma ricchi secondo Dio!”, afferma Francesco. “Dio è il più ricco di tutti: è ricco di compassione, di misericordia. La sua ricchezza non impoverisce nessuno, non crea litigi e divisioni. È una ricchezza che ama dare, distribuire, condividere”.
“Accumulare beni materiali non basta a vivere bene“, perché la vita “non dipende da ciò che si possiede” ma “dalle buone relazioni: con Dio, con gli altri e anche con chi
ha di meno”, conclude il Papa che invita a domandarsi: “Io, come voglio arricchirmi? Voglio arricchirmi secondo Dio o secondo la mia cupidigia? E tornando al tema dell’eredità, quale eredità voglio lasciare? Soldi in banca, cose materiali, o gente contenta attorno a me, opere di bene che non si dimenticano, persone che ho aiutato a crescere e maturare?”.