Il racconto da Almaty: “Isolati dal mondo e nella paura”

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La testimonianza dalla città, fulcro dell’operazione anti-terrosimo con cui le autorità del Kazakistan hanno sedato le proteste: “Le comunicazioni sono bloccate, abbiamo poco pane e i soldati in strada”.

© AFP PHOTO / RUSSIAN DEFENCE MINISTRY
– Veicoli militari russi ad Almaty, Kazakistan

 

AGI – Almaty, la più grande città del Kazakistan e il fulcro della controversa operazione anti-terrorismo voluta dal presidente Kassym-Jomart Tokayev per sedare le proteste anti-governative, “è una città isolata, che vive nel terrore”: coprifuoco, soldati in strada con l’ordine di “sparare per uccidere”, niente internet e comunicazioni telefoniche a singhiozzi, come pure i servizi di prelievo bancomat. E’ arrivato addirittura a mancare il pane.

A raccontare la vita sotto stato di emergenza – e con in casa le truppe dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto) a guida russa – è Dimash Alzhanov, analista e attivista politico, raggiunto al telefono dall’AGI. “I militari hanno chiuso la città”, riferisce da Almaty dopo numerosi falliti tentativi di contattarlo, “ci sono posti di blocco ai confini della città e controllano chi viaggia in macchina, non si può lasciare Almaty se non per motivi specifici e in generale ai cittadini kazaki è vietato uscire dal Paese”. 

Alzhanov, con un master in politica comparata alla London School of Economics and Political Science, è anche tra i fondatori del movimento per i diritti civili Oyan, Qazaqstan (Svegliati, Kazakistan) che dal 2019 chiede profonde riforme del sistema politico. “Banche e bancomat non funzionano, ci sono difficoltà a ritirare contanti e quindi anche fare la spesa perché i piccoli negozi non accettano carte”, continua Alzhanov.

“Inoltre, ci sono pochi prodotti disponibili sugli scaffali, è arrivato a mancare addirittura il pane, per via di problemi nella distribuzione e anche tutta la logistica legata ai supermercati per ora non funziona”, riferisce l’analista, “a tutto questo si aggiunge anche una forte carenza di carburante, ogni macchina può fare rifornimento solo con pochi litri”. 

“Il governo non spiega chi sono i terroristi”

Dal 4 gennaio, quando ad Almaty le autorità sono intervenute con la forza contro l’inedita manifestazione che, in modo pacifico, aveva portato in piazza tra le 10 e le 15 mila persone – che spinte dall’aumento del prezzo del carburante chiedevano migliori condizioni di vita – la città vive nel terrore: “Hanno sparato sui manifestanti pacifici seminando una paura generale, in molti non lavorano, non ci sono soldi da spendere e neppure un posto dove andare, comunicare anche telefonicamente è difficile, Almaty è una città chiusa e spaventata tanto più che nessuno capisce o spiega chi sarebbero i terroristi di cui parlano le autorità”.

I canali di Stato hanno trasmesso il video di un presunto terrorista di nazionalità kirghisa reo confesso, che ha dichiarato a favore di telecamera di aver ricevuto 200 dollari per scendere in piazza e compiere violenze. Peccato che l’uomo, mostrato con pesanti ferite in volto, è stato riconosciuto dai familiari: si tratta di un pianista arrivato ad Almaty per un concerto. Anche le autorità kirghise hanno ufficialmente protestato e promesso che faranno il possibile per salvarlo.

 

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