Il referendum e gli effetti sul Parlamento

Politica

Di

di Raffaele Vairo

I nostri rappresentanti nel Parlamento ignorano, in gran parte, la Costituzione che dovrebbe essere alla base della loro attività. La legge costituzionale che taglia il numero dei parlamentari è stata sottoposta a referendum ai sensi dell’art. 138, comma II, della Costituzione, ed è stata confermata a larga maggioranza (69,6%). Dunque, il prossimo Parlamento avrà una diversa composizione con un numero ridotto di parlamentari (400 deputati e 200 senatori).

L’esito del referendum ha offerto alla opposizione parlamentare l’occasione per affermare l’illegittimità dell’attuale Parlamento. Ovviamente si tratta di una boutade che non ha nessun fondamento. Si tratta di una interpretazione estranea ai canoni dettati dalla Corte Costituzionale che, in un’analoga situazione, ha dichiarato: “È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale” (Corte Costituzionale n. 1/2014). Il riferimento è alla legge elettorale che Calderoli aveva definito una porcata. Ne consegue che le vecchie norme sulla composizione del Parlamento, modificate  con la revisione costituzionale e sottoposte a referendum ai sensi dell’art. 138 Costituzione, conservano la loro validità sino alle nuove elezioni politiche che si terranno, presumibilmente, nel 2023. Quindi, la nuova normativa sulla composizione del Parlamento, secondo l’orientamento della Corte, non ha alcuna incidenza sulla attuale composizione delle Camere, in quanto i relativi procedimenti di elezione si sono “esauriti” con la proclamazione degli eletti.

Ma i signori politici ritengono che la loro attività è finalizzata esclusivamente ai loro interessi di bottega e, per un voto in più, sono disposti a sacrificare l’interesse generale. Questo comportamento conferisce valore alle affermazioni di coloro che contestano il principio di rappresentanza degli organi istituzionali. Di recente Beppe Grillo, intervenendo in diretta al Parlamento europeo, sulla democrazia si è sentito autorizzato ad affermare: “Non credo più in una forma di rappresentanza parlamentare ma credo nella democrazia diretta fatta dai cittadini attraverso i referendum”.  E’ questo che vogliamo? Uno Stato bloccato dalle impossibili assemblee nazionali o accettare le decisioni espresse da organizzazioni come la Rousseau? In questo modo finiremmo nelle mani di persone senza scrupoli che userebbero gli strumenti informatici a loro uso e consumo.

Raffaele Vairo

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