Il sentimento del contrario ne “Il fu Mattia Pascal”

Arte, Cultura & Società

Di

di Stefania Romito

“Il fu Mattia Pascal” è tra i romanzi più noti di Pirandello, pubblicato per la prima volta a puntate su “Nuova Antologia” nel 1904. Con questo romanzo Pirandello supera i confini regionali e sociologici del suo mondo per concentrarsi sempre più sul caso umano, sulla crisi segreta della coscienza, sul dramma dell’individuo isolato in un caos senza nome.

In questo romanzo Pirandello sviluppa il tema della impossibilità della libertà. Pirandello definisce il protagonista “attore di tragedia che più buffa non si sarebbe potuta immaginare”. Matia Pascal,  infatti, si rivolta contro la società ma pian piano si rende conto di non poter uscire dalla sua “forma”. Una volta diventato Adriano Meis si rende conto di non potere vivere nella società perché non ha un’identità. Altro messaggio che Pirandello veicola è che le istituzioni ci “costringono” e non ci danno la possibilità di essere ciò che vogliamo essere.

Mattia Pascal può avvicinarsi a Zeno Cosini (protagonista della Coscienza di Zeno di Italo Svevo) che, come tutti i personaggi di Svevo, è un personaggio inetto che sogna i cambiamenti, ma quando questi si verificano li rifugge. Il  personaggio di Pirandello, invece, pur essendo anch’egli un personaggio inetto, abulico e passivo, quando gli si presenta l’opportunità di effettuare una svolta nella sua vita decide di accettare.

Grazie ad una fortunata vincita a Montecarlo, diviene economicamente sufficiente e apprende di essere stato identificato dai familiari nel cadavere di un suicida. Invece di approfittare della liberazione dalla forma sociale per vivere immerso nel fluire della vita, Mattia Pascal si sforza di costruirsi un’identità nuova. Cambia aspetto fisico, si dà il nome di Adriano Meis e si crea una nuova “maschera”. In lui resta, perciò, insuperabile l’attaccamento alla vita sociale, alla “trappola”; quindi soffre per questa sua nuova condizione che lo costringe a vivere estraniato dagli altri. Tenta di ritornare alla sua vecchia identità ma, ritornato a casa, scopre che sua moglie nel frattempo si è risposata ed ha avuto una figlia. Non gli resta altra scelta che adattarsi alla sua condizione sospesa di “forestiere della vita“, contemplando gli altri dall’esterno nella sua consapevolezza di non essere più nessuno.

In questo romanzo Pirandello applica per la prima volta le sue teorie sull’umorismo: la realtà, attraverso il gioco paradossale del caso viene grottescamente distorta, suscitando il comico, ma a questo è accostata l’autentica sofferenza del protagonista. Scatta il “sentimento del contrario“, in cui tragico e comico sono indissolubilmente congiunti.

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