Il valore delle startup: European Crowdfunding Festival

Puglia

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BARI – Le startup innovative, nuove imprese costruite a partire da idee non presenti sul mercato, non sempre si sviluppano fino a raggiungere il proprio potenziale nel corso degli anni.
Molto più spesso sono invece destinate a essere vendute per essere incorporate in aziende già avviate, capaci di mettere a frutto le innovazioni nel modo più rapido e proficuo.
Questa evenienza, che prende il nome tecnico di Exit, è spesso cercata dai fondatori di startup e il loro successo si misura in quanto riescono a guadagnare dalla vendita.

Ma come fa un’azienda a stabilire quanto vale una Startup?
Ce lo dirà Massimo Ciaglia, relatore di spicco del primo European Crowdfunding Festival, nell’intervento che terrà la mattina di giovedì 1 ottobre.
Lei, Massimo, si descrive come “Startup coach e mentor, innovatore, Business Angel ed imprenditore seriale”. Ci può illustrare un po’ la sua figura e la sua missione professionale?

Praticamente sono imprenditore da sempre. A 19 anni, subito dopo il diploma, sono entrato in IBM come dipendente e allo stesso tempo studiavo Scienze dell’Informazione. Mi sono licenziato nemmeno due anni dopo, quando con un compagno di università decidemmo di sviluppare una nostra idea imprenditoriale. La mia prima startup mi valse un’Exit molto buona in America, permettendomi di avere del capitale da investire nelle imprese successive. Fondai un’altra realtà in Italia, nel campo della cybersecurity, che ho venduto nel 2011 e poi di nuovo nel 2012 ho dato vita ad una società per azioni che ho ceduto due anni dopo.

Il bello di fondare una nuova impresa è che vivi l’eccitazione dei primi momenti di un percorso di cui non è possibile intravedere la fine. La decisione di optare poi per una Exit dipende dalle opportunità che capitano e dalla motivazione personale: se mi offrissero in questo momento delle grosse cifre per acquistare Grownnectia, l’impresa alla quale lavoro da due anni, non accetterei. Sono troppo motivato a portare avanti questo progetto.

Forte di queste esperienze, da tre anni mi sono creato da solo il mio lavoro attuale, che è lo Startup Coach: colui che consiglia i nuovi imprenditori su come mettere in piedi una startup e farla prosperare. In Italia è una figura molto nuova e ciò mi ha facilitato a posizionarmi come pioniere. Ho scritto un libro in merito, “The Startup Canvas”, che illustra il processo strategico che consiglio di applicare alla creazione di Startup di successo.

Come Business Angel, invece, investo sulle startup più promettenti per favorirne la crescita e avere allo stesso tempo un ritorno dell’investimento. Attualmente, ogni settimana insieme al mio team, valuto circa 50 proposte di investimento in startup innovative.
Ho cominciato da solo ma ora opero tramite la mia ultima creatura, Grownnectia appunto. Con uno staff di circa 40 persone, abbiamo seguito finora circa 240 startup fin dalle fasi iniziali tramite un modello scalabile coperto da brevetto che vendiamo sotto forma dei percorsi di incubazione, accelerazione o preaccelerazione di impresa chiamati “Pay4growth”. Siamo in fase di forte crescita, con l’apertura di nuove sedi in tutta Italia.

Le startup sono senza dubbio il suo pane quotidiano: quanto sono importanti per l’economia italiana e, in particolare, per l’occupazione?

L’ecosistema startup offre lavoro, ufficialmente, a circa 100.000 persone. Tanti sono i membri dei team delle circa 11.000 startup iscritte al Registro delle Imprese Innovative, lo strumento che il governo usa per erogare finanziamenti e agevolazioni alle nuove idee imprenditoriali.
Si stima che vi siano altre 50-100.000 persone che lavorano a progetti non inseriti nel Registro, e quindi non “mappati”.

Il vantaggio delle startup è il loro tratto distintivo, l’innovazione. Sono quindi in particolare appetibili per i giovani. Un team di startupper conta generalmente 3-4 persone e le figure più rappresentate al loro interno sono il CTO (Chief Technical Officer) e il CMO (Chief Marketing Officer). Il primo è l’esperto che sviluppa la particolare innovazione o prodotto di cui l’impresa si fa promotrice, il secondo è chi si occupa di sviluppare le strategie per posizionare il prodotto rispetto al mercato di riferimento.

C’è poi un grande bisogno di due figure che sul mercato italiano sono dei veri e propri unicorni rosa: il data scientist e il growth hacker. Il primo sa dove trovare e come interpretare i dati utili allo sviluppo e alla commercializzazione del prodotto, mentre il secondo è esperto di strategie di crescita aziendale: deve avere necessariamente una grande esperienza e delle competenze trasversali che vanno dal marketing, all’analisi dei dati, dalla user experience all’ingegneria di prodotto.

Parliamo di Crowfunding, in particolare di Equity Crowdfunding: di cosa si tratta e perché una startup dovrebbe farvi ricorso, invece di accedere ad altre fonti di finanziamento?

Fare Crowdfunding significa raccogliere capitali attraverso delle piattaforme pubbliche, pratica normata dal 2013 dalla Consob. Il cosiddetto Crowd è la comunità dei potenziali finanziatori che possono aderire ad una campagna di Crowdfunding con la prospettiva, nel caso dell’Equity Crowdfunding, di ricevere delle quote societarie o delle azioni in cambio della loro partecipazione finanziaria.

Non tutte le startup possono accedere alla possibilità di fare Crowdfunding: sono le piattaforme a stabilire, tramite i propri Comitati di Investimento, se una nuova impresa ha le potenzialità di ripagare l’investimento del crowd. Imprese di consulenza come Grownnectia e altri incubatori di startup possono consigliare alle piattaforme quelle più promettenti e meritevoli di ricevere finanziamenti.

Superato questo scoglio parte una campagna di raccolta fondi della durata di 60 giorni che avviene tramite una massiccia campagna di marketing soprattutto online ma anche tramite eventi off line, che si conclude con un successo se si supera la soglia minima che ci si era prefissati e che ha l’effetto di distribuire quote societarie tra le varie categorie di investitori.

Il crowdfunding conviene rispetto ai bandi pubblici principalmente per una questione di tempi. I secondi sono indubbiamente molto più lenti, dai 9 ai 18 mesi, e richiedono inoltre di avere un capitale iniziale a garanzia che non tutti magari possiedono. Anche le attività di marketing e comunicazione portate avanti per ricevere finanziamenti dal crowd, hanno l’effetto di pubblicizzare la startup, darle una validazione di mercato e quindi un concreto aiuto all’avviamento.

Nella sua esperienza che profilo ha chi investe in una campagna di crowdfunding per una startup? Che tipo di investimento è, in quanto a profitto e profilo di rischio?

Esistono gli investitori professionali, come appunto i Business Angels, che partecipano generalmente con quote nell’ordine dei 25.000 euro
I piccoli investitori privati di solito spendono intorno ai 500 euro e non avendo una capacità di analisi professionale spesso fanno scelte più di pancia, legate all’interesse verso la particolare innovazione, che guidate dalla consapevolezza del potenziale della startup.
Infine abbiamo i fondi, che possono investire anche più di 100.000 euro e che sono spesso i “lead investor” delle varie campagne.
I partner industriali sono un quarto tipo di investitori, interessati non tanto a fare un’operazione finanziaria quanto a partecipare effettivamente alla startup per la possibilità di utilizzare la sua tecnologia proprietaria e valorizzarla con le proprie possibilità, assets e competenze.
Il profilo di rischio dell’investire in startup dipende dalla fase del suo sviluppo in cui si interviene ma tendenzialmente è sempre alto.

La legislazione italiana offre sgravi fiscali a chi investe in startup innovative tramite lo strumento dell’Equity Crowdfunding?

Certo! Solitamente la detrazione fiscale degli investimenti in startup innovative è del 30%. In era Covid è stata aumentata al 50% per le persone fisiche.

La prima edizione dell’European Crowdfunding Festival Europeo si svolgerà telematicamente in piena era Covid, in un momento in cui si teme una recessione economica. Lei sarà tra i relatori: con che spirito terrà il suo intervento?

Con il mio solito ottimismo. Pensate che durante la crisi pandemica noi di Grownnectia abbiamo aperto quattro nuove sedi. Con le giuste strategie e lavorando bene, le innovazioni possono trovare mercato anche nei momenti negativi. Ad esempio, la pandemia è stata un’opportunità per ripensare le modalità con cui offriamo i nostri servizi rimodulando i costi tramite smart working e creando degli hub invece che degli uffici fisici.
I mesi con più contratti per noi sono stati agosto e, a seguire, marzo 2020. Questo prova che è un ottimo momento per aprire una startup o per investirci.

Un consiglio che dò sempre a chi pensa di aprire una startup è che non è l’idea il cuore di un progetto, ma il team. Dato che la distanza tra sogno e progetto si chiama azione, sono essenziali dei team capaci.
Un’idea poco valida può sempre essere cambiata e migliorata da un buon team, mentre anche la migliore delle idee può essere sviluppata male da un team poco efficace.
Conoscere questo principio è utile anche a chi ci vuole investire: la validità dell’idea è solo al secondo posto tra le cause di insuccesso di una startup, mentre la più frequente è proprio lo scioglimento di team poco efficaci e poco affiatati.

L’European Crowdfunding Festival è organizzato dall’università di Bari su iniziativa di Rosa Porro.

Si terrà l’1 e il 2 ottobre in formato digitale . Le iscrizioni sono aperte fino al 2 Ottobre.

Daniele Chignoli

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