Infortuni sul lavoro e malattie professionali

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Ripresa economica = ripresa degli infortuni. Andamento dell’occupazione nel decennio della crisi (2008 – 2017)

Nel 2017 l’Italia è definitivamente uscita dalla lunga crisi economica iniziata nel 2008.

Già a partire dal 2014 si erano visti i primi segnali di ripresa che si sono via via rafforzati e consolidati fino, appunto, al 2017 in cui tutti i principali indicatori macroeconomici hanno segnato valori molto positivi: PIL +1,5; Produzione industriale +3,0%; Occupazione +1,2%.

In particolare l’occupazione, che nel 2008 aveva fatto registrare il record di 23,1 milioni di occupati, aveva toccato il fondo con i 22,2 milioni del 2013 (con una perdita di quasi un milione di posti di lavoro) per risalire progressivamente negli anni successivi fino a ritornare sopra la soglia dei 23 milioni nel 2017.

Ma se la crescita dell’occupazione, in questi ultimi anni, ha riportato il livello quantitativo a quello ante-crisi, non altrettanto è avvenuto però sul piano qualitativo, in quanto la crescita ha riguardato solo i lavoratori a termine a scapito del lavoro “buono” dei dipendenti a tempo indeterminato e dei lavoratori autonomi, che invece hanno subito un forte calo. (V. tabella 1)

Il calo degli infortuni sul lavoro, in atto ormai da decenni, si era notevolmente accentuato a partire dal 2008. In quell’anno si contavano, infatti, circa 925.000 infortuni che si sono drasticamente ridotti a causa della profonda crisi economica, che aveva prodotto forti tagli nella produzione e nel lavoro (sia in termini di occupati che di ore lavorate), riducendo così l’esposizione al rischio infortunistico. Il calo è proseguito in misura consistente fino a raggiungere il minimo di circa 640.000 unità nel 2015. Ma a partire dal 2015, ai primi segnali di ripresa produttiva, il calo degli infortuni ha subito un sensibile rallentamento mantenendosi sostanzialmente stabile sui 640.000 infortuni anche nei successivi anni 2016 e 2017. (V. tabella 2)

Un percorso pressoché analogo si riscontra per le morti sul lavoro che, nel periodo acuto della crisi economica, dai 1.500 casi del 2008 erano scesi fino a 1.170 nel 2014. Ma la discesa si è bruscamente interrotta nel 2015, anno in cui, ai primi inizi di ripresa, si è avuto un improvviso incremento di quasi il 10%; nel 2016 e 2017 il numero di decessi è tornato ad assestarsi sostanzialmente sui livelli del 2014. (V. tabella 3)

I settori che nel 2017 fanno registrare i maggiori aumenti in termini infortunistici sono proprio quelli legati ad attività industriali in cui si riscontrano più marcati segnali di ripresa produttiva, vale a dire l’Industria metallurgica (+6,1 %), la Metalmeccanica (+4,2%), i Trasporti (+3,9%) e la fabbricazione mezzi di trasporto (+2,2%).

Per contro, tra i settori in diminuzione, troviamo l’Agricoltura, che prosegue nella sua tendenza storica al ribasso con un calo infortunistico pari a -5,2%, la Pubblica Amministrazione (-9,8%), le Attività finanziarie ed assicurative (-7,6%) e la Sanità (-3,1%): tutti settori in cui la ripresa produttiva ha avuto uno scarsissimo impatto. (V. tabella 4)

A livello territoriale si assiste a un netto contrasto tra le regioni industrializzate del Nord e quelle del Centro-Sud. Nel 2017, in piena ripresa economica, le denunce di infortunio sono, infatti, aumentate al Nord-Est e al Nord-Ovest, mentre sono diminuite al Centro, al Sud e nelle Isole.

Gli aumenti più sensibili, in valore percentuale, si sono registrati in Lombardia (+1.6%), Toscana (+1,5%), Emilia Romagna (+1,4%) e Friuli Venezia Giulia (+1,3%); mentre le riduzioni maggiori sono quelle dell’Umbria (-6,0%), della Sicilia (-4,4%), della Puglia (-3,4%) e dell’Abruzzo (-1,6%). (V. tabella 5)

In definitiva, in questi ultimi anni stiamo assistendo ad una situazione assolutamente inaccettabile. Non è “normale” che ai primi segnali di una pur debole ripresa economica corrisponda sempre un parallelo aumento degli infortuni sul lavoro e che a pagarne il prezzo siano sempre i lavoratori, anello debole della catena produttiva. Occorre continuare a combattere affinché la sicurezza sul lavoro e la salvaguardia della vita umana siano sempre anteposte alle ragioni della produttività e del profitto e trovino il loro posto naturale al centro di ogni politica di sviluppo economico”.

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