Intervista a Sabba

Cinema

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Ciao Sabba. Vuoi iniziare a raccontarci come ti sei avvicinato alla musica e quali sono stati i tuoi primi ascolti?

Ciao. Certo che sì. Sono stato per dieci anni un ballerino iscritto alla F.I.D.S. (Federazione Italiana Danza Sportiva). Dopodiché, ereditando da mio padre la passione per la musica, mi ritrovo in diverse jam session a suonare e cantare il blues. Mi scopre Franco Del Prete (batterista e autore, The Showmen, Napoli Centrale, E.De Crescenzo, G.Paoli e tanti altri) e mi coinvolge nel suo progetto, Sud Express, dicendomi che gli ricordo la voce del cantante dei The Showmen, Mario Musella (un onore per me). Nascono poi Sabba e Gli Incensurabili, in cui sono cantautore/frontman della band, poi “Dignità Autonome di Prostituzione” (lo spettacolo di Luciano Melchionna), poi la carriera da solista, poi The Super4 ed eccoci qui. I miei primi ascolti sono stati i grandi cantautori italiani e contemporaneamente alcuni tra i più grandi artisti americani del passato, in particolare Prince, Elton John, Tom Waits, insieme ai grandi chitarristi blues. Si può dire che il blues sia il vero motivo per cui mi sono voluto cimentare nel mondo della musica.

Rispetto al tuo precedente progetto Sabba e Gli Incensurabili il genere che fai oggi è cambiato. Come è avvenuto questo viaggio musicale?

Non so rispondere alle domande sul genere musicale. Questo già da quando ero con Gli Incensurabili (progetto mai tramontato per davvero, recentemente sono usciti due nuovi singoli, “La chiamano libertà” e “Tranne me”). Quello che so è che sono un curioso: ho sempre amato cercare, sperimentare e soprattutto mischiare i vari generi. Qualcosa forse è realmente cambiato quando ho incontrato Massimo D’Ambra e abbiamo cominciato a lavorare su una nuova idea di sound partendo da alcuni riferimenti incrollabili. Ho trovato una nuova strada, e non la lascerò facilmente. Alla domanda “che genere fai?” non ho mai saputo rispondere. Penso che non saprò farlo mai, per fortuna.

Come ci si sente a cantare e a pubblicare canzoni in tempo di Covid?

È molto strano, ma nel mio caso, sicuramente liberatorio. Cerco di essere sempre molto onesto, anzitutto con me stesso, quindi quando tiro fuori qualcosa di nuovo, so che mi sto giocando qualcosa di profondo, sincero, intimo. È strano. Lo fai senza strategie, senza pensare a quando suonerai quelle canzoni dal vivo, perché magari non accadrà. Ma è più forte di te, è una terapia, le canzoni vanno tirate fuori quando sono calde, quando è il loro momento.

Come è stata l’esperienza a The Winner Is, di cui stanno andando in onda le repliche proprio in queste settimane?

Una rinascita. Esattamente quello che cerco di dire attraverso “Loop”, il mio ultimo singolo. Venivo da un periodo terribile: un furto nella nostra sala prove. Ero rimasto senza strumenti personali e senza un posto dove costruire la mia musica con la mia band. Poi questa esperienza, il duetto con Fausto Leali, la vittoria. È quello che dico in “Loop”: niente è per sempre, prova a sorridere fino a farla diventare un’abitudine. Se guardi il mondo con positività, le good vibes faranno luce e tutto intorno sembrerà improvvisamente, sorprendentemente meraviglioso.

Quali sono le battaglie, i messaggi e i valori che senti di rappresentare per i tuoi coetanei e in che modo pensi che la musica possa occuparsene?

Io non mi faccio portatore di alcuna bandiera se non dell’autenticità. Credo che sia urgente, non solo importante ma urgente, ricordarci di essere noi stessi, costi quel che costi, in un mondo che si affanna a rincorrere l’algoritmo che deciderà se sei in o se sei out. Credo ancora fortemente che la gente sappia riconoscere ciò che è vero, seppur “di nicchia” (odio questa espressione ma chiarisce bene il concetto), rispetto a ciò che sembra scritto a tavolino, fatto con lo stampino. Non ho mai sopportato l’ossequiosa omologazione alla ricerca della gloria. Il successo non è niente altro che un incidente di percorso. Noi dobbiamo solo imparare a goderci il viaggio.

Hai dei live in programma?

Moltissimi. Ci saranno nuove date in Campania a stretto giro sia da solista che con i miei vari progetti. A ottobre sarò a New York su Rai Italia in qualità di finalista di “New York Canta” con un nuovo inedito, “Comete”, un lavoro certosino che nasce dal duo Spenillo-Sica e si realizza nel nuovo arrangiamento con la direzione di Ciro Barbato e tanti straordinari musicisti che mi hanno aiutato a dare alla canzone il sound retrò con echi swing e rock che desideravo, in uno degli studi più importanti della mia città, l’Auditorium 900 di Napoli. Non vedo l’ora.

redazione@corrierenazionale.net

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