Intervista al prof. Ing. Maurizio avallone

Attualità & Cronaca

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Abbiamo intervistato il Prof. Maurizio Avallone, classe 1951, ingegnere chimico, Direttore Tecnico R.S.A. s.r.l., Consulente Tecnico e Perito Penale dei Tribunali e Procure della Repubblica di Napoli, Palermo, Vibo Valentia e Santa Maria Capua Vetere.

Professore, Lei è una persona molto nota, preparata e stimata nel settore ambientale. Quando e come nasce la Sua passione?

Fin da ragazzo collaborando con la rivista “La nuova Ecologia” e si è ulteriormente alimentata durante tutto il percorso degli studi, fino a divenire il fulcro della mia attività professionale. 

Si immagini di insegnare in una scuola elementare: come spiegherebbe l’importanza della raccolta differenziata e del recupero dei rifiuti?

Molti degli oggetti che gettiamo nella spazzatura possono tornare a nuova vita e/o ridurre il consumo e lo sfruttamento delle risorse naturali. Il principio fondamentale per separare e riutilizzare i rifiuti è quello di dividere la parte “umida” (cibo) dalla parte “secca” (tutto il resto) così da rendere più facile il recupero dei vari materiali. La parte “umida” inviata in particolari impianti produce energia e concime. Con la parte secca (carta, vetro, plastica, metalli, ecc.) realizziamo tante delle cose che utilizziamo ogni giorno. 

Dal febbraio 2009 Lei è Direttore Tecnico R.S.A. (Ricerca e Studi sull’Ambiente) S.r.l. Ci parli di questa attività.

La R.S.A. si occupa fin dal 1986 di ingegneria ambientale, disinquinamento e caratterizzazione di terreni potenzialmente inquinati. Dal 2000 si è specializzata in monitoraggi non invasivi e non distruttivi, rumore, vibrazioni, video ispezioni, individuazione di diffusioni di gas radon, amianto, perdite idriche, idrauliche, umidità mediante analisi termografica e geofoni, ecc.(www.rsambiente.it) 

L’Italia ha da poco recepito il Pacchetto Economia Circolare. E’ la volta buona per passare definitivamente da un’ Economia lineare ad un’ Economia Circolare?

Un’economia capace di autorigenerarsi e procedere all’infinito con risorse finite è una magnifica utopia in un mondo ancora pieno di contraddizioni sociali, economiche, ecc. Il nostro Paese, in particolare, che si trascina da 160 anni questioni irrisolte quali quella “Meridonale”, dovrà impegnare enormi risorse nella scuola affinchè Cultura, Educazione e Rispetto entrino prepotentemente nei comportamenti dei cittadini e si possano attuare principi fondamentali per il futuro dell’umanità sul nostro Pianeta. 

Il sud soffre per la carenza di impianti. Come si può colmare questo gap con il nord? Questa differenza incide sulla TARI? La grande movimentazione di camion verso il nord produce un inquinamento significativo?

La carenza di impianti dipende da carenza di capacità di programmazione nell’ambito del ciclo di smaltimento dei rifiuti da parte delle Regioni che non attuano o attuano solo parzialmente i relativi Piani Regionali. Tuttavia non è vero che la TARI è più cara al Sud, i costi più elevati si hanno al Centro Italia anche se la singola Regione che presenta i costi più elevati è la Campania soprattutto a causa di anni di Commissariamento ed eterna “Emergenza Rifiuti”. L’incidenza dell’inquinamento atmosferico provocato dai veicoli per il trasporto merci su gomma,  causato dal particolato (PM) e biossido di azoto (NO2) è, indubbiamente, considerevole danneggiando la salute umana e l’ambiente.

Ad un giovane che vuole avvicinarsi al mondo dei rifiuti cosa si sente di consigliare?

Farsi una cultura di Norme, Leggi, Decreti, Direttive Europee oltre che legislazioni internazionali. E’ un mondo ad altissimo rischio in cui si può lavorare, con relativa tranquillità, con il Codice sotto il braccio. 

Quali percorsi di studi dovrebbe intraprendere?

Dipende, ovviamente, dal livello e dallo specifico interesse.

  • Istituto Professionale
  • Ingegneria Ambiente e Territorio
  • Scienze Ambientali
  • Geologia
  • Agronomia
  • Giurisprudenza
  • Economia 

Nel 1972 con il Progetto Speciale n.3 per il disinquinamento del Golfo di Napoli fu programmata la costruzione degli impianti di depurazione. L’inquinamento marino nel meridione spesso è causato dal cattivo funzionamento degli impianti di depurazione dei reflui urbani che trattano le acque di origine domestica e le deiezione umane, ricche di urea, grassi, proteine e cellulosa. Le analisi dei reflui in uscita hanno evidenziato spesso tracce elevate di Escherichia Coli, Saggio di Tossicità, Azoto Ammoniacale, Tensioattivi Totali, COD, Cloro attivo libero, BOD5, Solidi sospesi, Azoto Nitrico. Ritiene che la depurazione in Campania sia efficiente o migliorabile? Quali interventi dovrebbero essere intrapresi? E’ auspicabile la costruzione di nuovi impianti di depurazione? Come si può affrontare il problema delle abitazioni non allacciate alla rete fognaria o delle abitazioni abusive che scaricano tal quale a mare?

Avendo, tra l’altro, rivestito il ruolo di Direttore di Gestione dell’Impianto di depurazione di Cuma, ho avuto modo di verificare dal vivo la situazione impiantistica in Regione Campania. Gli impianti di depurazione dei liquami domestici presentano una “sezione biologica” che è molto delicata in cui possono causarsi malfunzionamenti che si ripercuotono a valle con trascinamenti di sostanze non perfettamente idonee in uscita dall’impianto. Una soluzione a tale problema è quello di assoggettare gli impianti costieri a condotte sottomarine con diffusore finale posizionato ad una distanza dalla costa ed una profondità tale da assicurare il non ritorno in superficie e verso la costa. La capacità autodepurativa del corpo recettore (mare) è tale da assicurare una totale riduzione e rimozione delle sostanze sopra citate. In caso di piccoli insediamenti costieri è possibile realizzare degli impianti estremamente semplici con esclusivo trattamento primario (Grigliatura, Sgrassatura, Dissabbiatura e Sedimentazione primaria) e condotta sottomarina, con notevoli economie sia di impianto che di esercizio.

Le abitazioni non allacciate alla rete fognaria perché lontane da questa, per legge, devono dotarsi di vasca Imhoff.

Le case abusive devono essere censite ed essere allacciate alla rete fognaria ovvero dotate di vasche Imhoff.  

L’opera di rimozione delle ecoballe è ormai stata avviata, sono in costruzione gli impianti per l’umido, la raccolta differenziata segna un seppur lento ma costante aumento, i cittadini sono più sensibili ai temi ambientali, il termovalorizzatore di Acerra continua a lavorare in modo efficiente. Cosa risponde a chi ha auspicato e auspica che si costruisca un termovalorizzatore per ogni provincia?

I termovalorizzatori rappresentano l’antitesi della raccolta differenziata e del recupero di materiali. Peraltro, un sistema di differenziazione e recupero efficiente ed efficace riduce ai minimi termini, non solo, i quantitavi di materiali da conferire ma anche il loro potere calorifico rendendo così del tutto antieconomico il ricorso a tale tecnologia. Qualunque sia il “sistema rifiuti” adottato, con l’attuale tecnologia disponibile, sarà sempre necessario un terminale dove conferire gli scarti irrecuperabili e non riciclabili. I Termovalorizzatori possono costituire un terminale alternativo alla discarica seppure non totale perché le ceneri ed il particolato raccolto dai filtri ai camini (in genere entrambi rifiuti pericolosi) necessitano di essere smaltiti in discarica specifica per tali sostanze. Sarebbe auspicabile valorizzare meglio la frazione organica (umido) dei rifiuti che rappresenta circa il 35% del totale. In primis con una differenziazione a monte da parte dei cittadini consentendo così di avere una frazione organica più “pulita”, da inviare ad impianti di digestione anaerobica per produrre biogas, quindi energia, e compost. 

Negli ultimi anni alcune ferite ambientali sono state rimarginate: la discarica RESIT di Giugliano è diventata un parco, San Giuseppiello è stato bonificato grazie ad un mix di pioppi e batteri, altre opere di bonifica sono partite. Possiamo dire ai cittadini campani di aver cominciato a tracciare la strada giusta per ridare dignità alla regione Campania e non essere mai più etichettati come la Terra dei Fuochi?

Il termine Terra dei Fuochi apparve per la prima volta nel 2003, quando fu usata nel Rapporto Ecomafie, di quell’anno, curato da Legambiente, utilizzato, successivamente, per denigrare il territorio Campano, le sue popolazioni e, soprattutto, i suoi prodotti alimentari distruggendo l’economia di quelle terre. Più attenti studi e ricerche effettuate dai tecnici del Ministero dell’Ambiente, della SOGESID e di altri Enti hanno dimostrato che il fenomeno è molto limitato e che solamente una piccolissima percentuale del territorio presenta fenomeni di inquinamento. Ancora una volta il Sud ed in particolare la Regione Campania è stata denigrata e maltrattata pagando uno scotto altissimo rispetto ad altre zone del Paese Italia dove fenomeni molto più gravi e consistenti sono stati tenuti in minor considerazione dai mass media e dalla magistratura. 

Ritiene che in Campania sia necessaria la costruzione di una o più discariche di servizio?

Come esplicitato, la discarica, con le attuali tecnologie rappresenta un “male necessario”. Quanto più si spinge verso il recupero di materiali ed energia tanto meno discariche necessitano sul territorio. L’alternativa, ancora in fase sperimentale ed attualmente non conveniente dal punto di vista economico è la torcia al plasma basata sul processo di gassificazione e vetrificazione dei residui che vengono trasformati in una roccia di tipo vulcanico, una specie di lava totalmente inerte e non tossica utilizzabile come materiale da costruzione. 

I cittadini ricordano come anni terribili quelli dell’emergenza rifiuti in Campania. Oltre alle terribile scene a cui tutti abbiamo assistito, Lei ricorda quel periodo anche come un periodo di crescita professionale? Vuole raccontarci qualche episodio o aneddoto specifico? Sia esso negativo o positivo.

Nel corso dell’anno 2000 in Regione Campania fu istituita L’ARPAC (Agenzia Regionale Protezione Ambientale) e fui chiamato a collaborare in qualità di Direttore del Servizio Emergenze Ambientali, pertanto ho vissuto in prima linea tutto il drammatico periodo dell’emergenza dal 2001 al 2004. Ancora una volta impreparazione, incapacità, inefficienza hanno prima, con l’improvvida chiusura di alcune mega discariche delle province di Caserta e Salerno, generato il gravissimo problema e successivamente portato ad una gestione “straordinaria” di tutto il ciclo non propriamente efficace. In quel periodo essendo Professore a contratto dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” ho attivato decine di tirocini post laurea che hanno generato tecnici laureati esperti nel settore rifiuti e nelle emergenze ambientali. 

Intervista realizzata da Adriano Pistilli

One Reply to “Intervista al prof. Ing. Maurizio avallone”

  1. Federico Piovani ha detto:

    Belle risposte. Manca solo Italia protetta dall’Unesco e nuovi punti vendita dell’Rdc BO.
    Federico Piovani’76 Scienze Ambientali’95

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