‘Italiani fannulloni’ e ‘tedeschi infami’: come l’euro semina la discordia

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Di Margherita Russo

Un editoriale del caporedattore di Handelsblatt Global si occupa delle elezioni italiane in maniera molto più sobria rispetto alle posizioni, spesso francamente irrispettose ed offensive, dei maggiori media mainstream tedeschi. La moneta comune avrebbe dovuto unire gli europei, ma invece li divide sempre di più: le elezioni in Italia hanno portato tutti i nodi al pettine. Il re è nudo, e adesso affrontare onestamente le molteplici contraddizioni dell’euro tocca proprio a chi vuole difendere il concetto di Europa (che, per inciso, come luogo culturale e storico non può e non deve essere confusa né con l’Unione europea né tanto meno con l’eurozona). Purtroppo però i segnali politici e diplomatici suggeriscono che un’analisi onesta nel clima attuale sia pressoché impossibile.

Di Andreas Kluth

Questa settimana l’Italia ha offerto ai tedeschi e agli europei una grande lezione: l’euro, che a quanto si credeva avrebbe dovuto spingere gli europei in avanti nel percorso verso una “unione sempre più stretta”, li sta invece sempre più dividendo. Invece di portare integrazione, acuisce le divergenze. Invece di creare armonia, semina discordia. Invece della democrazia liberale, il rancore populista.

Sentiamo cosa dice Matteo Salvini, leader del partito di destra della Lega, uno dei due partiti populisti che costituiranno il prossimo governo italiano: “Il nostro principio di base”, ha detto, “è che solo gli italiani prendono decisioni per l’Italia, non i tedeschi… Un ministro che ai tedeschi non piace è esattamente il ministro giusto per noi“. Un suo collaboratore ha aggiunto che era giunto il momento “di liberare il paese dalle catene che Bruxelles e Berlino hanno messo alle nostre caviglie“.

Ma come, ci si potrebbe chiedere, che c’entra la Germania con gli eventi di Roma di questa settimana? Bella domanda. Apparentemente, nulla. Nella campagna elettorale italiana, la politica dell’eurozona era appena presente. I vincitori sono stati i populisti di sinistra e di destra, che cercavano di formare un governo poco compatto, con in programma politiche economiche che avrebbero fatto saltare l’eurozona. Quando i populisti hanno nominato un noto euroscettico come ministro delle finanze, il presidente italiano ha rifiutato. Ora il governo sarà formato con un gabinetto leggermente diverso.

Appena sotto la superficie, però, la Germania ha molto a che fare con la crisi politica dell’Italia. Questo perché la Germania rappresenta l’opposto delle idee che, più o meno, uniscono l’area sud dell’euro, dalla Grecia alla Francia all’Italia. Mentre il Sud chiede “solidarietà”, la Germania teme una “unione di trasferimenti”, in cui il denaro del Nord vada a sovvenzionare in modo permanente i crediti inesigibili e la dissolutezza fiscale nel Sud. Dove il Sud reclama incentivi di stimolo, la Germania richiede austerità. Laddove il Sud vuole la discrezionalità fiscale, la Germania insiste su rigide regole ordoliberiste.
Queste non sono filosofie che possono essere riconciliate nel lungo periodo, e non importa quanto Angela Merkel se ne rammarichi nel breve periodo. Al contrario, queste narrazioni culturali costringono gli europei a impersonificare i peggiori stereotipi che gli altri hanno di loro. I tedeschi diventano “più tedeschi”, gli italiani “più italiani”.

Così i tedeschi immaginano i meridionali come fannulloni dissoluti e inaffidabili. Der Spiegel ha pubblicato questa settimana una cronaca intitolata “Gli scrocconi di Roma”. I meridionali, dal canto loro, non sopportano più i tedeschi bacchettoni e ossessionati dalle regole, che pretendono di dar loro lezioni. Si scagliano su qualsiasi episodio di ipocrisia, quelli che la Germania spesso fornisce, violando le regole dell’UE.

Questo abisso psicologico condanna le proposte (di stampo meridionale) di Emmanuel Macron per la riforma dell’eurozona. I paesi del Nord, semplicemente, non lo sosterranno. Ma l’assenza di tali riforme finisce con il condannare l’eurozona a un’altra crisi, in un crescendo senza fine.

È giunto il momento per i sostenitori, più che per gli oppositori, dell’idea europea di contemplare l’allentamento e persino il restringimento dell’eurozona. I paesi membri che ritengano che appartenere all’euro club sia contrario ai loro interessi economici o alla loro natura nazionale dovrebbero avere un modo, temporaneo o permanente, di ritornare ad adottare una valuta nazionale senza mettere a repentaglio l’intera zona euro. Nel frattempo, l’integrazione europea in altri settori, ad esempio la sicurezza, la politica estera e di difesa, dovrebbe procedere, indipendentemente dal modo in cui si sviluppa la zona euro.

L’idea di integrazione europea è nata dalle macerie della seconda guerra mondiale e senza dubbio è diventata il più grande progetto di pace nella storia umana. Nessuna parte di questo progetto, inclusa la questione subordinata della moneta comune, dovrebbe finire col sabotare questa idea più grande e a trasformare un progetto di pace in una macchina di guerra.

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