Johnson & Johnson arriverà ad aprile in Europa. Ecco come funziona

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È il quarto siero anti covid che sbarca in Ue, è basato su vettori derivati da adenovirus, un virus “del raffreddore” delle scimmie, inattivato. Una parte della produzione anche ad Anagni nella Catalent

 

© JUSTIN TALLIS / AFP 
– vaccino Johnson & Johnson 

AGI – Arriverà tra meno di un mese in Europa, il 19 aprile, il vaccino Johnson & Johnson, già approvato le scorse settimane da Ema e Aifa.

Si tratta del quarto siero anti Covid che sbarca nell’Unione Europea dopo Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Una new entry molto attesa, anche perché il vaccino è monodose, al contrario di quelli attualmente in uso che necessitano di richiamo: all’Italia stando agli accordi europei spettano 7,3 milioni di dosi nel secondo trimestre e 15,9 nel terzo.

Il 1 marzo era stato già approvato negli Usa, dove l’Fda aveva confermato “la sicurezza e l’efficacia della dose singola del vaccino contro il coronavirus di Johnson & Johnson, in particolare contro i casi gravi”.

Inoltre, già a luglio scorso, uno studio pubblicato su ‘Nature’ rivelava che questo vaccino, basato su vettori derivati da adenovirus di serotipo 26 (Ad26), aveva indotto una “forte risposta immunitaria” come provato dagli anticorpi neutralizzanti, riuscendo a prevenire infezioni successive e proteggendo completamente o quasi completamente dal virus i polmoni di primati non umani (NHPs) nello studio pre-clinico.

Era stato grazie a questi dati che era stato poi avviato un trial clinico su volontari sani negli Stati Uniti e in Belgio. 

Lo scorso gennaio sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati dello studio di fase 1/2a che hanno mostrato che, dopo una singola vaccinazione, gli anticorpi neutralizzanti contro COVID-19 sono stati rilevati in oltre il 90% dei partecipanti allo studio al 29° giorno e nel 100% dei partecipanti di età compresa tra i 18 e i 55 anni al 57° giorno.

Per quanto riguarda lo studio clinico di Fase 3 ENSEMBLE, i risultati  hanno rilevato una riduzione del 67% del numero di casi di COVID-19 sintomatici dopo 2 settimane nelle persone che hanno ricevuto il vaccino (116 casi su 19.630 persone) rispetto alle persone a cui è stato somministrato placebo (348 su 19.691). Ciò significa che il vaccino ha avuto un’efficacia del 67% .  

Si tratta di un vaccino che utilizza appunto un adenovirus, cioè un virus “del raffreddore” delle scimmie, inattivato, che serve per trasportare nell’organismo le informazioni genetiche utili a sviluppare la difesa contro le spike, ossia le “coroncine” che il virus utilizza per attaccare le cellule. 

L’adenovirus trasmette il gene SARS-CoV-2 nelle cellule della persona vaccinata. Le cellule possono quindi utilizzare il gene per produrre la proteina spike.

Il sistema immunitario della persona riconoscerà la proteina spike come estranea e produrrà anticorpi e attiverà le cellule T (globuli bianchi) per bersagliarla. Successivamente, se la persona entra in contatto con il virus SARS-CoV-2, il sistema immunitario della persona riconoscerà la proteina spike sul virus e sarà pronto a difendere il corpo da essa.

Il siero della Johnson & Johnson è prodotto in diversi Paesi: parte dal New Jersey e arriva in Belgio, passando dall’Olanda e dall’Italia. Il quartier generale della multinazionale farmaceutica è a New Brunswick, nella piana industriale dello Stato del New Jersey, a meno di 80 chilometri da New York, ma è tra Massachusetts e Europa che il vaccino è nato. 

Tre sono i luoghi chiave: il centro di ricerca Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, dove i ricercatori hanno lavorato in sinergia con quelli del centro vaccini Janssen Pharmaceutical di Beerse, in Belgio, e del Centro biologico Janssen di Leiden, in Olanda, a cinquanta chilometri da Amsterdam.

In questo triangolo si sono concentrate le tre fasi obbligatorie di sperimentazioni del vaccino sui volontari. Ma la seconda fase, quella operativa, ha visto l’allargamento della rete di produzione. Per aumentare la produzione l’azienda americana ha stretto dal 2020 una partnership con la Catalent, che ha sede in New Jersey.

L’accordo prevede che una parte della produzione dei vaccini venga fatta in Usa e in Italia, nello stabilimento di Anagni della Catalent, in provincia di Frosinone. Un altro accordo, per la produzione quinquennale di vaccini, è stato siglato con la Emergent BioSolutions, i cui stabilimenti si trovano in Maryland.

La società farmaceutica francese Sanofi ha inoltre offerto a J&J il proprio stabilimento di Marcy l’Etoile per la produzione del vaccino Janseen (controllata J&J) ad un ritmo di 12 milioni di dosi al mese. 

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