La clausura e il pescatore che non getta le reti in mare

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Trascrivo alcune righe di un articolo del prete e scrittore Mauro Leonardi, apparso su Il Sussidiario del 13 gennaio: “Ma che fastidio danno delle suore di clausura amate dalla gente e che, oltretutto, abitano a casa propria e si mantengono da sole? Sono le domande ovvie che insorgono dopo che si conosce la vicenda delle monache di Marradi, una località contigua a Firenze, dove è sindaco Paolo Bassetti, il fratello del Presidente della Cei. Sono rimaste in quattro, di cui una molto anziana e una novizia, e sono fortemente intenzionate a non lasciare la loro casa; dalla loro parte hanno la gente che vuole “evitare un trasloco forzato delle religiose”.

Gli sfratti sono sempre una cosa antipatica, dolorosa per le persone che li subiscono, specialmente se anziane. Ma non è di questo che volevo parlare, bensì del passo seguente: “Ora, è sufficiente visitare il sito del Monastero, per capire che sono luoghi dove “rassettare le reti”. Mi riferisco al momento descritto dal vangelo di Marco (Mc 1, 16-20) in cui si racconta che alcuni cristiani “gettano le reti in alto mare” (v. 16) e altri “riparano le reti” (v. 19). Ovvero, in metafora, esistono spazi e momenti dove recuperare le forze, riprendere energie emotive e spirituali, tuffandosi nel silenzio, nel raccoglimento e anche, se si vuole, nel ricevere una compagnia discreta e premurosa: e questi luoghi sono per i cristiani, e non solo, i monasteri di clausura”.

Già in un’altra occasione, don Mauro, per dare fondamento evangelico alla clausura, citò l’episodio in cui Gesù sceglie gli apostoli: “Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono” (Mc 1, 16 – 20).

Ora, è vero che questo passo del vangelo può dare fondamento a “spazi e momenti dove recuperare le forze, riprendere energie emotive e spirituali, tuffandosi nel silenzio”, ma non dà per niente fondamento alla clausura. I pescatori che gettano le reti in mare, sono gli stessi che in altri momenti rassettano le reti, e i pescatori che rassettano le reti, sono gli stessi che in altri momenti gettano le reti in mare. Un pescatore che si occupa esclusivamente per tutta la vita di rassettare le reti, precludendosi la possibilità di gettare le reti in mare, è un pescatore che non fa interamente il suo mestiere. Non è un pescatore.

Nel vangelo non esiste un solo verso che giustifichi la clausura, intesa, ovviamente, come chiusura per tutta la vita in una casa religiosa, senza la possibilità di uscirne mai.

Renato Pierri

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