La crescita senza precedenti dei costi agricoli

Economia & Finanza

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Per la zootecnia, nel primo trimestre del 2022, gli esborsi degli allevatori sono aumentati del 16,6% su base annua, registrando un’ulteriore spinta dopo il +6,4% del 2021, dice un rapporto Ismea.

di Alberto Ferrigolo

© Zumapress / Agf – Mucche da latte

 

AGI – Un’impennata senza precedenti. È quella dei costi agricoli, lievitati di oltre il 18% in soli tre mesi, dopo aver chiuso il 2021 con un incremento del 6%. A certificarlo è l’Ismea, l’Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare italiano, che da diverso tempo sta monitorando l’andamento e l’impatto della crisi internazionale dei prezzi, specie dopo l’avvio del conflitto russo-ucraino che ormai dura da più di tre mesi, sulle singole voci di spesa nel settore primario nazionale.

Pertanto, sulla base di un’indagine che ha coinvolto un campione di 795 aziende del settore primario e 586 imprese di prima e seconda trasformazione alimentare, Ismea ha messo a fuoco le prime indicazioni che sono parte di un report più dettagliato che sarà reso disponibile nei prossimi giorni, da cui risulta che per “l’aggregato delle colture vegetali, dove pesano soprattutto i salari, i prodotti energetici, i fertilizzanti e le sementi, si registra nel primo trimestre 2022 un aggravio dei costi sostenuti dagli agricoltori del 20,4% su base annua (dopo il + 5,7% del 2021)”, rileva una nota dell’Istituto.

Secondo Ismea, infatti, i rincari, che sono guidati dagli incrementi record dell’energia (+50,6%) e dei fertilizzanti (+36,2%), hanno finito con l’investire “tutti i settori seppur con intensità differente a seconda della combinazione dei fattori produttivi, risultando più accentuati nel caso delle coltivazioni industriali, dei semi oleosi e delle colture cerealicole, anche se il contestuale aumento dei prezzi di vendita ha protetto, almeno fino a ora, le marginalità”.

Il quadro è pertanto questo: “Per la zootecnia, nel primo trimestre del 2022, gli esborsi degli allevatori sono aumentati del 16,6% su base annua, registrando un’ulteriore spinta dopo il +6,4% del 2021, di riflesso agli incrementi dei prezzi degli animali da allevamento (+9,8%) e dei mangimi (+21%) oltre che dei prodotti energetici (+61,5%)”, tant’è che in questo caso – osserva l’Istituto di Servizi – “la dinamica dei prezzi di vendita ha dimostrato di non essere sempre in grado di assorbire i maggiori costi, esponendo gli allevatori all’erosione dei margini”. Pertanto, tra i vari comparti, gli avicoli, uova e bovini da latte, “risultano i settori più colpiti dagli incrementi dei costi produttivi, con i primi, tuttavia, in qualche modo avvantaggiati dall’alto livello di integrazione verticale”.

In ogni caso, annota ancora Ismea, “l’attuale crisi dei prezzi sta investendo tutti gli anelli della filiera agroalimentare, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale sino al consumo finale, configurandosi come un evento di portata straordinaria”. In ultima analisi, conclude la nota di Ismea, il risultato che balza subito all’occhio “è un brusco calo della fiducia degli operatori, con un pessimismo più marcato da parte delle aziende agricole, rispetto alle industrie e, nell’ambito dell’agricoltura, un deterioramento della fiducia più accentuato nelle imprese zootecniche”.

 

 

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