La funzione del gruppo (trasgressione delle regole)

Arte, Cultura & Società

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di Adalgisa Portale

L’adolescente, durante il periodo di crescita è alla ricerca della propria identità (non è ancora adulto e non è del tutto bambino) e desidera raggiungere la propria autonomia attraverso una graduale separazione dal gruppo familiare. I compagni diventano, così, una valida alternativa di “modelli” di riferimento, utile per traghettare verso il porto dell’età adulta. Nei coetanei l’adolescente si rispecchia e in loro si identifica per superare la propria solitudine. Lo stare insieme rappresenta un “modello collettivo” a cui riferirsi e con il quale confrontarsi. La ricerca dell’attenzione da parte dei pari e il bisogno di appartenenza all’interno di un gruppo sono aspetti importanti ai fini della socializzazione (1).

Nella difficile fase di crescita, spesso, al disagio psicologico individuale si unisce un disagio collettivo di gruppo, specifico adolescenziale, che può determinare alcuni comportamenti di tipo trasgressivo. Agli occhi di alcuni adolescenti, infatti, l’età adulta è a volte erroneamente idealizzata, il compagno che osa e sfida i propri limiti oltre misura è considerato forte al pari di un adulto, perché sconfigge la paura del “bambino” che c’è in lui e dimostra coraggio (“…a noi ragazzi piace chi ha coraggio come se fosse un adulto, perché i grandi non hanno paura di niente, mentre i ragazzi o i bambini sì…”)

Il periodo di vita giovanile può diventare, quindi, per il ragazzo una prova continua di sfide e di trasgressioni per migliorare la propria immagine agli occhi di se stesso e dei coetanei.

Il superamento delle regole, in genere, se è funzionale al miglioramento delle “norme” stesse, può   essere considerato come un tentativo positivo, messo in atto dai giovani, per il rinnovamento generazionale della società. L’incursione continua “fuori e dentro le regole” può trasformarsi, però, in una pericolosa trasgressione, e dunque non più utile alla maturazione responsabile dell’adolescente, qualora si determini una spirale di comportamenti sempre più azzardati e rischiosi come, ad esempio, il correre in autostrada contromano, oppure effettuare atti vandalici su oggetti o cose.

Nella narrazione dei “I Ribelli” c’è un passaggio significativo riportato da Sacchi (2003), che descrive un comportamento di adolescenti, che può essere catalogato come azione bordeline, cioè sulla linea di confine della criminalità (2):

“Avevano cominciato a rubare all’inizio di novembre […] Ciascuno contribuiva a riempire il deposito secondo il proprio talento. Stabilirono per principio che la sottrazione degli oggetti dovesse comportare il maggior rischio possibile; non era il loro valore ad <<interessarli>>. (I Ribelli, pp. 73, 79), cit. in Sacchi, 2003, p.146)

 La descrizione dell’episodio evidenzia come il furto fosse considerato dai giovani protagonisti come una modalità di azione fine a se stessa, funzionale all’esclusivo intento di sfidare i propri limiti. Per quegli adolescenti era solo importante misurarsi con situazioni sempre più rischiose, fino a raggiungere “il maggior rischio possibile” per provare il brivido della trasgressione, senza peraltro minimamente interessarsi al valore monetario della refurtiva.

La trasgressione, quindi, portata alle estreme conseguenze, può diventare un prerequisito di azione deviante, sia se agita in gruppo o in solitudine.

Anche il fenomeno sociale crescente come il bullismo, spesso purtroppo sottovalutato o ignorato, può diventare un prerequisito di azione deviante.

Secondo alcune ricerche effettuate sul bullismo emerge che è luogo comune pensare, anche da parte di alcuni genitori, che il bullismo sia solo una “bravata”, una prova della vita che possa servire a volte a “rafforzare il carattere”.  Cresce anche la percentuale di chi considera il bullo “un tipo in gamba” e di chi giudica “fifone o spione” il soggetto che denuncia un atto di prevaricazione.

Le ricerche scientifiche confermano, invece, che il fenomeno del bullismo non è un normale rito di passaggio, ma è un fenomeno che esprime violenza, che traumatizza le vittime, e che crea problemi psicologici seri quali isolamento depressivo, disperazione e pensieri suicidari. (3)

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  • Doyle W.(1986). Classroom organization and management. In M.C.Wittrock (a cura di), Handbook of research on teaching, III ed., New York, MacMillan.
  • Sacchi D. (2003), Apprendisti Adulti, Milano, Mc Graw-Hill.
  • http://dartcenter.org/content/power-bully.

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