La giurisdizione al tempo del corona virus

Attualità & Cronaca

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Il giudice, la legge e la Costituzione; l’esercizio della giurisdizione al tempo del corona virus.

 di Raffaele Vairo

Un piccolo giudice di Frosinone ha scritto in una sua sentenza che agli italiani è stato impedito di muoversi dalla propria abitazione, di lavorare, di studiare, di fare impresa, di osservare il proprio culto e insomma di godere dei minimi diritti costituzionali, senza che esistessero le condizioni per impedirglielo: e, soprattutto, che tutto questo è stato fatto per mezzo di un’azione amministrativa che non avrebbe potuto incidere su quei diritti nemmeno se allo stato di emergenza si fosse giunti in modo legittimo”.

Questo il giudizio della giornalista Iuri Maria Prado (Il Riformista del 5.8.2020). Giudizio non condivisibile. Almeno da parte mia. Intanto perchè il giudice di pace non è un piccolo giudice ma un magistrato ordinario le cui decisioni concorrono a fare giurisprudenza come quelle di altri magistrati. Ma anche perché le sentenze vanno motivate con argomentazioni strettamente giuridiche. Cosa che nel caso citato dalla giornalista non è avvenuto.

Ma veniamo ai fatti.

Che il virus denominato COVID 19 abbia attraversato imperterrito diversi territori di Paesi europei è questione ormai accertata e incontrovertibile ma negata da una larga schiera di sedicenti esperti costituzionalisti che teorizzano presunti e oscuri complotti. Improbabili ipotesi condivise anche da una parte dell’opposizione che, pur di gettare fango sul Governo, non ha esitato a formulare dubbi in ordine alla diffusione del morbo. Nonostante l’evidenza offerta dai numerosi ricoveri ospedalieri e dallo spettacolo offerto dal trasporto delle bare con mezzi militari. Ma che persone delle istituzioni cercassero con argomentazioni pseudo-giuridiche di inficiare l’operato del Governo impegnato a combattere la diffusione del morbo è questione che dovrebbe indurci a serie riflessioni. Il capo gruppo della Lega al Senato si è spinto persino a dichiarare nell’Aula, convocata per l’approvazione del decreto di proroga dell’emergenza sanitaria, che il Governo sarebbe andato oltre e contro la Costituzione. Giudizio evidentemente non condiviso dalle organizzazioni sanitarie nazionali e internazionali che, al contrario, hanno espresso grande apprezzamento per l’operato del Governo.

Della questione si è occupato anche un magistrato, il giudice di pace di Frosinone, che ha scritto una sentenza (sentenza n 516/2020) che ricalca di sana pianta il pensiero di una parte politica. Addirittura il Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana avrebbe travisato il senso delle norme dettate dal decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 quando ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in conseguenza del rischio sanitario derivante da agenti virali trasmissibili da persona a persona. Secondo il giudice frusinate: a) gli eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo sarebbero solo quelli conseguenti a terremoti, valanghe, alluvioni, incendi ed altri, quelli di origine umane sarebbero solo quelli conseguenti a sversamenti, attività umane inquinanti ed altri (art. 7, comma 1, D.Lgs n. 1/2018); b) la Costituzione della Repubblica non conferirebbe poteri normativi peculiari se non in caso di guerra (artt. 78 e 87). Ergo, il Governo avrebbe agito abusivamente.

Invero, con la deliberazione del 31 gennaio 2020, pubblicata in G.U. Serie Generale n. 26 del 1 febbraio 2020, il Consiglio dei Ministri ha inteso fronteggiare una situazione critica di grave pericolo per la salute pubblica provvedendo all’adozione di misure eccezionali che, a una lettura intelligente e costituzionalmente orientata delle norme del citato D.Lgs. n. 1/2018, ben si adattavano alla situazione dell’emergenza sanitaria. D’altra parte: a) l’elencazione contenuta nell’art. 7 del citato D.Lgs. n. 1/2018 non è tassativa ma solo esemplificativa; terremoti, valanghe, alluvioni, incendi ed altri; è proprio quell’altri ad escludere la tassatività dell’elencazione; b) ne consegue che la lettura delle norme non può essere talmente restrittiva da ignorare quella che è l’intenzione del legislatore. Comunque, a prescindere da ogni altra considerazione, nei casi dubbi si deve aver riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il dubbio rimane, l’interpretazione va fatta secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato (art. 12 preleggi).

L’interpretazione del giudice frusinate non è originale, ma si colloca nel circuito di idee molto diffuse, propagandate da coloro che ritengono inadeguato, infondatamente, il Governo Conte. Nello specifico il giudice non si è avvalso delle norme che concernono l’interpretazione delle leggi e, anzi, ignorando il principio del libero convincimento, ha ceduto al fascino che esercitano certe teorie diffuse artatamente da alcuni mestieranti della politica.

L’altro aspetto riguarda i poteri esercitati dal Governo che, secondo la sentenza in esame, non troverebbero riscontro nella Costituzione. “In conseguenza, la dichiarazione adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima, perché emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere al Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario”. Ne conseguirebbe il dovere del giudice ordinario di disapplicare i decreti del Presidente del Consiglio per evidente illegittimità.

Le argomentazioni della sentenza sono piuttosto incoerenti; anzi l’interpretazione delle norme è, a mio avviso, piuttosto confusa. Vero è che i provvedimenti ministeriali non possono contenere norme riservate al potere legislativo e, quindi, la loro disapplicazione, da parte del giudice ordinario, sarebbe giustificata e, anzi, doverosa specialmente nelle ipotesi di limitazioni di diritti fondamentali dei cittadini. Tuttavia, ricordo che la disapplicazione della norma può giustificarsi solo se l’atto amministrativo non rispetti le leggi. Se poi le leggi che legittimano l’atto amministrativo fossero ritenute non conformi alla Costituzione, non potrebbe applicarsi la disapplicazione, ma il ricorso alla Corte Costituzionale.

La nostra Carta costituzionale ci attribuisce varie libertà (libertà di circolazione, di riunione, di associazione, di fede religiosa) che non possono essere compresse se non nelle ipotesi previste dalla stessa Costituzione (motivi di salute pubblica o di ordine pubblico). Infatti, gli articoli 16 e seguenti prevedono che il Parlamento, organo sovrano, può limitare le predette libertà per ragioni sanitarie e di ordine pubblico. In tali casi il Governo, che agisce sotto la propria responsabilità, provvede con decreti legge da emanarsi per ragioni straordinarie di necessità e urgenza e da convertire in legge entro sessanta giorni (art. 77). Con la conversione in legge il Parlamento convalida il giudizio del Governo sia sotto l’aspetto formale sia sotto l’aspetto sostanziale e lo esonera dalle sue responsabilità.  In proposito è bene ricordare che “la mia libertà finisce dove inizia la tua”, principio efficacemente sintetizzato dal nostro Mattarella che, in occasione della cerimonia del Ventaglio, ha precisato “Libertà non è il diritto di fare ammalare gli altri”. Ora, poiché il virus circola con la circolazione delle persone, l’intervento del Governo con l’emanazione di norme volte a limitarla si inserisce nell’esigenza precauzionale della tutela della salute. L’azione del Governo si è svolta e si svolge in relazione alla dimensione spaziale e temporale assunta dalla pandemia.

Un altro aspetto controverso di cui parla la sentenza in esame è quello della tutela della libertà personale e domiciliare la cui limitazione può essere disposta solo dal giudice: la disposizione che stabilisce “un divieto generale ed assoluto, di spostamento dalla propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni” configurerebbe un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare che potrebbe essere disposta solo dal giudice penale (artt. 13 e 14 Costituzione).  Una vera e propria confusione concettuale! Le norme della Costituzione che la sentenza ritiene violate si riferiscono, come è evidente, a comportamenti strettamente personali e non alla pandemia che richiede limitazioni generali, che valgano per tutti.

Dunque, la Costituzione contiene norme che conferiscono al Governo, potere esecutivo, di emanare decreti aventi forza di legge con l’obbligo ovviamente della loro conversione in legge attraverso il voto del Parlamento. Piuttosto, a me pare che il giudice di pace si sia arrogato poteri politici che esulano dalle sue competenze determinando una invasione di campo che possono nuocere all’immagine dell’istituzione giudiziaria. Il Governo è obbligato a intervenire ogni volta che sia messa in pericolo la sicurezza e l’incolumità delle persone. Ed è proprio in simili congiunture che si rivela la statura politica del Presidente del Consiglio e di tutti i Ministri che compongono il Governo. Ma anche delle forze politiche di opposizione che, nello specifico, avrebbero potuto manifestare un profilo pubblico che è proprio di coloro che hanno a cuore l’interesse generale. Cosa che non è avvenuto perché i leader dell’opposizione, sia esterna sia interna alla coalizione di maggioranza, hanno mostrato tutti i loro limiti e una miopia che consente di guardare solo a interessi di bottega.

Per concludere, il giudice deve sforzarsi di interpretare le norme a prescindere dalla sua visione politica e dalla emotività del momento determinata per il diffondersi del virus. Tanto in virtù del principio del libero convincimento che impone al magistrato di liberarsi da ogni condizionamento sia storico sia culturale. Perché rendere giustizia è un compito immane che richiede saggezza oltre che cultura giuridica.

Raffaele Vairo

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