La legge italiana la vieta ma la giurisprudenza aggira la normativa

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La Maternità surrogata spacca il movimento femminista: sempre più chi la vorrebbe abolita dal congresso delle famiglie Steadfast Onlus: si mercifica la donna e non si rendono liberi i figli 

Al congresso mondiale delle famiglie di Verona c’è spazio anche per un tema delicato e ancor troppo sottaciuto, quello della maternità surrogata, che prevede la gestazione nel corpo di una donna di un embrione creato in vitro e la cessione del bambino ai genitori intenzionali o committenti.

“Al contrario di quanto vogliano farci credere – ha spiegato Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast Onlus – il movimento femminista sul tema è spaccato. Non è vero che tutte le donne ritengano questa pratica una forma di libertà. Al contrario si stanno stagliando due fronti principali: per le femministe di ispirazione gender-costruttivista la maternità surrogata permette di liberare l’essere umano dal suo destino biologico insito nelle caratteristiche dell’identità sessuale, in quanto rende possibile la maternità senza la gravidanza e la genitorialità biologica maschile e femminile senza l’atto sessuale; per le femministe vicine alla filosofia della differenza e all’ecofemminismo, questa libertà espropria la donna delle sue specificità, cioè della potenzialità materna intrinseca alla gravidanza e al parto, e riduce la donna a mezzo di riproduzione in un sistema di mercato regolato da logiche maschili. Se per le prime la maternità surrogata andrebbe permessa e semmai regolamentata per mitigare i soprusi, per le seconde andrebbe abolita a livello universale”.

La posizione di Steadfast sul tema è chiara: “In Italia fortunatamente la maternità surrogata è ancora vietata ma occorre vigilare perché la normativa non venga aggirata dalla giurisprudenza. Occorre ancora di più fare corretta informazione perché le donne desiderose di maternità non si lascino confondere da una pratica barbara. Utilizzare una donna come incubatrice per nove mesi, vuole dire possedere il suo corpo, mercificarla. Senza dimenticare che molto spesso le madri surrogate sono donne povere, provenienti dai paesi di quello che ancora oggi rappresenta il cosiddetto terzo mondo. Nuove schiave, che spesso finiscono nelle maglie delle criminalità organizzate che le rendono vere e proprie fabbriche di figli”.

Volendo rintracciare una data clou in cui il femminismo italiano ha preso pubblicamente posizione contro la Maternità surrogata questa può essere il 5 dicembre 2015 quando il gruppo “Se non ora quando-Libere” lancia un appello per chiedere all’Europa la messa al bando della pratica. Come si evince da queste frasi estrapolate dall’appello, fin da quel momento il problema è stato incorniciato con il tema della libertà: «la maternità surrogata non è un atto di libertà»;

«non possiamo permettere che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato».

Per Emmanuele Di Leo occorre pensare soprattutto alle conseguenze di questa pratica: “non si tratta solo di rendere libere donne ormai tornate schiave, ma di pensare anche ai figli nati da questa pratica. Neonati staccati pochi secondi dopo il parto da quella donna che li ha tenuti in grembo e alimentati per mesi, molto spesso figli di un patrimonio genetico che non corrisponde a quello dei genitori e quindi potenzialmente fratelli di centinaia di altri bambini sparsi per il mondo. Una pratica egoistica e pericolosa dalle conseguenze disastrose.”

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