La mappa delle Ong in Afghanistan: profughi, aiuti e anni di lavoro

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Sono moltissime le organizzazioni non governative attive nel Paese, alcune fino dagli anni ’70. C’è chi si occupa degli sfollati, chi della sanità, mentre diverse hanno come focus la popolazione femminile 

© Afp – L’ex ministro della Sanità in visita all’ospedale di Msf in Afghanistan

AGI – In Afghanistan il ritorno al potere dei talebani rischia porre fine ad anni di duro lavoro portato avanti da decine di organizzazioni non governative italiane e di altri Paesi attive nel settore della cooperazione allo sviluppo, oltre a mettere in pericolo gli operatori umanitari e sanitari, sia quelli stranieri ancora presenti sia i collaboratori locali.

Una presenza costante da 10-20 anni quella di molte Ong, ora ancora più cruciale dato l’aumento esponenziale e molto rapido degli sfollati interni: sono già 2,9 milioni secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), oltre 5 milioni per l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

L’Oim prevede altri 359 mila nuovi sfollati nel 2021 e nell’ultimo mese ha registrato 75 mila minori costretti ad abbandonare le loro case. A questi dati già drammatici si aggiunge quello di 5 milioni di afghani al limite della sopravvivenza, per non parlare dei 14 milioni a rischio fame, secondo il Programma alimentare mondiale (Pam/WFP), per i quali aiuti alimentari saranno vitali nei prossimi mesi, in particolare per 2 milioni di bambini malnutriti.  

Nei giorni scorsi, le Ong hanno chiesto aiuto ai governi occidentali per poter procedere all’evacuazione – laddove necessaria o richiesta – del proprio personale, sia straniero che locale, oltre a quella dei civili minacciati dal nuovo potere, attraverso i ponti aerei organizzati da diversi Paesi. Inoltre hanno auspicato maggiore sostegno e donazioni per poter continuare a portare avanti i propri progetti in terra afghana, rimanendo accanto a una popolazione che rischia altrimenti di essere abbandonata a se stessa.  

La presenza di Ong italiane, ma non solo, è variegata sia a livello del settore di intervento che geografico. Ecco una mappa delle principali Ong – laiche e non – operative in Afghanistan, accanto, tra l’altro, alla Cooperazione del governo italiano.

Ong laiche italiane

– Cisda – Il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane è una onlus con varie sedi in Italia (tra cui Milano e Roma) attiva nella promozione di progetti di solidarietà a favore delle donne afghane sin dal 1999. Il nucleo iniziale è stato costituito da un gruppo di “Donne in Nero” che ha invitato le donne afghane di due associazioni (RAWA e HAWCA) all’Onu dei Popoli di Perugia. I membri del Cisda sono in costante contatto con le donne nel Paese asiatico riconquistato dai talebani, conosciute e affiancate nelle battaglie per i diritti durante la lunga permanenza dell’associazione nel Paese asiatico.  

– Emergency – L’associazione fondata dal defunto Gino Strada ha cominciato a lavorare in Afghanistan nel 1999 e da allora ha curato 7,5 milioni di persone. A Lashkar-Gah, nel Sud, ha sede l’ospedale. In un Paese di poco più di 30 milioni di abitanti, una persona su 6 ha ricevuto il suo aiuto, offrendo assistenza, cure gratuite e di qualità alle vittime del conflitto che dura da 40 anni. Nel Paese asiatico la guerra ha causato un milione e mezzo di morti, centinaia di migliaia di feriti e mutilati, oltre quattro milioni di profughi.  

– Emergenza Sorrisi – A tanti bambini e alle loro famiglie, da 12 anni Emergenza Sorrisi ha dato la speranza di un futuro normale grazie ad interventi chirurgici di correzione del labbro leporino e palatoschisi e deformità del volto. Interventi realizzati nel corso di diverse missioni, resi possibili soprattutto dal personale locale, in particolare il referente afghano, il dottor Olfat Hashimi. Grazie a 375 medici e infermieri volontari, la Onlus con sede a Roma, presieduta da Fabio Massimo Abenavoli, ha ridato il sorriso ai bambini afghani affetti da tale deformazione.

 Intersos – L’organizzazione umanitaria accompagna la popolazione nel Sud del Paese dal 2001, in modo particolare nelle province di Kandahar e Zabul. Al momento ha progetti operativi a sostegno di diversi centri di salute primaria presenti nei distretti di Spin Boldak, Maywand, Shawalikot, Shahjoy, all’ospedale di Qalat e al centro di salute di Kharwaryan nella provincia di Zabul. L’intervento di Intersos all’interno delle strutture sanitarie è supportato dall’attività delle cliniche mobili impegnate nelle aree più remote. Particolarmente significativa, in questa fase, è l’attività medica di prima emergenza garantita dal Trauma Center di Kandahar. “I cittadini che rimarranno in Afghanistan sono la stragrande maggioranza e non possono essere dimenticatati, soprattutto adesso che i bisogni aumenteranno” ha detto Matteo Brunelli, vice direttore Regione Afghanistan di Intersos.  

– Nove Onlus – Fondata a Roma da tre ex cooperanti internazionali (Susanna Fioretti, Arianna Briganti e Elena Noacco), dal 2012 si occupa di Afghanistan e delle sue donne, dei bambini e delle persone con disabilità, oltre all’imprenditoria femminile con il progetto Women In Business Hub e corsi gratuiti di alfabetizzazione, inglese avanzato, informatica e scuola guida. Molti dei progetti sono incentrati sull’emancipazione femminile.

– Medici senza frontiere (MSF) – E’ una delle associazioni più note per il sostegno sanitario dei Paesi in guerra e colpiti da crisi umanitarie (è in 88 nazioni nel mondo). In Afghanistan ha aperto due poli a Boost, per la medicina d’emergenza, e a Khost, nell’area orientale del Paese, un ospedale di medicina neonatale e materna. Opera anche a Herat, Kandahar, Kunduz e Lashkar Gah, con strutture nelle quali vengono accolti bambini, donne e uomini che necessitano di cure immediate.

 Pangea Onlus – Dal 2003 la fondazione milanese, che ha una sede a Kabul gestita da una ventina di afghane, è attiva nel Paese con progetti in difesa dei diritti umani delle donne, microcredito ed empowerment per la loro indipendenza sociale. Il primo progetto avviato a Kabul si chiama Jamila: da 18 anni consente alle donne di frequentare corsi, ricevere assistenza e accedere al programma di microcredito per avviare o incrementare attività lavorative. Nel tempo l’offerta di Fondazione Pangea si è ampliata, con nell’agosto 2017 la creazione di una Scuola per parrucchiere e la collaborazione con la scuola per sordi in un quartiere periferico di Kabul, Arzan Quemat, nata nel 2004 da un gruppo di giovani donne e uomini sordi e gestita dall’Associazione Nazionale di sordi (ANAD). Insieme Pangea e ANAD hanno creato un nuovo percorso di sviluppo e dato vita a nuove prospettive, come ad esempio far giocare le ragazze a calcio.    

Associazioni e istituzioni cattoliche

– Dal 2002, un piccolissimo gruppo di sacerdoti e religiose sono presenti in Afghanistan, come operatori umanitari. A Kabul ci sono le Missionarie della Carità, le suore di Madre Teresa: quattro di loro si trovano tuttora nel Paese. Bloccati nel Paese anche due gesuiti indiani, responsabili delle attività del Jesuit Refugee Service (JRS), attivo in ambito educativo con scuole in ben quattro diverse province. L’unico sacerdote cattolico in Afghanistan, responsabile della piccolissima comunità, è il padre barnabita Giovanni Scalese, 66 anni, romano, stabilito nel Paese dal 2014. Si prende cura di una scuola fondata da un altro missionario a Tangi Kalay, sopra Kabul. La Scuola di pace, dal futuro ora incerto, ospita 2.500 bambini dalle elementari fino al liceo, maschi e femmine.

– Pbk – Pro bambini di Kabul, è un’associazione fondata dal guanelliano don Giancarlo Pravettoni, raccogliendo un appello lanciato da Giovanni Paolo II. Grazie a una rete di congregazioni religiose maschili e femminili, a Kabul, 15 anni fa, è nata una scuola per bambini con disabilità psichica, il cui destina appare ora sospeso.

Cooperazione italiana

E’ presente in Afghanistan da oltre un decennio. Inizialmente ha focalizzato l’attenzione sugli aiuti umanitari e il settore emergenziale nel suo complesso, attraverso l’operato di numerose Ong attive sul territorio che hanno distribuito migliaia di kit di vestiario e alimentari. Successivamente sono stati eseguiti numerosi interventi infrastrutturali, che hanno permesso a migliaia di villaggi di uscire dall’isolamento e sviluppare un’agricoltura che andasse al di là della semplice sussistenza, facilitando la commercializzazione dei prodotti, facendo crescere l’economia locale.

Nel settore sanitario ha contribuito alla distribuzione di medicinali, creazione di strutture sanitarie di base anche in aree remote, per permettere a migliaia di persone di poter usufruire di servizi minimi di assistenza. Successivamente, agli interventi di emergenza sono stati affiancati quelli legati allo sviluppo, concentrando gli interventi, a partire dal 2008, nella regione Ovest del Paese, ovvero nelle province di Herat, Farah, Badghis e Ghor. Con iniziative bilaterali e multilaterali, l’Italia ha incentrato il suo contributo in due settori chiave tra loro legati: quello infrastrutturale e quello dell’agricoltura e dello sviluppo rurale.

I vari interventi finanziati hanno permesso la costruzione di centinaia di chilometri di vie di collegamento tra aree abitate da oltre un milione di persone, oltre alla realizzazione di centinaia di progetti nelle comunità, quali distribuzione di sementi, cooperative di agricoltori, realizzazione di centinaia di pozzi, centri sociali, scuole, ponti, di microcentraline idroelettriche. Dal 2001 in tutto sono state approvate iniziative per oltre 800 milioni di euro – tra dono e credito di aiuto – per programmi di cooperazione allo sviluppo, rispettando l’impegno a canalizzare almeno il 50% dei fondi sul bilancio e i programmi nazionali afghani.

Ong locali e straniere

Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), con sede a Ginevra, lavora da 25 anni in Afghanistan, una delle sue più estese operazioni nel mondo e continua ad essere impegnato nel portare aiuto alle fasce più vulnerabili della popolazione afghana. “Continueremo il nostro lavoro esclusivamente umanitario, restando indipendenti da tutte le iniziative politiche e diplomatiche e impegnandoci con tutte le nostre forze affinché le persone ricevano l’assistenza di cui hanno disperatamente bisogno”, ha assicurato Jacques de Maio, capo delle operazioni Cicr in Asia meridionale. 

Alberto Cairo, piemontese di Ceva, fisioterapista, è da 32 anni a Kabul per conto del Comitato internazionale della Croce Rossa. Ha creato e dirige i centri ortopedici di Kabul, Mazar-i Sharif, Herat, Jalalabad, Gulbahar, Faizabad e Lashkar Gah che impiegano 250 disabili e hanno curato oltre 80mila pazienti.  

– Con sede negli Usa, in Canada e in Gran Bretagna, l’organizzazione Islamic Relief ha iniziato ad operare in Afghanistan nel 1992 in risposta alla guerra allora in atto. Interviene in diversi settori, dalla distribuzione di pacchi cibo – in collaborazione col Programma Alimentare Mondiale – al settore idrico e igienico, a quello dell’istruzione e al supporto degli orfani, come pure con i programmi di Ramadan e la distribuzione di carne nel periodo della Festa del Sacrificio. Offre l’assistenza primaria ai rifugiati, in particolare nei duri e freddi mesi invernali; permette l’accesso dei cittadini a corsi di formazione e programmi di sostentamento, con un’attenzione particolare alle donne, fornendole ad esempio macchine da cucito per avviare un’attività economica nelle loro abitazioni. Inoltre presta assistenza sanitaria alle famiglie con problemi di dipendenza da droghe e a quanti sono affetti da malattie gravi oltre a vaccinare.

 Learn Afghana – Fondata da locali in Afghanistan, è una no-profit votata interamente all’istruzione e alla formazione delle bambine, ragazze e donne afghane (finora 7000 persone). Sostiene anche progetti di alfabetizzazione digitale con borse di studio, educazione sessuale, igiene mestruale e avviamento alla maternità. 

– Il COFA è il collettivo delle Ong francesi in Afghanistan che operano nei settori della solidarietà, dello sviluppo, dell’alimentazione, della salute, dell’istruzione e della giustizia. Ne fanno parte, tra l’altro l’Ong Action contre la Faim (ACF) – che al momento ha interrotto le attività per due settimane – Action droits de l’Homme, Afghanistan Libre, Afrane, Première Urgence-Aide Médicale Internationale. 

– European network of NGOs in Afghanistan (Enna), con sede a Stoccolma, è una rete informale di Ong che sostengono le popolazioni, migliorando l’assistenza umanitaria e le politiche di sviluppo, contribuendo a mantenere l’Afghanistan in cima all’agenda politica internazionale.  

– L’International Rescue Committee (Irc) è operativo in Afghanistan dal 1988, con programmi attivi in 8 province, che hanno già raggiunto milioni di civili, oltre a fornire sostegno agli afghani rifugiati nei Paesi vicini o insediati negli Stati Uniti. L’Irc impiega al 99% personale locale.  

– Save The Children lavora in Afghanistan dal 1976, fornendo servizi salvavita ai bambini e alle loro famiglie in tutto il Paese. Il lavoro include la fornitura di servizi sanitari, educativi, di protezione dell’infanzia, nutrizione e mezzi di sussistenza, raggiungendo oltre 1,6 milioni di persone in Afghanistan solo nel 2020  

– Women for Women International ha sospeso le sue attività e messo il suo personale in sicurezza, che tuttavia non intende porre fine alla sua missione. “Negli ultimi decenni, abbiamo raggiunto oltre 120 mila donne in Afghanistan e speriamo di aumentare i servizi per gli sfollati e per coloro che hanno più bisogno di noi ora” ha twittato l’Ong che ha lanciato una campagna di donazione sul suo sito.

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