La risorsa di rifiuto. L’Europa ogni anno è alle prese con i suoi due miliardi di tonnellate di rifiuti

Economia & Finanza

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Di Roberto De Giorgi 

Se dovessimo immaginare un volume totale, considerato che un metro cubo, non pressato, pesa mediamente circa 30 kg, dovremmo avere circa 62 miliardi di metri cubi che potrebbero sostituire intere catene montuose. Una premessa per capire come questa cifra, in continuo aumento, ponga seri problemi di stoccaggio, è insoddisfacente e insostenibile il tema legato alla loro distruzione, a causa di emissioni prodotte e residui altamente concentrati e inquinanti. Per tale ragione in Europa da tempo si punta a soluzioni ecologicamente ed economicamente sostenibili, legate al recupero di materia e riciclaggio delle varie componenti dei prodotti.

Proprio in presenza delle nuove direttive del Governo Draghi che puntano alla transizione ecologica, ripropongo un mio articolo di qualche tempo fa e sempre attuale.

Partendo dall’assunto iniziale, vale a dire la quantità, e cercando di approfondire il discorso sul concetto di risorsa, che è nel titolo dell’articolo, la prima che viene in mente è l’energia. In un mondo che soffre terribilmente sul tema energetico legato alle fonti fossili come il petrolio, una risorsa inesauribile come la materia organica, individua un percorso – in una ipotesi futura –  che ci porta a trattare in Europa 600 milioni di tonnellate di materia organica per produrre biogas oltreché compost di qualità che alimenta il terreno agricolo e chiude il ciclo con la natura. Parlando di biogas, circa 20 milia tonnellate di materia organica possono alimentare di biogas una colonnina di rifornimento per trasporto stradale per un anno. Immaginate quello che potrebbe accadere nel mondo affrancandosi dal petrolio, con 30 mila distributori di biogas sparsi in Europa. Secondo le stime, il potenziale globale dei rifiuti organici biodegradabili raccolti in maniera differenziata è pari a 150 kg per abitante l’anno. Attualmente invece, solo il 30% di questo potenziale è utilizzato. 

Procedendo per gradi, una delle pratiche introdotte in Europa è il riutilizzo. E questa persino come seconda priorità nella gerarchia della corretta gestione dei rifiuti. Qui si apre tutto un discorso che non è legato al rifiuto bensì al “non rifiuto”, vale a dire a tutti quegli oggetti che possono passare dal baratto per finire ai grandi magazzini dei manufatti per edilizia e ristrutturazioni. Ed è un settore completamente trascurato dalle gestioni private e pubbliche della raccolta urbana.

La risorsa è legata alle frazioni riciclabili che rappresentano la cosiddetta frazione leggera, magari la più vistosa e colorata che sono carta, plastica e lattine. Indubbiamente qui c’è tutta una storia difficile da sintetizzare in un articolo. Ma basti pensare alle storie individuali di famiglie europee, italiane che da straccivendoli sono diventati industriali. Perché è proprio il punto di vista cambiato da tempo. Si sa che si consuma meno energia riciclando la carta, ma sulla plastica sono pochi a sapere, tranne i cinesi, che è una risorsa incredibile che affranca dal petrolio e consente alla chimica nuovi percorsi come la bioplastica. La domanda mondiale di PET aumenterà di 1 milione di t, con il 45% della crescita totale proveniente dalla Cina. Opportunamente suddiviso per polimeri differenti, triturato, lavato e granulato, un polietilene a bassa intensità può essere venduto a 1240 dollari alla tonnellata. Già dall’oriente arriva il termine golden plastic e si capisce perché.

I metalli sono sempre riciclabili. E’ risaputo che l’alluminio che fonde a temperature più basse e facilmente gestibili, la sua gestione si contorna di scenari urbani clandestini dove viene trasformato in lingotti e venduti anche a 1500 euro a tonnellata. Sui flussi di materiali si potrebbe parlare del rame –  oro rosso – che viene sottratto da malavitosi alla linee di illuminazioni e il Grande Raccordo Anulare di Roma è al buio. Ma andremmo fuori tema non certo nel parlare, invece, di un cambiamento epocale, finora annunciato in Europa, è cioè considerare i flussi di materiali e non più gli imballaggi. La scelta di privilegiare gli imballaggi è servita al lancio della raccolta differenziata finanziata dalle tasse che pagano i produttori di imballaggi. Ma oggi occorre un salto di qualità, per risolvere le montagne di rifiuti che incombono e pensare alla materia in sé, come definizione di un percorso di raccolta.  Proprio per creare una industria della materia seconda. Come il laterizio e il cemento dei rifiuti edili.

Ma la risorsa è soprattutto luminosa nei rifiuti Hi tek, quelli della nuova generazione, per nulla avvezzi ad esequie tra i rifiuti in discarica, l’Europa non lo vuole, ma piuttosto legati al recupero dei metalli preziosi. Ogni anno si producono nel mondo dai 20 ai 50 milioni di tonnellate di rifiuti hi‐tech che contengono 320 tonnellate d’oro e 7.200 d’argento per un valore di oltre 15 miliardi di euro: solo il 15% di questo “tesoro” viene recuperato (fonte ONU) Il loro recupero è tecnicamente semplice a partire dalle schede del PC.

Di fronte a questo futuro come si muove l’Europa? Ancora a combattere con le discariche? Non tutte le nazioni. La Germania versa solo 0,5%   rispetto alla Romania che versa il 99% circa. Oltre alla Germania, anche la Svezia, il Belgio, i Paesi Bassi, la Danimarca e l’Austria fanno registrare percentuali molto basse (fino al 3% circa), per la Svizzera è un ricordo lontano. In sostanza una parte dell’Europa fa scomparire le discariche mentre, all’estremo opposto, Grecia, Lettonia, Croazia e Malta, smaltiscono in discarica una percentuale di rifiuti urbani compresa tra l’82 e l’87% circa.

La nostra trattazione, nel parlare della risorsa insita nei rifiuti, sarebbe monca se non parlassimo delle regole industriali per produrre meno scorie e quindi meno rifiuti speciali. Quando il rifiuto si specializza interviene la mafia. In Italia, Campania, il libro e il film “Gomorra” è anche storia di rifiuti speciali. Per una valutazione di quanto grande sia il problema prendete il rifiuto della città e moltiplicatelo per due. Con una differenza sostanziale, il primo, quello urbano è stanziale, il secondo ama il turismo.  Se una cattiva progettazione industriale porta ad immettere sul mercato oggetti non recuperabili, la stessa industria è avviluppata nel problema delle proprie scorie. Ed è un problema planetario. Nel film “Gomorra” si vede il viaggio di un container di finti aiuti umanitari che viaggia dagli Stati Uniti fino in Campania. L’affare del secolo sta proprio qui.

La tragedia napoletana ed il fitto intreccio camorristico, vennero alla luce nel 1991 quando un autista si recò all’ospedale Cardarelli di Napoli, lamentando un certo bruciore agli occhi. Alla fine era diventato completamente cieco. Confessò d’aver trasportato con il suo camion, qualche giorno prima, 571 fusti prelevati da un’azienda specializzata nello smaltimento di rifiuti tossici della provincia di Cuneo. e che doveva sotterrare quei bidoni in una discarica abusiva tra Qualiano e Villaricca, in località Torretta Scalzapecora. Al momento di scaricare i fusti dal cassone, uno si ruppe facendo fuoriuscire esalazioni che colpirono in pieno il suo volto. 500 milioni di tonnellate di materiali pericolosi prodotti ogni anno nel mondo. Di questi il 10% varcherebbe i confini internazionali, 132 mld di euro il giro d’affari legato al traffico illegale dei rifiuti, e dai due ai quattro milioni di tonnellate sono le sostanze pericolose trasportate verso il Sud ed Oriente del mondo. Cifre da capogiro. E’ chiaro che il male del mondo si concentri su questo settore.

 Parafrasando il libro di un giornalista italiano Travaglio “se li conosci, li eviti”, potremmo dire al contrario se li conosci li gestisci. Cosa sono i rifiuti speciali? La legge elenca tutto quel «casino» che abbiamo descritto nelle tre righe di un comma: “I rifiuti speciali sono quelli derivanti da: attività agricole – attività di costruzione, demolizione e scavo – lavorazioni industriali, artigianali, commercianti – attività di servizio, di recupero e smaltimento rifiuti – attività sanitarie – macchinari obsoleti e veicoli a motore dismessi.

Orbene i rifiuti agricoli (0,3%) sono una dannazione per il contadino sono speciali: anche un flacone di plastica di fertilizzante lavato e pulito, o la rete del recinto, o la striscia di polietilene sulle fragole (pacciamatura) o il tendone dell’uva da tavola. La soluzione è semplice creare nell’agro un centro di raccolta pubblico o privato che a basso costo convinca i contadini a consegnare i rifiuti in modo da essere recuperati e smaltiti correttamente.

Per le attività di demolizione (inerti 46%) diverse regioni europee hanno adottato la demolizione selettiva, vale a dire un pezzo alla volta: prima gli infissi, poi i mattoni e così via. Ci sono tecnologie adeguate per macinare tutto e recuperare materia seconda, calcestruzzo e cemento utile per il riciclo. E fosse solo per questo, avremmo risolto quasi il 50% del problema dei rifiuti speciali. Tralasciamo per economia di spazio editoriale I rifiuti delle attività di servizio (15%) I macchinari obsoleti e veicoli a motore hanno un circuito di raccolta datato nel tempo ed ora gestito con le nuove regole del riciclo e demolizione. Quelli sanitari sono circuitati all’interno delle strutture attraverso diverse aziende di smaltimento. Restano i rifiuti dell’industria manifatturiera in genere e qui casca l’asino. Sono solo, si fa per dire, il 28% di tutti rifiuti speciali.  Perché è quello più subdolo e fuori da ogni controllo. Resta appesa al chiodo la tracciabilità di un sistema Sistri mai partita nonostante leggi, norme, creazioni di una rete, corsi di formazione, ecc.  Perché l’approccio del sistema industriale alle tematiche ambientali è, in Europa ancora di tipo volontaristico, legato alle buone prassi. Insomma se ne hai voglia ti certifichi. Anche se il mercato in qualche modo preme in questa direzione di qualità. E i cittadini sono delusi dalle fabbriche di veleni. 

Concludendo questa trattazione si potrebbe dire che siamo di fronte ad uno dei grandi dilemmi dell’umanità, come riuscire ad eliminare il tema delle proprie scorie, riuscendo a trarne vantaggio. In un mondo che ogni giorno mostra in evidenza la sua crisi strutturale, una delle quali è proprio rappresentato dalla finitezza delle risorse, riuscire a trarre profitto dall’inesauribile miniera urbana è la vera scommessa del presente e del futuro. 

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