La scelta di Mario “whatever it takes” Draghi: essere Ciampi o l’Uomo del Cambiamento

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Il pallino e’ in mano ai partiti, devono decidere se hanno un progetto migliore e persone capaci d’attuarlo.

In base all’interpretazione alla lettera della Costituzione, il Capo dello Stato, in quanto rappresentante di tutti gli italiani, svolge funzioni fondamentali ma non ha poteri tali da influenzare direttamente la politica. La fonte e la legittimazione dei poteri risiede in Parlamento. Quindi se il Presidente e’ Tizio, Caio, Sempronio o un robot, non dovrebbe cambiare la situazione politica.

Come si spiega allora l’eccitazione e la fibrillazione del mondo politico a poche settimane dal voto per l’elezione del Presidente della Repubblica?

La spiegazione e’ semplice: questa elezione, come altre quali quelle politiche o anche amministrative, e’ un evento che determina nuovi  “equilibri politici” che tradotto significa una nuova maggioranza di governo. Quindi la giostra si ferma. Chi e’ a cavallo nel carosello del potere scende per far posto a esponenti della nuova maggioranza. La nostra classe politica opera secondo i principi della economia circolare in base alla quale gli scarti (candidati trombati) non esistono piu’, devono essere riutilizzati, i materiali riciclabili (i politici) sono rinnovabili come le cariche pubbliche. Ogni cambio di governo determina a cascata migliaia di spostamenti e rinnovi di incarichi pubblici. E’ ovvio che questo carosello, andirivieni di governi, indipendentemente da chi lo compone, e’ fonte di instabilita’ che ne compromette la sua azione.

Negli ultimi venti anni abbiamo avuto 4 presidenti USA, 3 cancellieri tedeschi, 5 primi ministri britannici, 4 presidenti francesi e 12 governi italiani.

Questa instabilita’ condiziona qualsiasi presidente del consiglio perche’ le sue priorita’ diventano il consolidamento della sua posizione personale e quello della coalizione a scapito dell’interesse generale del Paese.

La sfiducia, lo scetticismo degli italiani verso la politica e’ dimostrato dal fatto che il primo partito e’ quello degli astensionisti. Solo degli illusi come Renzi e Conte con il loro smisurato ego, credono che i loro rispettivi governi siano stati la cosa migliore capitata all’Italia dopo l’invenzione della pasta.

Questa nostra condizione politica se in tempi normali ci consente di sopravvivere, seppure male, visto che la nostra economia non cresce da vent’anni, nella situazione attuale e’ inaccettabile. La pandemia con le sue conseguenze sociali ed economiche, l’inflazione crescente con conseguente aumento dei tassi d’interesse, le quotazioni del gas aumentato del 400%, la fine del quantitative easing da parte della BCE, la transizione ecologica, l’attuazione del PNRR sono fattori in una crisi eccezionale che richiede un’altrettanta eccezionale risposta politica: un governo di unita’ nazionale. Tanto piu’ che l’UE, adottando una politica del bastone e della carota, ci concedera’ i finanziamenti solo in caso di attuazione di quelle riforme che ci hanno inutilmente richiesto per decenni. Cio’ vuol dire, per esempio, eliminare gli show mediatici di procuratori e polizia in occasione di arresti che privilegiano il loro carrierismo rispetto al diritto della presunzione d’innocenza. Oppure liberalizzare l’offerta di alcuni servizi da parte dei professionisti, delle spiagge in concessione, velocizzare la P.A. ecc.

I partiti storicamente sono “sensibili” in misura diversa alle richieste delle varie categorie sociali ed economiche o ai problemi della Giustizia. Questo pacchetto di riforme cosi’ fondamentale puo’ essere realizzato solo da una larghissima coalizione di governo dove tutte le componenti sono disposte a rinunce e compromessi, senza veti.

E’ scontato che a capo di questa coalizione di governo ci debba essere Mario Draghi, che oltre alle sue indubbie capacita’, unisce una peculiarita’: non e’ schierato politicamente. Non si sa se grandi leaders si nasce o si diventa, ma per esserlo occorre che ci sia l’occasione per dimostrarlo. Churchill aveva avuto una carriera militare e politica normale prima della II Guerra mondiale.

Nella sua ultima conferenza stampa, Draghi ha detto di essere a disposizione delle forze politiche e non puo’ decidere del suo destino, ma, probabilmente se potesse farlo, continuerebbe ad essere il Presidente del Consiglio. Un personaggio come lui accetta le grandi sfide e non abbandona il lavoro a meta’ ed e’ abituato ad essere un attore protagonista e non una comparsa seppure glorificata. La missione di Draghi e’ quella di fare diventare l’Italia un Paese istituzionalmente europeista.

Il pallino e’ in mano ai partiti, devono decidere se hanno un progetto migliore e persone capaci d’attuarlo. Questa volta, pero’, gli italiani hanno un metro di giudizio (Draghi) per valutare un nuovo governo.

Italo Bivio 

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