La violenza ‘la tolleranza degli intolleranti’

Femminicidi & Violenza

Di

di Romina G. Bottino

Era il 17 dicembre 1999 quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 54/134 istituì la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, fissandola al 25 novembre,  per ricordare e sensibilizzare l’opinione pubblica su un drammatico problema sociale che non conosce confini di Stati né differenze culturali. 

Ma dal 1999 ad oggi la situazione non è decisamente migliorata, anzi le statistiche ci dicono che sono diminuiti gli omicidi maschili, ma quelli femminili sono aumentati. 

I numeri forniti dal Ministero dell’Interno ci dicono che delle 111 donne uccise nel nostro paese nel 2019 il 49,5% è stato ammazzato dal compagno, l’11,7% dall’ex compagno, il 22,5 % da un  familiare (inclusi i figli e i genitori), nel 4,5 dei casi da una persona conosciuta (amici, colleghi, ecc.)

Rispetto al contesto europeo i numeri italiani sono inferiori, ma superiori rispetto a Paesi Bassi, Polonia, Irlanda e Croazia.

Ma dai dati Istat emerge un quadro raccapricciante: il 31,5 delle 16-70enni ha subito nel corso della propria vita violenze fisiche o sessuali, senza contare le violenze psicologiche o morali.

Sorge spontanea una riflessione: le nostre mamme e nonne erano trattate meglio dai rispettivi mariti? Sicuramente no, ma gli uomini violenti di allora forse avevano il senso del limite e più raramente  arrivavano ad uccidere la madre dei loro figli. 

Allora la donna durante il rito matrimoniale doveva giurare obbedienza al futuro sposo.  Qualcuno dirà che le cose erano migliori perché non c’erano tutte le denunce di oggi. 

Ma non c’era neppure una legislazione che tutelava la donna e pochissime donne potevano contare sull’indipendenza economica fornita dal proprio lavoro.

Le violenze accadevano e si taceva per la vergogna, per il senso dell’onore, per non sfasciare la famiglia. La donna doveva essere remissiva per educazione e formazione ed accettare tutto perché “l’uomo era uomo”.

Le figure femminili  affermatisi in  questi ultimi 30-40 anni sono sempre più autonome e determinate ed inevitabilmente vanno spesso a cozzare con un retaggio culturale maschile che stenta ad accettare e a riconoscere come sua pari la propria compagna, soprattutto se la confronta con la propria famiglia d’origine. La donna non accetta più il ruolo di custode del focolare domestico, vuole scegliere, cerca altre immagini di se.

A volte si costruiscono anche immagini artefatte  sui modelli veicolati dalle riviste di moda, dai mass media, dai social, subendo le suggestioni  di un mondo irreale e perdendo di vista la propria personalità e originalità. Sono soprattutto le giovani donne ad emulare comportamenti e stili di vita che poco hanno a che fare con la loro quotidianità. Una buona fetta del mondo femminile ha perso di vista i reali valori del mondo della donna e spesso , per dimostrare sicurezza e parità di genere vanno a scimmiottare i peggiori dei comportamenti  maschili.

Accade cosi che il valore più grande dell’essere donna, la maternità, viene visto come un limite e un limite è anche  essere il punto di riferimento per la famiglia  perché significa addossarsi troppe responsabilità.

In un contesto sociale cosi egocentrico, immaturo e fragile né l’uomo né la donna vogliono più fare la loro parte mediando i rapporti, venendosi incontro, assumendosi le proprie responsabilità verso se stessi e i figli, che sono sempre più sbandati perché invece di avere una guida genitoriale sicura, si trovano a confrontarsi con genitori egoisti e ancora adolescenti.   

Ma  se la famiglia è il nucleo dello Stato, come affermava il grande filosofo tedesco  Heghel,   essa non può che riflettere la società malata di oggi: i suoi egoismi, la sua indifferenza verso l’altro e a volte verso i propri stessi figli, l’attaccamento al denaro e all’apparire a tutti i costi, l’immoralità.

E’ evidente  cosi come la grande crisi di valori civili ed etici imperversi  dalla vita pubblica alla privata.  

Purtroppo oggi non si comprende più quale sia il reale valore della famiglia: ci si sposa in chiesa, si fanno sacri giuramenti  di cui non si conosce la reale portata e dopo pochi mesi si è pronti a rinnegarsi l’un l’altra  e tutto diventa lecito in  nome di una società che si definisce liquida. Come cambiano le cose nel volgere di pochi anni! 

Se qualcuno, non molto tempo fa, ci avesse definito liquidi ci saremmo  profondamente offesi . 

Spesso le associazioni, lungi dall’aiutare coppie in crisi favorendo il dialogo e l’accettazione reciproca, acuiscono le incomprensioni specie là dove vi sono personalità fragili ed influenzabili.

Accade cosi che qualsiasi parola o giudizio espresso nella coppia  si trasforma in atto d’accusa da parte di consulenti pseudo femministe che non sanno più guardare con gli occhi del cuore e capire quando una storia d’amore non è realmente finita, ma con le giuste  cure ed attenzioni  può rinascere a nuova vita.

Dobbiamo imparare nuovamente ad amare e ad amarci, ad essere tolleranti e disponibili verso tutti, a saper ascoltare i bisogni di chi abbiamo vicino…, dobbiamo riscoprire la nostra umanità.

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