L’allarme di Bankitalia:  “Con la guerra rischio recessione nel 2022”

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Nello scenario peggiore il Pil diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale nel 2022 e l’inflazione si avvicinerebbe all’8%. A marzo, evidenzia Via Nazionale, l’inflazione è salita al 7%, proseguendo la netta tendenza al rialzo in atto dalla seconda metà del 2021

© Armando Dadi / Agf
– La sede della Banca d’Italia

AGI – La guerra in Ucraina aumenta l’incertezza, rischia di gelare la ripresa e di far schizzare ulteriormente l’inflazione.

Nel suo bollettino economico la Banca d’Italia stima un calo del Pil dello 0,7% nel primo trimestre e mette in guardia sull’impatto del conflitto in corso tra Mosca e Kiev che, nello scenario peggiore, che presuppone anche un’interruzione dei flussi di gas russo solo in parte compensata da altre fonti, può arrivare a determinare una contrazione di quasi mezzo punto percentuale nel 2022 e nel 2023 con un balzo dell’inflazione all’8 nell’anno in corso.

Nel complesso, avverte Bankitalia, “la guerra acuisce i rischi al ribasso per il ciclo economico mondiale e al rialzo per l’inflazione”.

L’istituto di Via Nazionale stima che nel primo trimestre il Pil sia diminuito dello 0,7% sul periodo precedente, “con un’incertezza quantificabile in mezzo punto percentuale al di sopra e al di sotto della proiezione centrale”.

“Le informazioni congiunturali finora disponibili – spiega il bollettino – segnalano una flessione sia dell’attivita’ manifatturiera sia di quella nei servizi; in quest’ultimo comparto il calo sarebbe connesso soprattutto con l’indebolimento della spesa delle famiglie. Gli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese della manifattura e dei servizi sono scesi rispetto alla fine del 2021, pur rimanendo in marzo su livelli elevati. Le rilevazioni di marzo dei climi di fiducia, le prime successive all’invasione dell’Ucraina, mostrano un marcato peggioramento per le famiglie, soprattutto della componente prospettica, a fronte di una tenuta della fiducia delle imprese”.

Non si arresta la corsa dell’inflazione che nel primo trimestre del 2022, secondo Bankitalia, “in Italia ha raggiunto i livelli più elevati dai primi anni novanta, principalmente sulla spinta degli eccezionali rincari dei beni energetici”.

A marzo, evidenzia Via Nazionale, l’inflazione è salita al 7%, proseguendo la netta tendenza al rialzo in atto dalla seconda metà del 2021.

L’impennata è sostenuta principalmente dall’eccezionale dinamica della componente energetica (53,5%), che riflette i forti rincari dei carburanti e gli elevati prezzi al consumo di gas ed elettricità.

Anche i prezzi dei beni alimentari hanno accelerato, crescendo di oltre il 5 per cento in febbraio (di quasi il 9 per cento per i soli alimentari freschi), per via degli aumenti dei costi lungo l’intera filiera produttiva.

L’inflazione di fondo è salita, pur mantenendosi al di sotto del 2 per cento (1,8 in marzo). In tale contesto si indebolisce la crescita dell’occupazione mentre resta contenuta quella delle retribuzioni.

Nel bollettino economico, l’istituto di Via Nazionale esamina le possibili conseguenze macroeconomiche della guerra in Ucraina in tre scenari – che non possono considerarsi un aggiornamento delle proiezioni per l’Italia – definiti sulla base di ipotesi tra loro alternative sull’andamento dei prezzi delle materie prime, del commercio internazionale, dell’incertezza e della fiducia di consumatori e imprese, nonché delle forniture di gas naturale.

Secondo Bankitalia, circa due quinti delle importazioni di gas russo potrebbero essere compensati da altre fonti entro il 2022. E nel medio periodo sarebbe possibile compensare pienamente le importazioni di gas russo con piu’ cospicui investimenti sulle fonti rinnovabili, oltre che mediante il rafforzamento delle importazioni da altri paesi.

Pertanto, nello scenario più favorevole, che ipotizza una rapida risoluzione del conflitto e un significativo ridimensionamento delle tensioni, la crescita del Pil sarebbe di circa il 3 per cento nel 2022 e nel 2023 mentre l’inflazione si porterebbe, rispettivamente, al 4 e all’1,8 per cento.

Nello scenario intermedio, formulato supponendo una prosecuzione delle ostilità, il Pil aumenterebbe, invece, attorno al 2 per cento in entrambi gli anni e l’inflazione sarebbe pari al 5,6 e al 2,2 per cento. Infine, nello scenario più severo – che presuppone anche un’interruzione dei flussi di gas russo solo in parte compensata da altre fonti – il Pil diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale nel 2022 e nel 2023 e l’inflazione si avvicinerebbe all’8 per cento nel 2022 e scenderebbe al 2,3 l’anno successivo.

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