Le 40 vecchie cave lombarde che potrebbero raccogliere acqua piovana

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Le 40 vecchie cave lombarde che potrebbero raccogliere acqua piovana

La Regione ha individuato le più idonee, adesso dal Pnrr può arrivare una spinta decisiva per questi progetti.

Il meteo di questi mesi ha dimostrato, ancora una volta, l’urgenza di creare bacini per l’accumulo dell’acqua piovana: sia per l’agricoltura, sia per difendere i territori da possibili inondazioni. I prolungati mesi di siccità mettono a dura prova i sistemi irrigui e le violente e brevi piogge che si scatenano sempre più spesso, vedono una dispersione di acqua che non ci si può più permettere.

Cinque anni fa la Lombardia aveva individuato una quarantina di ex cave in grado di raccogliere acqua piovana. Oggi ci sono due progetti in cantiere e una ex cava già in uso. Ma adesso, come spiega all’AGI l’assessore lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi, il Pnrr può essere l’occasione “per dare una bella spinta alla creazione di questi invasi”.

Sulla creazione di bacini di riserva, sottolinea Rolfi, “in Lombardia ci siamo già mossi. Una legge regionale di 5 anni fa incentiva il recupero delle cave dismesse, ovviamente laddove la cava ha le caratteristiche tecniche e dove c’è un riscontrato problema di capacità irrigua”. La Regione ha finanziato “le prime due ex cave da recuperare come bacini”. Sono entrambe nel bresciano: una a Calcinato, ha un costo di 7 milioni di euro e “copre un bacino potenziale di 100 ettari circa”; l’altra è a Castrezzato, il recupero costa 800 mila euro”. I lavori, assicura l’assessore, “partiranno entro la fine dell’anno”.

Poi c’è un’altra ex cava già funzionante a Ponte Ranica, nel bergamasco. “Questi invasi – continua Rolfi – servono non solo all’agricoltura irrigua ma anche a proteggere i territori dalle forti piogge“. C’è un problema però. “Le cave sono tutte in pianure, ma c’è anche il tema della montagna, che ha un rischio idrogeologico alto. Fare un invaso in montagna è più complicato, vanno fatti bacini più piccoli e non si può immaginare di replicare le vecchie dighe”.

Utilizzare parte dei fondi del Pnrr per creare questi bacini è un tema attuale: “Se ne sta parlando, c’è una programmazione che ha a che fare anche con l’acqua. Se funzionasse la messa a terra dei progetti, potrebbe essere una bella spinta alla creazione di invasi”. Infine, per Rolfi, “servirebbe una iniezione di risorse e una volontà politica a livello nazionale per fare un salto di qualità su queste tematiche”.

di Fabio Florindi

AGI – Agenzia Italia

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

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