Le cause della fuga dei medici dai pronto soccorso di Milano

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 Nel capoluogo lombardo dove l’ondata pandemica aveva messo a dura prova le forze fisiche e psichiche del personale sanitario l’organico dei medici nei pronto soccorso ospedalieri è tutt’ora carente
 
 

© Claudia Greco / AGF 
– Ospedale Niguarda di Milano 

La fuga dei medici dal pronto soccorso c’è, è un dato di fatto. A Milano, dove l’ondata pandemica aveva messo a dura prova le forze fisiche e psichiche del personale sanitario, l’organico è tutt’ora carente. 

A raccontare all’AGI le dinamiche interne agli ospedali in prima linea in città, un medico d’urgenza che preferisce l’anonimato.

“La situazione è critica un po’ ovunque” per esempio, “al pronto soccorso del San Carlo sono andati via in 9, e solo 2 sono stati sostituiti” e “in Humanitas ne hanno persi 4 che sono entrati in specialità” ci racconta.

Proprio da una cinquantina di medici del San Carlo, lo ricordiamo, un anno fa partì una lettera-denuncia per la direzione sanitaria, nella quale si lamentavano risorse scarse e personale insufficiente a gestire i casi di covid che allora toccavano il picco. Oggi la situazione, in generale, continua a essere preoccupante.

“C’è una carenza incredibile di medici del pronto soccorso”, tanto che gli ospedali se li contendono. Di solito i turni in ps sono 3: mattino e pomeriggio, di circa 7 ore e 30, e la notte di 12 ore. Due i medici per turno, e durante la giornata qualcun altro che da una mano nella fascia centrale.

“Il che significa che ci si può trovare in due con un collega, a gestire 70 persone” che hanno bisogno di cure.  

Alcuni pronto soccorso (accadeva anche, anni fa, all’istituto ortopedico Gaetano Pini), non hanno il radiologo alla sera, il turno finisce alle 18:30. E bisogna tornare il giorno dopo per il referto. E così via.

Un impegno importante quello richiesto ai medici d’urgenza che non viene ‘considerato’ in busta paga. “Lo stipendio per i dirigenti medici non va oltre i 2.800-3000 euro al mese. Mentre quello dei ‘consulenti medici’ che sono a contratto con la partita Iva, prevede un minimo di 22 euro lordi all’ora”, fino a 33 euro all’ora (dipende dall’ospedale) per un totale di 34 ore alla settimana. Se si sforano?

“Non vengono pagate, il budget è quello e non è previsto straordinario. Lo stesso discorso vale per i dirigenti medici”.

Da dire poi che su quei 22 euro, il medico paga il 15% di tasse e il 17,5% di Enpam, la pensione. Molto meglio va per chi accetta di fare le vaccinazioni, in un’ora si guadagnano 40 euro.
   

 “Con la pandemia sono stati trovati i fiondi e va benissimo ma si dovrebbe pensare e guardare oltre l’emergenza Covid” osserva il medico. 

Se lo stato stanzia poche risorse l’ospedale che è un’azienda deve far quadrare il bilancio. Con il Covid erano stati assunti con contratti Cococo specializzandi agli ultimi anni. Ma queste sono figure temporanee.

A detta della categoria, insomma, “c’è troppa sproporzione tra quello che si fa in pronto soccorso e quello che si guadagna, si ha una responsabilità maggiore rispetto a un ospedaliero di altri reparti, e si è anche ad alto rischio denunce”. 

Ecco perché serve aumentare l’organico. Questo è il primo passo da fare. Se aumenti il personale gestisci meglio i numeri e hai meno rischi di errore. Poi, a seguire, resta da affrontare il discorso economico.

 

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