Le streghe di Triora sui libri di scuola

Arte, Cultura & Società

Di

di Raffaella Asdente

Che a Triora tra il 1587 e il 1589 si sia verificata la più lunga, drammatica e cruenta caccia alle streghe verificatasi in Italia è cosa nota, certamente, a chi come noi appartiene a questo estremo Ponente Ligure, ma anche ai tanti storici, archivisti o semplici appassionati che si sono dedicati all’argomento.
La tragedia delle tredici donne e del ragazzo definitivamente condannati, dispersi e probabilmente morti di inedia e malattie nelle carceri genovesi per opera di una società ingiusta che non ha mai riabilitato, fino ad epoca recente, la loro memoria, è divenuta un esempio di superstizione e intolleranza.


Nella mia lunga esperienza professionale di guida turistica ho avuto modo di approfondire la tematica, indagata, negli anni, da autorevoli e noti docenti universitari e archivisti. Questi hanno speso parole significative riguardo la persecuzione delle streghe, equiparate nel ‘500 agli eretici
nella tipologia di peccato e nella conseguente punizione, passibili, quindi, di morte “per ignes”, cioè attraverso il fuoco, il rogo.


Nel caso specifico di Triora la condanna non venne eseguita perché il processo fu interrotto dall’inquisizione romana. La vicenda, tuttavia, può essere assunta come archetipo nei riguardi del meccanismo scatenatosi per via della diffidenza, della superstizione e, non dimentichiamolo, sulla
base di una drammatica crisi alimentare che aveva minato la comunità. Tale crisi alimentare, ci dicono gli storici e le fonti del tempo, non si realizzò per via di eventi climatici avversi o altra causa naturale, ma rientrò nella più generale difficoltà di approvvigionamento di materie prime fondamentali che si verificò nell’Europa del tempo, epoca che vide il grano apprezzarsi in modo esponenziale.

Triora, granaio della repubblica di Genova, era un buon produttore di grano e fidato fornitore della grande aristocrazia genovese. A Triora, come ovunque, il commercio del grano, era appannaggio di alcune famiglie, una modesta ma potente oligarchia locale, che aveva in mano, in quel momento, una merce preziosa per il commercio più redditizio. Di qui la progressiva esclusione di fatto dall’approvvigionamento di farina delle fasce più svantaggiate. L’impoverirsi generale della comunità, il diffondersi di malattie e di morti concorsero a creare un clima di paura e di sospetto.
Su questa base, si innescò il meccanismo perverso della superstizione, della diffidenza verso il diverso e lo sconosciuto visti come potenziali colpevoli della crisi in atto.

La vicenda di Triora, adeguatamente ripulita dai dettagli truculenti (che non aiutano l‘indagine storica ma solleticano la curiosità di chi è, sfortunatamente, incline allo splatter più che allo studio) è entrata, poi, di diritto tra gli argomenti di narrativa utili anche all’educazione dei più
giovani.

Nella mia parallela vita di insegnante, seguendo il libro di antologia, ho trovato e potuto proporre, poi, alla mia classe di studenti, la lettura di un brano che prende ispirazione da Triora e dalle sue vicende storiche: come fa sempre la migliore narrativa per ragazzi, il racconto si spinge

senza perversione e con buon senso, a immaginare piccole grandi avventure che sappiano educare, poiché con nomi diversi, in luoghi diversi, gli eventi del passato potrebbero ripetersi.

E noi vogliamo che le generazioni future siano pronte a non ricadere in errori già commessi in passato.

Raffaella Asdente

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