L’ergastolo ostativo è incostituzionale

Fisco, Giustizia & Previdenza

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di Claudio Gentile

L’ergastolo ostativo è incompatibile con la Costituzione. Ad affermarlo è una recente ordinanza della Corte Costituzionale, che assegna anche al Parlamento un anno di tempo per intervenire ed adeguare le norme vigenti al dettato costituzionale.

Per la Consulta le attuali norme dell’ordinamento che prevedono, per i condannati per reati di criminalità organizzata, terrorismo ed eversione che non collaborano con la giustizia, la pena dell’ergastolo ostativo, che non permette cioè l’accesso alla liberazione condizionale e ad altri benefici carcerari o misure alternative al carcere, violano gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nonché l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tali articoli affermano l’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge e soprattutto che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. 

Secondo il giudice delle leggi, infatti, l’impossibilità assoluta per i mafiosi che non collaborano di non poter richiedere la libertà condizionale non favorisce la loro rieducazione ed il loro reinserimento nella società in quanto l’ergastolo va scontato interamente a prescindere da ogni considerazione e si traduce, solo per loro, in un “fine pena mai”. 

L’ergastolo ostativo, insieme a diverse altre norme per contrastare il fenomeno mafioso, fu introdotto nell’ordinamento a seguito della strage di Capaci del 1992 in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta.

Tutti gli altri condannati all’ergastolo, invece, dal 1962, possono richiedere la liberazione condizionale dopo aver scontato almeno 26 anni di carcere. La “legge Gozzini” del 1986 ha previsto, inoltre, che anche gli ergastolani potessero usufruire, a determinate condizioni, dei benefici carcerari che introduceva la stessa legge.

La Consulta, pur riconoscendo il principio, ha, però, ritenuto di non dichiarare incostituzionale la norma immediatamente, in quanto ciò avrebbe rischiato di indebolire il sistema di contrasto alla criminalità organizzata. Ha quindi deciso, servendosi di una recente tecnica sempre più utilizzata nelle materie “scottanti” (vedi il “caso Cappato”) o con diversi ed importanti interessi in gioco (vedi il caso sull’adozione dopo l’uso dell’utero in affitto), di rinviare la trattazione delle questioni a maggio 2022 per consentire al Parlamento di legiferare sul punto. Le Camere nel farlo dovranno tenere conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi.

La decisione della Corte Costituzionale ha suscitato reazioni di segno opposto. Per alcuni la Consulta, pur coraggiosa, avrebbe dovuto osare di più ed abrogare sin da subito le norme come conseguenza di quanto affermato e della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sullo stesso argomento del 2019. Per le associazioni dei familiari delle vittime di mafia e per quelle che la combattono come l’Associazione Libera, invece, “è importante che il legislatore tenga conto che è necessario rafforzare gli strumenti per combattere le mafie, evitando segnali di indebolimento”. Gian Carlo Caselli, già Procuratore di Palermo, fortemente contrario all’abolizione dell’ergastolo ostativo, ha scritto sul Corriere della Sera “la mafia, pur avendo ricevuto duri colpi, è viva e vegeta e non c’è motivo di smantellare quel che funziona, con un incomprensibile distacco dalla realtà. […] Toccare l’ostatività dell’ergastolo equivale a disincentivare i pentimenti” e a rafforzare i mafiosi “irriducibili”.

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