L’ex Capo dei CC di Roma durante il sequestro conferma l’estraneità della struttura

Attualità & Cronaca

Di


Lo sostiene fermamente il Gen. Antonio Federico Cornacchia a pag. 313 del libro “Nome in codice Gladio” uscito qualche mese fa.

Classe ’31, nativo di Monteleone di Puglia in provincia di Foggia, umbro d’adozione, oggi Ispettore Regionale dell’Associazione Nazionale Carabinieri (Umbria). All’epoca ha lavorato sui casi Concutelli e Feltrinelli, arrestato Renato Vallanzasca, operato al fianco di Car­lo Alberto Dalla Chiesa nel periodo della lotta alle brigate rosse e dialogato con i principali esponenti politici. Ha inoltre collaborato con i Servizi segreti (1° divisione controspionaggio), presenziato a quasi tutte le Commissioni bicamerali d’inchiesta e, all’epoca dei 55 giorni del rapimento Moro, comandato il delicatissimo Re­parto Operativo dei Carabinieri di Roma con il grado di Colonnello.

In quella primavera del 1978, di fatto, era lui a dirigere i suoi subalterni nella blindatissima Capitale. “Antonio”, inoltre, è stato il primo ad arrivare in Via Caetani e il primo ad aprire il portabagagli della Renault 4 rosso-amaranto ove giaceva il presidente DC oramai esanime.

L’intervista che ha rilasciato all’interno dell’ultimo libro di Mirko Crocoli (dedicato proprio alla struttura segreta denominata Gladio) non lascia dubbi sulla sua convinzione. Il Gen. Cornacchia, in una specifica replica, ribadisce (senza peli sulla lingua) il suo pensiero sulla complessa vicenda MORO-GLADIO….e sul coinvolgimento di G. nel periodo dello “stragismo”. Nel capitolo a lui incentrato (che segue di poche pagine il lungo faccia a faccia con l’altro Generale presente sull’opera, Paolo Inzerilli, ovvero il Comandante di Gladio ed ex Capo di Stato Maggiore del Sismi) l’autore gli sottopone un paio di domanda ben precise, che riproponiamo fedelmente: 

In merito alla questione Gladio – rapimento Moro (ancora piuttosto delicata) mi sa realmente spiegare se c’è mai stato un nesso? Perché tuttora accomunano l’orga­nizzazione della VIIª divisione del Sismi a quella vicenda?

Nella primavera del 1978 lei era Comandante del Repar­to Operativo di Roma, di certo un ruolo chiave durante le ricerche del Presidente democristiano. Può, con tutta one­stà, dirci perché ancora si tira in ballo Gladio?

“Ancorché abbia fatto parte a pieno titolo dello sce­nario della guerra fredda, non mi risulta abbia preso parte attiva in alcuna azione. Rimarrà una struttura mai andata in funzione, ma pronta a farlo, certamente, ma nient’altro, at­trazione di disinformati e/o mistificatori, come raro mostro e pericolo per la democrazia. Così dicasi per la vicenda di Aldo Moro. Altri organismi, altri apparati e di varia natura, oltre ovviamente alla Polizia Giudiziaria, si sono cimentati al riguardo, e direi, anche con risultati apprezzabili e che avrebbero potuto portare alla soluzione del problema se alla realtà politica non si fosse fatta prevalere la pratica politica. E “con tutta onestà” sono più che convinto che ancora una volta la dietrologia e il complottismo, per essi i mass-media di cordata, hanno trovato agevole “tirare in ballo” Gladio perché il “burattinaio” di turno, – il medesimo -, continuas­se a tenere in ombra altra struttura istituzionalmente alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Mi­nistri. Alcuni suoi componenti, particolarmente impegnati per la liberazione dello statista democristiano, erano pronti a restituirlo sano e salvo alla famiglia, ma fu loro precluso di agire proprio dal gestore del potere, cioè dal fautore della cosiddetta “linea della fermezza”

Generale Cornacchia,

ma sono vere, secondo Lei, tutte le accuse o meglio dire le ombre sollevate sulla VIIª Divisione e sui gladiatori? Perché i mass media – a volte – ce li hanno dipinti come stragisti? A chi faceva comodo questa versione? 

“Avanzo una semplice domanda. In chi individuare e identificare gli sbandieratori di notizie-scoop, a danno, peral­tro, delle Istituzioni, in specie dei relativi rappresentanti-responsabili costretti a subire dileggio, pubblica disistima, ad essere sottoposti a campagna diffamatoria, a linciaggio, i cui effetti deleteri sono destinati a protrarsi nel tempo? La stam­pa politica e di regime ha potuto spaziare agevolmente perché supportata da direttive non scritte ma subdole, infide, ambi­gue, idonee, comunque, a disorientare l’opinione pubblica sempre bramosa di notizie scandalistiche. I malcapitati, sono stati tutti facili prede perché impossibilitati, per ovvi motivi, a difendersi. Per il loro “status” avrebbero dovuto usufruire del patrocinio della rispettiva scala gerarchica. Ma sarebbe stato facile imbattersi in un “coraggioso”? Nella positività delle azioni sono tutti o quasi tutti al tuo fianco, di contro, se la fortuna non ti arride, ti avvedi di essere solo, addirittura, emarginato, in quanto particolarmente scomodo. I tempi ti precludevano anche il ricorso alla Giustizia. Non era affatto il momento propizio; dunque c’era un clima insalubre. Una eloquente testimonianza al riguardo: Un processo per diffa­mazione a mezzo stampa, caratterizzato dalla cosiddetta “direttissima”, si è protratto per diversi anni tanto da incappare nella “prescrizione” se non avessi messo a frutto l’ esperienza e, soprattutto, qualche “espediente” del mio mestiere.

Altrettanto facile accusare di “stragismo”, non solo per denigrare un Reparto cui va tutto il mio plauso, apprezza­mento e grazie per quanto operato e concretizzato, ma per facilitare le leve di chi, connotato da immobilismo innato, avito, si è sentito a proprio agio nello spaziare per perseguire reconditi, variegati interessi. Dunque “stragisti”? Sì, per in­nescare una assurda quanto arbitraria correlazione con le co­siddette “Stragi di Stato”, per le quali si attende ancora, dal punto di vista processual-giudiziario, la parola “FINE!!!”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube