L’idrogeno in quattro mosse, il 2030 è vicino: Elephant in the room!

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di Dario Patruno

L’Italia diventerà l’hub, il fulcro della sfida per un futuro energetico fondato sull’Idrogeno. Lo ha affermato John Kerry inviato della casa Bianca per il clima.

Il direttore di Repubblica Maurizio Molinari lo ha intervistato nei giorni scorsi durante un evento organizzato da Green&Blue, hub del Gruppo Gedi specializzato in ambiente. L’idrogeno non è una fonte ma un vettore di energia e rappresenta l’unica modalità che potrebbe liberarci dal carbone: energia a volontà senza emissioni di gas serra.

Ma a noi comuni mortali questa intervista cosa insegna? Cerchiamo di capire e approfondire.

 Preliminarmente va chiarito che l’acqua, H2O, consente per produrre l’elettricità di usare fonti rinnovabili come il solare o l’eolico.

Quindi si utilizza l’elettricità per dividere la molecola dell’acqua nelle sue due componenti fondamentali: ossigeno e idrogeno.

L’idrogeno può essere immagazzinato o fatto viaggiare nei gasdotti fin dove è necessario produrre energia.

La strategia per produrre questa nuova energia deve attivarsi in quattro mosse.

  • L’idrogeno viene prodotto usando energia da fonti rinnovabili per separare le molecole d’acqua nei suoi costituenti
  • L’idrogeno verde entro cinque anni potrebbe costare meno del petrolio e potrebbe diventare più conveniente del carbone;
  • La più grande infrastruttura mondiale per produrre idrogeno verde è costituita dal progetto saudita NEOM che prevede un investimento da 650 tonnellate l’anno;
  • La Confindustria tedesca prevede di investire 800 miliardi di euro per nuove centrali a gas, alimentabili a idrogeno, per sopperire alla dismissione del nucleare e del carbone entro il 2038.

A prescindere da qualsiasi piano per l’idrogeno verde, è necessario un aumento sostanziale della produzione di elettricità rinnovabile per decarbonizzare il sistema elettrico italiano, ora fortemente basato sul gas naturale.

L’attuale quota di produzione elettrica rinnovabile in Italia (circa il 40%, 120 TWh/a) deve essere aumentata a circa il 70% (cioè oltre 200 TWh/a, Unità di misura pari a un miliardo di chiloWattora). entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi dell’UE. È interessante notare che questo significa generare almeno 80 TWh/a di elettricità verde.

La somma complessiva, 165 TWh/a, è più del 50% dell’attuale consumo nazionale di elettricità e non è oggettivamente realistico generare ex-novo una produzione così grande in meno di un decennio.

L’idrogeno, in altre parole, pone un dilemma per il futuro del sistema energetico, in Italia e in altri paesi. Finché non avremo grandi surplus di elettricità rinnovabile, cosa che difficilmente avverrà prima del 2030, usare l’elettricità per produrre idrogeno e poi utilizzarlo per alimentare le auto o riscaldare gli edifici è in netto contrasto con l’obiettivo di aumentare l’efficienza energetica dell’UE del 32,5% entro il 2030. Sono già disponibili tecnologie elettriche dirette più mature ed efficienti, come i veicoli a batteria e le pompe di calore.

Se da un lato la ricerca sull’idrogeno e la diffusione delle rinnovabili debbono continuare, dall’altro è arrivato il momento – non solo per l’Italia ma per tutta l’Unione Europea – di prendere decisioni politiche sulle priorità per il prossimo decennio, e si deve fare una scelta chiara tra puntare principalmente sull’elettrificazione diretta o sulla produzione di idrogeno.

Questo diventa ancora più importante per il dialogo con la Russia che non potrà mai essere interrotto nel distinguere, con la Germania principale interlocutore, i costi della produzione distinta dalla distribuzione del gas.

Penso che questi concetti vadano approfonditi e debbano diventare patrimonio di tutti non solo di addetti ai lavori per creare la coscienza democratica di un processo graduale e inesorabile di transizione ecologica che dovrà incidere sui comportamenti nostri e delle aziende nel creare beni durevoli in un’ottica di economia circolare.

Questi comportamenti virtuosi da parte degli Stati con azioni mirate, dimostrerà che si vuole allontanare il bla, bla, bla e offrire una prospettiva di benessere agli abitanti del pianeta terra.

Attenti a non cadere nel paradosso an elephant in the room, espressione tipica della lingua inglese per indicare una verità che, per quanto ovvia e appariscente, viene ignorata o minimizzata.

Il clima è una faccenda personale per Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue, che invita tutti a prenderla come un problema personale mostrando una foto del nipotino. Parlando ai delegati della Cop26 sul clima tenutosi a Glasgow in Scozia, Timmermans ha agitato lo smartphone:

“Un’ora fa mio figlio Mark mi ha mandato una foto del mio nipotino Kees, che ha un anno. Pensavo, Kees avrà 31 anni nel 2050 e fa impressione capire che se avremo successo, vivrà in un mondo sostenibile, in una economia pulita, con aria pulita, in pace nel suo ambiente”

“Se falliamo, e intendo falliremo ora e nei prossimi due anni, combatterà con altri esseri umani per l’acqua e il cibo. Questa è l’aspra realtà di fronte a noi”.

Come nonno, padre, figlio mi sento coinvolto e non penso che chi ha a cuore la propria sopravvivenza abbia la sfrontatezza, per non dire altro, di ignorare questo appello.

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