“L’Ilva non si salverà, il governo non è all’altezza” dice Sapelli

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Nell’esecutivo, dice l’economista, c’è “una forte componente anti-industriale”

Per l’ex Ilva di Taranto del gruppo franco indiano ArcelorMittal si dovrebbero cercare azionisti privati, però nell’esecutivo c’è “una forte componente anti-industriale”. A sostenerlo in un’intervista a Libero Quotidiano è l’economista Giulio Sapelli, che è stato in predicato di fare il premier, anche se solo per un giorno.

Secondo Sapelli il governo non è all’altezza “perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente anti-industriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo…”, Pd-LeU probabilmente.

Secondo il professore, è ormai chiaro ed evidente “che Mittal voglia abbandonare il campo” perché ritiene “non ci siano più le condizioni giuridiche per andare avanti”, ciò che fa prospettare “una grande battaglia legale” ma con i tempi di gran lunga dilatati della giustizia civile italiana. “ Ci vorranno anni” sottolinea l’economista, pertanto “la situazione mi sembra ovvia: bisognerebbe trovare azionisti privati, penso ad Arvedi che ha tecnologie avanzate, ma è ora tutto difficile…” rimarca.

“Il vero problema, qui – analizza il professore di economia – sono gli altiforni: bisogna impedire che vengano spenti, e questo si può fare soltanto, a questo punto, con un’opportuna moral suasion. Anche perché oltre ai danni enormi provocati dallo spegnimento, per riaccenderli sarebbe forse peggio”. Quindi? “Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo; perché in un Paese fatto di piccole e medie imprese coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale; e perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa” chiosa il professore.

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