L’incertezza politica e gli effetti della guerra penalizzeranno di più il Sud

Economia & Finanza

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Lo rileva lo Svimez nelle anticipazioni del rapporto 2022. L’aumento dell’inflazione interessa di più il Mezzogiorno, con impatti più pesanti sui consumi delle famiglie.

di Silvia Inghirami

© AGF – Napoli, impianto di manutenzione dei treni ad alta velocità

 

AGI – Il Mezzogiorno è più esposto allo “shock Ucraina” e all’incertezza politica, che peggiorano radicalmente lo scenario economico, con un ampliamento del divario tra Nord e Sud. Sono le tesi sostenute da Svimez nelle anticipazione del Rapporto 2022.

Secondo lo studio, le conseguenza della guerra e i rischi di instabilità politica vanno a sommarsi alle storiche fragilità strutturali. L’aumento dell’inflazione interessa di più il Sud, con impatti più pesanti sui consumi delle famiglie; inoltre, sui bilanci delle imprese meridionali incidono di più o costi dell’energia e di trasporto. E

d ancora, in presenza di tensioni sui mercati finanziari dovuti alla crisi di governo (impennata spread e conseguenti effetti di credit crunch; ritardi nell’attuazione del Pnrr) la crescita nazionale rallenterebbe ulteriormente rispetto allo scenario base con impatti più ampi nel Mezzogiorno dove maggiori sono i rischi di razionamento del credito per le imprese.

Dopo lo shock della pandemia – spiega Svimez – l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra macro-aree. Il Pil del Mezzogiorno – calato dell’8% nel 2020 (-9% il calo a livello nazionale) – è cresciuto del 5,9% nel 2021 (a fronte di una crescita nazionale del +6,6%).

Tuttavia, il trauma della guerra ha cambiato il segno delle dinamiche in corso a livello globale: rallentamento della ripresa; aumento del costo dell’energia e delle materie prime; comparsa di nuove emergenze sociali; nuovi rischi di continuità economiche per le imprese; indeterminatezza delle conseguenze di medio termine dei due “cigni neri” della pandemia e della guerra, la cui comparsa a distanza così ravvicinata, rappresenta di per sé un fatto del tutto inedito.

In un contesto di policy anch’esso in evoluzione per l’avvio della fase di rientro dalle politiche di bilancio e monetarie espansive. Queste dinamiche globali avverse – prosegue Svimez – hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud del Paese, con conseguenze di medio termine che si prospettano più problematiche per le famiglie e le imprese meridionali.

La crescita del Pil italiano è stimata dalla Svimez al +3,4% nel 2022. A rallentare la crescita nazionale – quasi un punto sotto le previsioni pre-shock Ucraina – è soprattutto la frenata di consumi e investimenti, in entrambi i casi con effetti di composizione sfavorevoli al Mezzogiorno tali da determinare la riapertura della forbice Nord-Sud nel ritmo di crescita (+2,8% nel Mezzogiorno, +3,6% nel Centro Nord) che prima del nuovo shock sembrava potesse rimarginarsi.

Nel biennio 2023-2024, il Mezzogiorno fa segnare tassi di variazione del Pil inferiori al resto del Paese, nonostante il significativo contributo alla crescita del PNRR. Nel 2023, il Pil dovrebbe segnare un incremento dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa 6 decimi di punto: +1,9% al Nord contro il +1,3% del Sud.

Secondo Svimez, inoltre, il picco dell’inflazione del 2022 dovrebbe interessare in maniera più marcata il Mezzogiorno. L’impatto dello shock inflazionistico sui consumi dovrebbe estendersi a tutto il biennio 2023-2024 a causa della persistenza temporale dell’effetto di erosione del potere d’acquisto di redditi e risparmi delle famiglie, con impatti amplificati al Sud.

Analogamente, lo shock sui costi di produzione si dovrebbe trascinare nel biennio incidendo sulle decisioni di investimento delle imprese, che dovrebbero seguire una dinamica più bilanciata tra componente in costruzioni e macchinari nel Centro Nord, mentre al Sud prevarrebbe ancora l’effetto di stimolo determinato dalla ripresa degli investimenti pubblici, a svantaggio della crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature.

Nel 2022 – prosegue il Rapporto – dovrebbero frenare soprattutto i consumi delle famiglie italiane meno abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Un’asimmetria tra famiglie che si traduce meccanicamente in un’asimmetria territoriale sfavorevole al Sud, dove più di un terzo delle famiglie si posiziona nel primo quintile di spesa familiare mensile equivalente, contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord.

Infine, Svimez fa notare che successivamente alla caduta del Governo Draghi, sono emerse delle tensioni nei mercati finanziari internazionali segnalate dal repentino innalzamento dello spread. Le “tradizionali” preoccupazioni sulla tenuta dei nostri conti pubblici sono state accompagnate dai timori che il tempo necessario per le nuove elezioni politiche e la formazione del nuovo esecutivo possa rallentare il rigido cronoprogramma su cui è basata la piena implementazione del PNRR.

Svimez valuta che, rispetto allo scenario base, una prolungata situazione di tensione nei mercati finanziari possa determinare una perdita di Pil, nel biennio 2022-2023, di circa sette decimi di punto percentuale a livello nazionale. Nel Sud, la perdita di Pil arriverebbe al punto percentuale, mentre nel resto del Paese risulterebbe più contenuta arrestandosi a sei decimi di punto.

 

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