L’inizio della pandemia al Museo del Violino di Cremona.‘Intervista’ ad Alessandro Quarta

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Adagiata sulle rive del Po, città natale di illustri musicisti e compositori quali Claudio Monteverdi e Amilcare Ponchielli, Cremona è una città in chiave di violino: il suo legame con la liuteria è antico e pressocchè  inscindibile. Interesse, passione e curiosità offrono lo spunto per una visita inconsueta seguendo l’eco delle note che escono dalle case (‘quasi che i muri entrino sommessamente in musicali vibrazioni’) e soprattutto dalle tante botteghe (oltre 150) che continuano ancora oggi la tradizione che fu di notissimi liutai cremonesi (Antonio Stradivari,  Giuseppe Antonio  Guarnieri  ‘del Gesù’ e Nicolò  Amati), mentre una prestigiosa Scuola Internazionale di Liuteria accoglie e forma ogni anno studenti provenienti da ogni parte del mondo. Le emozioni che si vivono camminando nelle strette strade del centro hanno un carattere sottile e discreto ma intimamente coinvolgente.

A suggellare questa straordinaria vocazione cittadina, nel 2013 è nato il Museo del Violino, una struttura tecnologicamente all’avanguardia che ospita l’auditorium ‘Giovanni Arvedi’, caratterizzato da volumi morbidi e linee sinuose che si rincorrono disegnando una grande scultura organica che esprime il propagarsi delle onde sonore.

La particolare architettura della sala regala un’inconsueta suggestione: il palco è al centro della scena ed il pubblico  ‘abbraccia’  i musicisti.  Il dialogo che si crea tra loro produce un forte impatto emozionale che consente a questi ultimi di vivere un’esperienza particolare che va oltre il concetto classico di concerto. Se l’architettura è volta ad emozionare, l’acustica – studiata dall’ingegnere Yasuhisa Toyota – è il vero punto di forza della sala che ha raggiunto un tale livello di perfezione da consentirne l’utilizzo anche come sala di incisione.

ll violino ha un‘anima, questo si sa e non solo in senso spirituale o filosofico. Così infatti si chiama un piccolo ma fondamentale cilindretto di legno che si trova all’interno della cassa armonica, stando a contatto con la tavola e con il fondo, mettendoli in risonanza. Ma il violino ha più anime anche dal punto di vista espressivo.

E se ‘Stradivari Festival’ è la manifestazione che esalta l’anima ‘classica’ degli strumenti ad arco, la rassegna ideata e diretta da Roberto Codazzi all’Auditorium – non a caso sottotitolata ‘L’altra anima del violino’ – vuole per contro evidenziarne le altre sfumature di linguaggio, dal pop al jazz.

Soltanto tre i concerti 2020, selezionatissimi (22 febbraio, 12 marzo e 4 aprile). Spetta a ‘Knock on wood e altre storie…’ aprire la rassegna con uno spettacolo (già presentato l’11 gennaio all’Apollo di Lecce) in cui Amii Stewart  dialoga con il violino di Alessandro Quarta ed il suo Quintetto (AQ5tet): Giuseppe Magagnino al pianoforte, Michele Colaci al contrabbasso, Franco Chirivì alla chitarra e Cristian Martina alla batteria.

Il fatto che la rassegna sia inaugurata dal violinista salentino, famoso all’estero e quasi sconosciuto al grande pubblico italiano prima delle collaborazioni  con Roberto Bolle (‘Danza con me’, 1° gennaio 2019) e con ‘Il Volo’ (Festival di Sanremo 2019) non è, secondo me, un caso.

Proprio per le sue contaminazioni con il blues, il soul, il jazz, il rock, il pop, la bossa nova e il funky, Alessandro stesso è ormai conosciuto come ‘l’altra faccia del violino’ o come viene chiamato più comunemente ‘il più classico dei violinisti rock, il più rock dei violinisti classici’.

*****

Il resto è storia. La pandemia in Italia è esplosa il 21 febbraio allorché il cosiddetto ‘paziente 1’ di Codogno fu ricoverato nell’ospedale di Cremona per Covid 19. Presenzai all’ultimo spettacolo in città che si svolse quella sera al Teatro ‘Ponchielli’.

il giorno successivo, durante le prove al Museo del Violino, gli artisti seppero che il Sindaco aveva adottato un’ordinanza bloccando qualsiasi iniziativa culturale e non.

Quella mattina avrei dovuto incontrare Alessandro al bar del Museo del Violino, a piano terra. L’intervista che avevo in mente di realizzare non è stata fatta, né allora né in seguito. Me ne dispiacque molto. Che ne sarebbe venuto fuori?

Mah! …Ci provo ora duettando col computer…

Cremona è una città che conosco molto bene, la tengo davvero a cuore.

Qui all’età di 14 anni, circa 30 anni fa, già studiavo con il grande Salvatore Accardo nell’ Accademia ‘Walter  Stauffer’. E’ una città che mi dato tanto. Vi ho fatto diversi concerti ma suonare all’Auditorium del  Museo del Violino è decisamente un grande onore. Starei qui …anche solo per dormire!

L’acustica perfetta di cui si parla non è certo una leggenda: qui il musicista riesce a sentire il suo strumento in un modo pazzesco. Essere qui realizza i sogni che facevo da bambino quando a due anni fingevo di suonare un violino usando il mattarello di mia mamma’.

PC    Che rapporto ti lega al violino?

AQ    Avevo tre anni e già suonavo. Da allora non ho più smesso. La scelta non saprei motivarla: sicuramente la sua essenza e il suo calore li ho capiti più tardi, quando ho cominciato a conoscere e frequentare le donne…

Ne parlo al femminile, niente assomiglia ad un corpo femminile più di un violino. Basta guadarlo! E’ come se fosse la mia donna: c’è tra noi un rapporto sensuale, fatto di emozioni e anche di un forte contatto fisico. 

PC    Hai quattro violini, uno più bello dell’altro,

AQ    Un  Alessandro Gagliano del 1723, allievo di Stradivari, un Gian Battista Guadagnini del 1761e due Ezia Di Labio. Ma quello che suono quasi sempre è l’Alessandro Gagliano. Sublime! 

PC    Cosa provi con il violino in mano?

AQ    Sono me stesso, perché non lo vedo come uno strumento ma un prolungamento del mio corpo o meglio ancora, un prolungamento della mia anima. Ho bisogno del violino perché è quella cosa di te che ti fa stare tranquillo, ti fa sentire te stesso in ogni situazione. Fa parte di me: è un mezzo affinché possa suonare me stesso’. Chi ascolta la mia musica ascolta le mie parole. 

PC    Ha un’anima quindi?

AQ    Sì ma non mi riferisco soltanto a quel pezzetto di legno…risponde alle mie domande ed alle mie esigenze.. E’ la mia dinamo e-nello stesso tempo-

il mio calvario. Ho 44 anni: se penso che da 41 dedico tutta la mia vita ad un pezzetto di legno, che è una parte di un albero…beh, penso che bisogna avere molto coraggio!

PC    Durante i concerti, in effetti, sembra che sia il violino a far da padrone in scena: sembra quasi prendere vita, avere un’anima propria…

AQ    ‘Ogni brano che scrivo o interpreto è per me come dipingere su una tela. Mi piace definirmi un pittore, mi piace molto. La tela è l’aria, i colori sono le mie musiche, il pennello è il violino. Col pennello intingo nei colori – che sono le emozioni che provo – e dipingo nell’aria le immagini che ho  dentro.

Certo, devi  faticare anni affinché l’immagine che hai in te possa essere esternata come tu vuoi e soprattutto compresa come tale.

Il massimo che un musicista può sperare è quello di avere una percezione oggettiva di un’emozione.

PC    Una percezione oggettiva di un’emozione? Un’ardua impresa per un’arte che si nutre di soggettività…

AQ    La musica è l’unica, tra le grandi arti, che è sottoposta a soggettività. Se cento persone guardano un quadro, una scultura, o leggono una pagina, vedranno o leggeranno la medesima cosa. Se alle stesse cento persone fai chiudere gli occhi e ascoltare una musica, quali emozioni sottolinei, fai rivivere e riavvolgi nella loro vita? Si potrebbe anche andare a violentare alcuni ricordi che, con estrema difficoltà, avevamo messo sotto il tappeto. Per questo, quando riesci a dare alla musica lo stesso potere delle altre arti, l’oggettività, allora provi una goduria immensa, perché tutti, che siano dieci, venti, trentamila… vedranno la stessa cosa pur non vedendo niente. 

PC    Libidine allo stato puro, ho capito…

AQ    Sono fermamente convinto che ogni brano sia la colonna sonora di un’immagine. Perché la musica è prima di tutto emozione! Prima di tutto e soprattutto! A me piace prendere gli spettatori e condurli nel mio mondo brano per brano, perché sono convinto che ogni brano abbia una sua dimensione, una sua verità, una sua immagine ed un suo profumo’.

PC    L’anno scorso hai presentato al Museo del Violino le rivisitazioni dei brani di Astor Piazzolla  tra cui Río Sena, Chau Paris, Adiós Nonino, Oblivion, Years of solitude, La muerte del ángel, Jeanne y Paul, Fracanapa, Libertango.  Quel concerto, che è piaciuto molto, è stato definito qualcosa come ‘un atto di sovversione artistica nell’incontro sublime fra due riformatori, El asesino del tango (Piazzolla ) e il killer del violinismo classico (tu).

In pratica sei ritenuto uno strumentista che con le sue incendiarie escursioni nell’immaginario musicale all around sta cambiando la fisionomia dello stile violinistico contemporaneo.

Ti piace questa definizione?

AQ    Mi piace molto e mi ci riconosco completamente!

PC    Che il tango sia di per sé sensuale non è una novità, è noto a tutti ma con te andiamo decisamente oltre…

AQ    Non siamo nati dalla costola di nessuno, siamo nati da un atto sessuale. È inutile fare i moralisti o gli ipocriti e dimenticarlo. Oltre che essere passione e nostalgia, il tango non fa altro che riportarti in quel secondo in cui ognuno di noi è stato concepito’.

PC    Il tuo look- che qualcuno definisce ‘selvaggio’ non passa inosservato..

AQ    ‘Ho svestito il violino del frac per impreziosirlo di emozioni, arte, cultura e innovazione’.  Sto sul palco come sto in casa e in strada. Non faccio il modello né lo stilista: sono un musicista e tale devo e voglio essere considerato’ .

PC    Schiena dritta e indipendente nel giudizio, Alessandro non usa mezzi termini. Estremamente rigoroso e curatore all’estremo di dettagli tecnici e non, non concepisce il concerto classico come viene di norma vissuto

AQ     Non mi piace. C’è un muro tra il musicista classico e il pubblico, abitualmente seduto lontano, un muro che non c’è, ad esempio, nel rock. Ma la musica è emozioni, non dimentichiamolo! Bisogna far capire alle persone che l’arte sta dalla loro parte, è per tutti e soprattutto per i giovani che quando vanno al cinema a vedere i film di Kubrick ascoltano musica classica anche se non lo sanno e l’apprezzano pure!’

PC    Proprio così e stavolta preferisco dirlo io:  l’ouverture del ‘Guglielmo Tell’ di Rossini, il 2° movimento della ‘Nona Sinfonia’ e l’’Inno alla Gioia’ di Beethoven figurano in ‘Arancia meccanica’ (1971),  il Valzer in do minore di Šostakóvič in ‘Eyes Wide Shut’ (1999) e ‘Il bel Danubio blu’ di J.Strauss jr in ‘Odissea nello spazio’ (2001).

Tanto per citare qualche esempio.

Paola Cecchini

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