Un dipinto di Giovanni Gronchi è foriero di riflessioni sul più attuale dei drammi umani.
Di Antonio Rossello
Un fiume di fuoco lungo sei settimane: bombardamenti, distruzioni e massacri di civili. Se ora la resistenza ucraina contrattacca, l’aggressore russo rinuncia a Kiev ma infierisce a sud e ad est. Dagli occidentali drastiche sanzioni alla Russia, armi e aiuti all’Ucraina e accoglienza per milioni di rifugiati. Troppo poco o tardi?
Le rivalità geopolitiche non fanno però capire se esista una vera volontà di pace o se la prosecuzione del conflitto convenga a tutti. Ci tocca direttamente il terrore anteposto a mai tanti profughi: ne siamo complici.
La nazione ucraina sembra monolitica. Né dissenso né disfattismo: a tutto il paese è unito con il presidente Zelensky, per la difesa nazionale, soccorrere assediati e sfollati, tentare una trattativa per un cessate il fuoco e ora raccogliere prove dei crimini di guerra…
Nell’eccidio di Bucha è difficile immaginare che l’orrore derivi dalla disinformazia, come affermano i tirapiedi di Putin, da cospirazioni di spie ucraine con la complicità occidentale. Certo se Biden invoca che un tribunale internazionale giudichi Putin per crimini di guerra (possibile solo in caso di sconfitta con destituzione), non del tutto erra Mosca rammentando certe atrocità in Jugoslavia e Iraq.
Tuttavia, pur supponendo che una frazione dell’esercito ucraino sia davvero nazista, resta sbalorditivo il contrasto con la cacofonia di minacce, bugie, ordini e contrordini, pesanti silenzi, da parte russa.
Stupore e violenza della propaganda pietrificano la vita dei russi, sconvolgono élite politiche ed economiche. I comandanti militari, generali e ufficiali, sopraffatti da considerevoli perdite nei ranghi combattenti, sono mal coordinati, ignari o impersuasi della missione. Mancano rifornimenti e munizioni. Imperversano truppe speciali bielorusse, mercenari Wagner, scagnozzi del tiranno ceceno. Aumentano gli abusi.
Imperterrito, ad ogni costo, Vladimir Putin, con i suoi servizi segreti, i suoi soldati, i suoi infiltrati in Ucraina, ha strategicamente toppato con una guerra di invasione inconcepibile, deleteria per l’esercito e priva di un obiettivo definito? Forse pericoli e rischi non sono stati debitamente considerati, c’erano calcoli o piani precisi? Il suo cerchio magico ha potuto esprimere riserve o non era nemmeno informato del delirante piano di annientamento dell’Ucraina? C’era consapevolezza della risposta dell’Occidente, di nuove sanzioni contro Mosca e del sostegno militare e finanziario a Kiev?
Conoscendone il carattere, Vladimir Putin può essersi rifiutato di ascoltar ragione, convinto com’era che la Russia non avesse altra scelta. Se mai ammetterà di aver sbagliato, anche a costo di perdere tutto, un fatto regola tutti gli altri fatti: di certo ha invaso uno stato sovrano e bombardato indiscriminatamente città e villaggi. E Bucha sarà lo stigma sulla coscienza sua e, sfortunatamente, del suo popolo. Oltre una certa soglia, il silenzio diventa complice.