L’odissea degli studenti indiani che la guerra ha cacciato dall’Ucraina

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Sono centinaia, erano arrivati a Kharkiv in Ucraina scappati di corsa per ritornare, a malincuore, a casa loro

© Manuela D’Alessandro / AGI – Gli studenti indiani in fuga dall’Ucraina e ospitati in Romania

AGI – Se non sapessimo che c’è una guerra a pochi passi, questi ragazzi e ragazze potrebbero sembrare a una festa permanente. Tanto sorridono, gustano con gioia involtini con le verze e brioche artigianali riempite di creme e spezie preparate dai volontari, giocano a pallone assieme ai pompieri con allegria. Invece sono centinaia di cittadini indiani studenti in Ucraina scappati di corsa per ritornare, a malincuore, a casa loro.

“A Kharkiv la situazione non era più sostenibile – spiega all’AGI Anamay, 19 anni -. C’erano le bombe, scarseggiava il cibo e le risorse d’acqua erano limitate, non potevamo più stare lì”. Con alcuni compagni di studi ha camminato per una trentina di chilometri per allontanarsi dalla fiamma più vicina del conflitto e afferrare un autobus che in un giorno e mezzo li ha portati nel palazzetto dello sport di Milisauti, nella campagna della regione di Suceava.

“Avevo deciso di andare a studiare Medicina in Ucraina perché in India c’è il numero chiuso e ci sono troppe persone che vogliono fare questo corso di studi. Qui sono entrato facilmente e la qualità dei corsi è molto alta”. Ora Anamay e gli altri torneranno in India. Lui è rimasto otto giorni in questo mondo ovattato. Giunge le mani e fa un inchino in segno di ringraziamento al popolo che lo ha accolto con bevenevolenza. “Tra poche ore me ne andrò, sono stato benissimo qui. Sono così grato ai romeni”.

 L’odissea degli studenti indiani in Ucraina

Il vicesindaco Ioan Hreniuc indossa la giacca con la scritta volontario: “Questi ragazzi sono venuti qui per scaldarsi dal freddo della guerra e mangiare per poi tornare al loro Paese da Bucarest. Da domenica ne sono passati fino a 1.500 in un giorno. Siamo in costante contatto con l’ambasciata indiana“.

Anche oggi ne sono arrivati duecento. “Siamo stanche – dicono due studentesse di Matematica anche loro fuggite da Kharkiv – ma contente di essere scappate. Siamo molto spaventate. Il rumore delle bombe era continuo”. Nel giro di pochi minuti gli viene steso un materassino e offerto cibo e bevande calde. I compagni le accolgono con l’abbraccio di chi sta scappando dalla stessa indimenticabile notte della loro giovinezza. agi

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