L’Ucraina incrina l’unità del “resto del mondo”

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I leader asiatici riuniti a Samarcanda, in Uzbekistan, si schierano contro l’uso “unilaterale di sanzioni economiche”

di Eugenio Buzzetti

© ALEXANDR DEMYANCHUK / SPUTNIK / AFP
– Il premier indiano Narendra Modi con il presidente russo Vladimir Putin

 

AGI – La guerra in Ucraina, la ripresa post-Covid e i rapporti tesi con l’Occidente di Cina e Russia pesano sul vertice della Shanghai Cooperation Organization. I leader asiatici riuniti a Samarcanda, in Uzbekistan, si schierano contro l’uso “unilaterale di sanzioni economiche” e mettono per iscritto la loro opposizione alle interferenze nelle questioni interne di altri Paesi con il pretesto del contrasto al terrorismo, sottolineando che la Sco, spesso vista come alternativa all’Occidente, “non è diretta contro altri Paesi e organizzazioni internazionali”.

Allo stesso tempo, i leader dei Paesi membri promettono di aumentare la cooperazione nel campo della sicurezza e della Difesa, e rimarcano la presenza di “nuove sfide e minacce nel territorio dell’organizzazione” e il “pericoloso degrado della situazione internazionale”. Soprattutto, il summit sembra sancire alcune incrinature della partnership “senza limiti” siglata a febbraio scorso dai due giganti del gruppo, Cina e Russia, già emerse ieri durante l’incontro tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il presidente cinese, Xi Jinping, con l’ammissione del leader del Cremlino dei dubbi di Pechino sulla guerra.

Putin ha subito le critiche anche del primo ministro indiano, Narendra Modi, da cui è arrivato un richiamo diretto alla fine del conflitto: “Non è tempo di guerra”, ha detto il leader indiano nell’incontro bilaterale, e bisognerebbe focalizzarsi, invece, sugli approvvigionamenti alimentari, di fertilizzanti e sulla sicurezza energetica. Un appello per una soluzione diplomatica è arrivato anche dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e la preoccupazione per la “complessa” situazione internazionale è trapelata anche dall’intervento del presidente cinese, che ieri aveva richiamato Putin all’importanza della stabilità.

“Il mondo di oggi non è pacifico”, ha scandito Xi, rispolverando i termini che descrivono le coordinate della politica estera cinese: opposizione all’unilateralismo e al protezionismo commerciale, “sfide senza precedenti” per i cambiamenti mai visti in un secolo, cooperazione reciprocamente vantaggiosa e, soprattutto, il contrasto alle interferenze negli affari interni di altri Paesi, autentico mantra di Pechino spesso rivolto agli Stati Uniti, e in questo caso tradotto in un monito contro le “rivoluzioni colorate”.

In un divario che si allarga, agli occhi del presidente cinese, la competizione è diventata “sempre più evidente”. Da qui l’appello alla cooperazione agli Stati membri, puntando implicitamente ad arginare l’influenza degli Stati Uniti nella regione. L’invito passa attraverso la realizzazione di un sistema di pagamenti transfrontalieri nelle valute locali, aggirando il dollaro, e la promessa di aiuti per 1,5 miliardi di yuan (214,7 milioni di euro) di generi alimentari e aiuti umanitari ai Paesi bisognosi, ma anche attraverso l’opposizione alle “piccole cerchie”, una formula a cui Pechino ricorre per manifestare il proprio dissenso verso il G7 e il Quad, il meccanismo che riunisce Stati Uniti, Giappone, Australia e India, e che mira al contenimento della Cina nell’Indo-Pacifico.

“Occorre sostenere il multilateralismo”, ha detto Xi. “L’entusiasmo per le “piccole cerchie” spingerà il mondo verso la divisione e lo scontro”. Di fronte alle incertezze globali, ha detto Xi, la Cina rimane ancorata allo sviluppo economico. Nonostante le recenti difficoltà, non menzionate nel suo discorso, l’economia cinese è “resiliente” e con “un ampio potenziale e ampi margini di manovra”, ha detto Xi, e darà “un forte slancio alla stabilizzazione e alla ripresa dell’economia globale”.

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