L’Ue propone un mini price cap per il gas ma agli Stati non basta

Economia & Finanza

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Da quindici Paesi, tra cui Italia e Francia, è arrivata la richiesta esplicita di fissare un tetto generalizzato a tutto il gas importato dall’Unione, russo e non; da gasdotto e liquefatto

di Brahim Maarad

AGI – Price cap. Su questo si gioca l’ultima partita dell’energia tra la Commissione europea e gli Stati dell’Unione. Da quindici Paesi, tra cui Italia e Francia, è arrivata la richiesta esplicita di fissare un tetto generalizzato a tutto il gas importato dall’Unione, russo e non; da gasdotto e liquefatto.

Per la Commissione non s’ha da fare. “È una proposta radicale, troppo rischiosa e troppo complicata da attuare”, sostengono i funzionari del Berlaymont che rilanciano proponendo – ancora non ufficialmente – due price cap alternativi e complementari tra loro.

Il primo riguarda solo il gas che arriva dalla Russia. Il secondo invece è più sulla carta: un tetto amministrativo al metano che concorre alla formazione del prezzo dell’elettricità.

Così la bolletta sarebbe più leggera (o meno pesante) per i consumatori finali ma i fornitori verrebbero comunque pagati al prezzo di mercato.

La differenza la verserebbero gli Stati, mettendo mano ai portafogli nazionali. Verrebbe così esteso a tutta l’Unione il modello iberico.

Non piace però agli Stati già in affanno con i conti pubblici. Non certo la Germania che solo nelle scorse ore (proprio alla vigilia del Consiglio Energia che verterà anche su questo) ha annunciato la maxi-manovra da duecento miliardi di euro che prevede anche un price cap amministrativo sul gas in bolletta.

La mossa di Berlino, tra i più contrari al tetto generalizzato ai prezzi perché troppo timorosa di perdere la fornitura, non è piaciuta ai Paesi che in queste ore sono impegnati a tentare di persuadere la Commissione e le altre capitali per la misura generalizzata.

Per poter fornire aiuti di Stato, bisogna emettere titoli di Stato. Questo si traduce in deficit e debito”, spiega una fonte diplomatica Ue che respinge il modello iberico (a questo punto anche tedesco).

Già più accettabile l’altro progetto su cui stanno lavorando i tecnici di Bruxelles che però potrebbe giungere a compimento solo durante l’inverno: escludere il Gnl, ormai parte fondamentale delle forniture in Europa, dall’indice Ttf di Amsterdam che invece basa le quotazioni (e quindi il prezzo) sui gasdotti lasciando il campo aperto alle speculazioni.

Un indice diverso, che potrebbe essere quello asiatico ma anche quello spagnolo o britannico, abbasserebbe la quotazione del gas (rendendola semplicemente più fedele) e di conseguenza la sua componente nella bolletta dell’elettricità si assottiglierebbe, riducendo il totale che il consumatore è tenuto a versare. Ma per riuscirci serviranno dei tempi tecnici.

L’altra proposta per colmare il gap del price cap amministrativo in bolletta è di ricorrere agli extra-profitti che derivano dalle altre fonti (rinnovabili e fossili non gas). Ma probabilmente non sarebbero sufficienti e, inoltre, sarebbe un aiuto universale, di cui benifecerebbero tutti.

Quando invece sia Commissione che Bce vorrebbero che gli aiuti fossero mirati per le persone vulnerabili e per le Pmi in difficoltà, anche per mantenere sotto controllo l’impegno fiscale (usando comunque il gettito degli extra-profitti).

Tutte soluzioni che sembrano più percorribili per la Commissione rispetto al price cap generalizzato. Per l’esecutivo europeo si tratta di una misura radicale che metterebbe in serio pericolo l’approvvigionamento per diversi motivi.

Tra questi, la certezza di un aumento della domanda, a causa di un prezzo più basso, che non potra’ essere soddisfatta.

Inoltre, vi è il concreto rischio (per la Commissione è quasi certezza) che il tetto massimo diventi il prezzo standard in diversi Stati e questo comporterebbe il trasferimento di gas tra Stati Ue che ora viene incentivato proprio dalla differenza di prezzo.

Per ovviare al problema i sostenitori della misura invocano una piattaforma di acquisti congiunti (dove il gas verrebbe distribuito sulla base delle necessità e non più del mercato).

C’è inoltre il timore che trattandosi di Gnl, che viene trasportato su navi, è facilmente dirottabile verso offerenti più generosi.

Anche in questo caso gli Stati sostengono che il valore offerto con il tetto sarà comunque al livello dell’offerta asiatica (attualmente in Europa anche il Gnl costa almeno il 30% in più rispetto al mercato d’oriente, pur non avendo alcun legame con la Russia o con Nord Stream).

Bruxelles insiste sul limitare il tetto al gasdotto russo perché non facilmente deviabile e perché se la Russia non dovesse accettare sarebbe facilmente sostituibile, trattandosi solo del 9% delle importazioni totali.

Per lo stesso motivo gli Stati si oppongono: ormai è una quota talmente residua che non ha senso un tetto limitato a quella.

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