La seconda guerra mondiale, iniziata 78 anni fa, sta ancora generando accese discussioni, non solo nella società ucraina, ma un po’ ovunque.
Nel 2014, a Budapest, su iniziativa del partito Fidesz, e personalmente voluto dal primo ministro Orban, è stato eretto un nuovo monumento dedicato agli eventi del 1944, quando i tedeschi, per impedire che lo Stato dell’Unione si ritirasse dalla guerra, introdussero le loro truppe in Ungheria. Sul piedistallo della testimonianza c’è un bel angelo, che personifica l’Ungheria, mentre viene attaccato da un’aquila predatoria – la Germania.
Così, il signor Orban ha offerto ai suoi compatrioti un modello tutto suo di memoria storica. Tutti i crimini commessi dall’Ungheria durante la guerra sono stati assemblati nell’aggressione tedesca, e gli stessi ungheresi sono diventati solo vittime di Hitler. L’Ungheria a questo punto, non ha nessuna colpa e non ha nulla di cui pentirsi! Tuttavia, questa visione non si sposa con quella di alcuni vicini e con la storia.
”Sappiamo perfettamente che l’Ungheria non è stata l’angelo della seconda guerra mondiale, e questa opera è una vera falsificazione storica”, ha ammesso uno storico ungherese.
“Ci sono state manifestazioni nel centro di Budapest. Prima della guerra il governo ha adottato leggi antisemitiche; il dittatore Miklós Horthy, finché la Germania non ha cambiato la sua fortuna militare, è stato un leale alleato di Hitler; il partito fascista ungherese “Croce Frecciata” ha collaborato con i tedeschi per sterminare gli ebrei e ha goduto di un ampio sostegno tra il popolo” ha scritto Rūta Vanagaitė, una scrittrice e critica lituana.

Naturalmente, l’autoritario Orban e i suoi associati hanno avuto il coraggio di erigere il loro dubbioso monumento, seppur oggi, come omaggio alla memoria dei cittadini ungheresi che non considerano la loro patria un angelo … sia circondato da volantini e fotografie di morti. Beh, praticamente ogni stato europeo ha una sua non proprio angelica storia della seconda guerra mondiale; purtroppo, ciò che è difficile da riconoscere è che ciò che è spiacevole da raccontare, si cerchi di distorcerlo fino a renderlo un bel mito.
Nella Francia vittoriosa – c’è il massiccio sostegno per la rinuncia nel 1940 e l’atteggiamento fedele della maggioranza dei francesi al legittimo governo di Vichy.
Nella Svizzera neutrale c’è stato un proprio benessere in cambio di un partenariato commerciale con i nazisti e l’estradizione di migliaia di rifugiati, anche se Berna sapeva che sarebbero andati incontro a morte certa.
Nella coraggiosa Polonia – i peccati de l’Armia Krajowa o AK (Esercito Nazionale) e il carattere sinceramente avventuroso dell’insurrezione di Varsavia, si sono trasformati in vittime e inutili distruzioni.
Croazia, Slovacchia e i Paesi Baltici per ripristinare o guadagnare l’indipendenza, si sono legati all’orientamento pro-tedesco, all’ideologia nazista e all’olocausto.

Il problema del passato angelico non è effettivo nemmeno per l’Ucraina, che finalmente ha fatto una scelta tra due matrici storiche – imperiale e nazionale.
Kyiv s’è dissociata dall’ultimo regime sovietico; ha abbandonato la visione sovietica della seconda guerra mondiale; non si considera più l’esercito rosso; relativamente a quell’epoca si reputa come una colonia di Mosca e un ostaggio della politica di Stalin.
E si è liberata dalla responsabilità morale dei peccati di un impero totalitario.
A differenza dei russi, gli ucraini non hanno bisogno di pentirsi per il patto Molotov-Ribbentrop, la spartizione della Polonia, l’aggressione contro la Finlandia, il massacro di Katyn, lo sgombero di intere nazioni, ammucchiamenti di cadaveri di nemici e di altri crimini stalinisti.
E, anche se gli ucraini nell’Ucraina Russa hanno partecipato ai saccheggi e alle violenze nella sconfitta della Germania, la disgrazia cade ancora sull’impero sovietico e sul comando sovietico.
Per quanto riguarda i crimini sovietici durante la seconda guerra mondiale, se ne sta parlando sempre più spesso; ma questi crimini sono diventati estranei all’Ucraina. La loro esposizione non richiede alcun coraggio civile, sforzi o capacità per affrontare fatti spiacevoli e, per analogia con il famoso rabbioso aneddoto, “Down with Reagan!”, si può cantare con entusiasmo nella Piazza Rossa.

Nel frattempo, l’Ucraina indipendente prende una propria matrice dalla memoria storica, le cui pagine oscure sono in gran parte simili a quelle croate, slovacche e baltiche.
Anche Kiyv durante la guerra ha avuto le sue, per esempio, dove la lotta nazionale di liberazione è stata affiancata da una ideologia totalitaria, un coinvolgimento nell’Olocausto e pulizia etnica a Volhynia; dove le armi dei combattenti per l’indipendenza si sono macchiate con il sangue di migliaia di vittime innocenti; dove l’eroico è strettamente intrecciato con l’inumano, tragico – con vergogna, degno rispetto – senza giustificazione.
Tuttavia, una parte significativa della società ucraina non era pronta ad accettare un tale racconto, è certamente più conveniente sbarazzarsi del male imperiale e non caricarsi dell’onere dei peccati nazionali; trovare una giustificazione nella vernice, nel silenzio e rimuovere dalla memoria storica tutto ciò che è repulsivo e vergognoso; diventare un angelo, dietro le cui spalle ci sono solo pene e sofferenze, e in nessun modo crimini contro l’umanità.

Ma se la storia della seconda guerra mondiale è un segno di indipendenza, allora inviarle uno sguardo critico è un messaggio di maturità civile.
Un tedesco, che è capace di parlare francamente del passato totalitario della Germania, si fa rispettare; un russo, che urla sui suoi eroici nonni, minacciando di “ripetere” e di non voler ascoltare le atrocità sovietiche, è uno che crea disgusto.
Dopo la seconda guerra mondiale da tempo ci siamo divisi in ex alleati di Hitler e i suoi vincitori. Dividere il mondo tra coloro che sono pronti a guardare onestamente la loro storia negli occhi, e coloro che cercano di nascondersi dal disagio creandosi un indegno mito angelico; è come avere da un lato – il cancelliere Willy Brandt inginocchiato; la Corte amministrativa francese, che ha riconosciuto la partecipazione del governo francese all’olocausto; la Croazia, che si è rifiutata di glorificare i russi per l’integrazione europea; lo scrittore lituano, Rūta Vanagaitė, autore del libro “Musiskiai” (Il nostro popolo) che anche lei si è ribellata al “falso monumento” di Budapest definendolo un falso ufficiale; mentre dall’altra parte – Putin con il “mondo russo”, Orban con “la grande Ungheria”, gli sciovinisti polacchi di “Diritto e giustizia”.
L’atteggiamento che oggi l’Ucraina dimostrerà verso il modello di civiltà che si sente più vicina, non sarà tanto il passato ucraino, quanto il suo futuro.