Marcella Nardi, un amore per il giallo e il thriller – La nuova Agatha Christie italiana?

Arte, Cultura & Società

Di

 di Stefania Romito

Marcella Nardi, un classico esempio di dedizione, perseveranza e talento. Una scrittrice che “si è fatta da sola”. Una “self made woman”, per usare un’espressione americana, in omaggio al luogo in cui vive. Trevigiana di nascita, da anni vive a Seattle, negli Stati Uniti. Ed è proprio lì che ha realizzato il suo grande sogno, quello di diventare una scrittrice di romanzi polizieschi.

Tu sei una scrittrice di thriller e gialli polizieschi. Sei laureata in Informatica, hai lavorato per circa vent’anni in questo settore a Milano e poi nel 2008 ti sei trasferita negli Stati Uniti a Seattle. È qui che nasce la tua passione per la scrittura?

No, la mia passione è nata fin da bambina. Iniziai a leggere e scrivere molto prima dell’inizio delle scuole elementari. Per molti anni ho scritto poesie e a otto anni scrissi un giallo molto bello che fu letto nella parrocchia che frequentavo. Poi smisi e continuai a leggere molto. Solo dopo la morte di mio padre (2006) iniziai seriamente, senza più interrompere, a scrivere racconti e romanzi brevi fino al primo vero romanzo, qualche anno dopo. La mia venuta qui in USA ha facilitato le cose. Per scelta, ho radicalmente cambiato stile di vita, in termini lavorativi. Questo mi ha permesso di dedicare dalle tre alle quattro ore tutti i giorni alla scrittura, che adoro. Non saprei più farne a meno. 

Le tue passioni sono molteplici e variegate. Tra queste vi è quella per la storia antica e medievale e per il paranormale a cui hai dedicato diversi tuoi scritti. Cosa ti affascina maggiormente di questi ambiti?

Amo decisamente molto di più la storia antica e medievale. Contrariamente a quello che erroneamente si pensa, il medioevo è stato una fucina di nuove idee che ha portato, nei suoi mille anni, al glorioso Rinascimento. È stato un periodo frizzante e ricco di eventi tra i più svariati. Sono anche appassionata dell’architettura medievale che si è distinta con il Romanico, prima, e con il Gotico dopo. Per capire chi siamo stati, dobbiamo conoscere il nostro passato. Ho scritto molti romanzi brevi e uno lungo che parlano di medioevo e di storia antica. Il paranormale mi affascina perché ha influenzato le varie culture e, tutt’ora, è radicato in molti di noi.

Sei vincitrice di numerosi premi e hai già all’attivo circa 15 pubblicazioni. Cosa ti ha portata a prediligere il self publishing rispetto alla pubblicazione con un editore?

Provenendo da un mondo senza internet, e da una editoria pesantemente “tradizionale” (anche se l’auto pubblicazione è sempre esistita con altri strumenti), ho abbandonato i tentativi con le case editrici per due ragioni. In primis, perché ho avuto proposte di contratti che erano apparentemente belle e che elogiavano il mio elaborato, ma che, nel pratico, erano poco appetibili. Sono sempre stata del parere che se un romanzo non è messo “a priori” sugli scaffali delle librerie, e se la CE non ha i soldi per farti della pubblicità, non ha senso andare con una CE. Inoltre, chi non ha il budget per esporre i tuoi romanzi, e non lo ha nemmeno per farti della pubblicità, ti dà anche una minuscola royalty. In auto pubblicazione si guadagna molto di più, e vista la mancanza di pubblicità offerta dalle CE, alla fine sono libera di gestirmi, a mio piacimento, le mie pubblicazioni, scegliere io un buon editor professionale e come farmi conoscere. Offrendo sempre un prodotto di qualità, perché mi faccio fare a pagamento sempre editing professionale, noto che ho maggiori soddisfazioni rispetto a tanti colleghi che sono andati con CE. Mi riferisco a incassi e a notorietà. Il self publishing è una realtà mondiale che non si può più non considerare. Questo in USA, e nei paesi anglosassoni, lo hanno capito da tempo, tant’è che ci sono CE americane che offrono splendidi contratti ad autori in self publishing che si distinguono nel tempo. Questo vorrà dire qualcosa, no?

Quali credi debbano essere gli ingredienti di un thriller di successo?

Trama intrigante, contrasto caratteriale almeno tra i protagonisti, finte tracce per depistare il lettore e almeno due colpi di scena finali. Interessanti sono anche le ambientazioni e, lì dove risulta utile a corredo della trama, aspetti psicologici dei protagonisti.

Tra le tue prime pubblicazioni vi è la serie poliziesca dal titolo: “Le indagini del commissario Marcella Randi” che comprende sei romanzi. La protagonista potrebbe essere considerata una alter ego dell’autrice?

Ho creato volontariamente un mio alter ego perché tra le cose che “avrei voluto fare da grande”, c’era anche l’idea di fare il commissario della Omicidi. Questo spiega il nome quasi uguale al mio: stesso nome e prime 3 lettere del cognome invertite. Tra le curiosità che mi riguardano, in Italia ero sempre super aggiornata in merito alle leggi, soprattutto in campo penale.

Quali sono le sue caratteristiche principali?

Caratteriali: va subito al sodo, non si perde in chiacchiere ma, allo stesso tempo, sa sdrammatizzare le situazioni con delle battute, sempre pronte. È molto acuta e sa riconoscere il merito nelle persone del suo team. Razionale, sì, ma anche molto passionale. Fisiche: sono io. Bassina, capelli un tempo naturalmente mesciati che con gli anni si sono accorciati fino a un taglio in stile Pixie. Sempre con tanti “mosconi” che la circondano. Abbigliamento da teenager.

Di recente hai dato vita a due romanzi di successo, due “Lega thriller” che da circa due anni sono tra gli ebook più venduti in Italia su Amazon: “Morte all’Ombra dello Space Needle” e “L’architetto dei Labirinti”. Quali sono le caratteristiche che accomunano questi due romanzi?

Innanzitutto amo il genere. Da ragazza non mi sono mai persa un solo episodio del celebre Perry Mason, e non solo lui, come personaggio. Amo Grisham, e Clancy. I due romanzi hanno aspetti in comune: Il detective. È un affascinante, quasi cinquantenne, avvocato di Seattle. È un uomo acuto e perspicace, ma con una forte idiosincrasia per ogni forma di tecnologia. Ama la buona cucina e il pesce, di cui Seattle è il secondo esportatore mondiale, e ama le belle donne. Vive sulla baia di Seattle in un paesino chiamato Alki Beach. Dalla sua casa si vede il mare e lo skyline di Seattle. Altro aspetto in comune è il teatro dei crimini che è Seattle e il suo hinterland. Amo far muovere i miei personaggi tra le strade della città, che è molto bella. In entrambi i romanzi troviamo dei personaggi, a lui vicini, come il suo socio e una avvocatessa con cui ha una sofferta storia d’amore. Ma… i due crimini sono diversi.

Quali sono quegli aspetti che affascinano maggiormente l’avvocato penalista Joe Spark?

In quanto donna, cioè la sottoscritta, ho immaginato un uomo che potesse attrarmi ma anche con delle piccole manie, tipiche spesso degli uomini vicini alla cinquantina. Si dice che siano più le donne a leggere gialli/thriller che gli uomini. Forse questo mi ha aiutata nel creare un affascinante detective uomo. Ho notato, però, che il personaggio attira non solo le lettrici donne, ma anche gli uomini. Quest’ultimo aspetto mi piace molto anche se non so spiegare del tutto le ragioni. Non vorrei che fosse solo per il fatto che vengano apprezzati più i detective uomini che donne…

In “Morte all’Ombra dello Space Needle” a stimolare la curiosità investigativa dell’avvocato penalista è un “cold case”. Un caso di parecchi anni prima sul quale, forse, c’è ancora molto da indagare. A cosa ti sei ispirata per l’ideazione di questa storia?

Innanzitutto, ho seguito per vari anni la serie “cold case”. Ho imparato che certi reati non cadono mai in prescrizione e che, con strumenti di indagine moderna, potevano essere risolti. Inoltre, spesso sono avvolti da una strana coltre di mistero. Per quanto riguarda la trama di questo mio romanzo, che ha vari assassini tra loro correlati, l’ispirazione, in piccola parte, mi è nata leggendo sul Seattle Times un fatto di cronaca nera attuale (3 anni fa), ma con degli agganci al passato e poi avevo letto chi fosse il primo indiziato. Ne rimasi stupita e da lì creai, ampliandola di molto, la mia trama. Lo Space Needle è la famosa torre moderna di Seattle e quindi ho collocato parte dei fatti lì nelle vicinanze. In realtà, il fatto da cui mi sono ispirata, è accaduto nello Stato di Washington, ma non a Seattle.   

Cosa differenzia Joe Spark dai tuoi precedenti protagonisti come, ad esempio, Marcella Randi?

Emotivamente, sono molto diversi, e non mi riferisco al solo fatto di essere uomo e donna, ma come apertura alla vita. Marcella Randi è visibilmente molto passionale e aperta a nuove esperienze senza alcuna inibizione. Quello che ha dentro emerge subito. Joe Spark, dopo la batosta con la ex moglie, si chiude un po’ a riccio, tipico di molti uomini quando vengono lasciati dalle mogli. In molti casi appare anche goffo nell’approccio verso il gentil sesso, che invece lo apprezza molto. Inoltre Joe è il primo protagonista uomo dei miei romanzi, se si esclude il romanzo history/mystery/storico dove si susseguono, nei secoli, vari personaggi con un elemento comune che forse è il vero protagonista: un antico manoscritto.      Razionalmente, si assomigliano, in quanto molto acuti e dotati di un forte spirito di osservazione, ma la loro forma mentis, in termini di approccio nelle indagini, risente molto delle due diverse professioni. Marcella Randi è una poliziotta, che quindi deve seguire certe precise regole durante le indagini. Joe Spark è un avvocato penalista. Questo, unito al suo carattere di base, lo porta a indagare con metodi diversi. Non è tenuto a seguire le regole rigide della polizia. Non è tenuto a parlare con i sospettati munendosi di un mandato. Insomma, voglio dire che in un Legal thriller il detective ha anche un ampio margine di movimento nelle indagini. Forse questo è un degli elementi che, unito ad altri, fa sì che questa serie piaccia molto di più della poliziesca, sebbene non passi settimana che tutti i romanzi di Marcella Randi vengano acquistati.   

Ne “L’architetto dei Labirinti” Joe Spark si trova ad avere a che fare con un architetto di labirinti alquanto bizzarro. Il labirinto diventa il luogo in cui il mistero si infittisce ma, allo stesso tempo, il luogo in cui si riuscirà a rinvenire la risoluzione dell’enigma. Forse qui più che in altri tuoi scritti emerge la tua grande passione per la storia medievale e per il mistero?

Esatto. Hai colpito nel segno, oltre al fatto che sono anche patita di giardinaggio e in Inghilterra e Irlanda ho visitato bellissimi labirinti fatti di piante. Il labirinto, nell’immaginario collettivo, corrisponde al mistero e all’intrigo. Non dimentichiamoci del famoso labirinto di Creta e della figura mitologica del Minotauro. Uno dei miei lettori ha detto: “È proprio un labirinto di avvenimenti, di luoghi e colpi di scena. L’ho letto in un solo giorno”. 

Uno degli aspetti imprescindibili di un buon thriller è il finale del tutto inaspettato. Quali sono quei meccanismi che tendi ad utilizzare nella tua scrittura per far sì che il lettore non possa in alcun modo intuire quale sarà il finale? In altre parole, qual è la tua strategia di costruzione dell’intreccio?

Anni fa seguii, online, un corso su come costruire un buon giallo/thriller tenuto da Dan Brown. Qualche mese dopo ne seguii uno di James Patterson. Ne rimasi affascinata. In entrambi i casi vennero dette tre cose che mi sono rimaste impresse, oltre ad altre comunque importanti: dare quasi subito qualcosa di forte al lettore, ma che lo allontani da qualsiasi vero sospetto in merito al reale colpevole. Il colpevole deve apparire nel romanzo e nemmeno tanto di striscio. Deve avere un buon peso nella trama. Deve interessare, ma lo si deve fare apparire come “uno dei buoni”. Solo in un punto del nostro romanzo, dobbiamo dare gli elementi, in modo sfuggente, in maniera tale che anche il lettore, insieme al detective, alla fine deve arrivare a pensare… Cielo, è vero! Lo avrei dovuto capire prima! 

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