Mauro Di Ceglie: la vita di chi non si è mai arreso

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Lui è Mauro di Ceglie, e oggi ha raggiunto un grande traguardo: compiere mezzo secolo di vita.
Una vita ricca di vittorie, gioie, sorrisi ma anche di sconfitte, di dolori, di lacrime.
Sensazioni ed emozioni che ha condiviso con la moglie Tiziana, con la quale ha dato vita a una splendida famiglia, i cui frutti sono Leo e Lorenzo, oggi due ragazzi di 18 e 17 anni.


Papa Giovanni XXIII diceva che: “la famiglia è la prima cellula essenziale della società umana” e, ahimè, come in tutte le società ci sono periodi di pace e di guerra.
Per la famiglia Di Ceglie, la trincea inizia il 9 aprile del 2015, quando a Leo viene diagnosticato l’osteosarcoma di Ewing, un cancro che colpisce le ossa.
Da quel maledetto giorno, inizia la battaglia in cui la famiglia Di Ceglie diventa una vera e propria falange oplitica con un solo obiettivo: combattere quel maledetto male ma allo stesso tempo garantire a Leo una vita normale, la vita che ogni bambino ha il diritto di vivere e quindi fatta di amici, di studio, di passioni.
Passioni che gli vengono trasmesse dal padre Mauro, la cui carriera nel mondo della Polizia conta ben trent’anni di esperienza.

Una vita al servizio degli altri

Un iter che lo porta a diventare assistente capo coordinatore della Polizia di Stato, nonché istruttore e formatore degli istruttori di difesa personale della Polizia.
Curriculum che lo vede anche addestratore di vari reparti sia delle forze dell’ordine che delle forze armate.
Una vita dedicata all’arma, in cui Mauro coltiva la sua passione per le arti marziali che lo porterà a conseguire un diploma di Krav Maga israeliano e in Redman Training negli Stati Uniti, con i Reparti Speciali Swat Team della Florida a West Palm Beach.
Ma Mauro prima di essere un maestro di arti marziali, un poliziotto, un marito, un padre, è principalmente un uomo con la U; medaglia al valore che lo porterà a intraprendere, nel ruolo di istruttore, corsi di antiviolenza e antistupro a Roma, città dove ha sempre vissuto con la sua famiglia.

La battaglia della famiglia Di Ceglie

Una famiglia che ha sempre lottato per e con il suo guerriero, affrontando battaglie estenuanti a livello fisico, psicologico ma anche economico
Leo in questi anni ha affrontato 13 interventi chirurgici pluriamputativi.

Il primo, nel 2016, è durato 20 ore ed ha visto impegnata un’equipe di 50 medici, tra oncologi, ortopedici, chirurghi del torace, pneumologi, ed anestesisti.

Si è trattata della prima operazione del genere al mondo.
Il video di questa operazione è stato divulgato in tutto il mondo scientifico, in modo che gli esperti di varie discipline mediche potessero studiare le caratteristiche dell’osteosarcoma.
Battaglie che vanno oltre il concetto di forza e coraggio, e a maggior ragione se ad affrontarle è chi si sta affacciando alla vita.

Sfide precedute da altrettante estenuanti battaglie, come i tantissimi cicli di chemioterapia e immunoterapia che, infatti, hanno estremamente debilitato Leo.
Per di più la fisioterapia neuro riabilitativa è fondamentale per prepararlo a un pesante intervento di ricostruzione toracica.
Devono essere ricostruite sette costole, sette vertebre a metà, dorsale destro, e provare a intervenire sul polmone destro quasi completamente amputato.
Il tutto reso ancor più complicato dal fatto che, in Italia, questo intervento non sia possibile da affrontare.

Maestri di vita

Leo si è sempre mostrato più forte di tutto e di tutti, nonostante una vita che gli ha dichiarato guerra.

Una guerra che, però ,né lui né la sua famiglia intendono perdere.
Una guerra che richiede protocolli fisioterapici neuroriabilitativi molto complessi nonché pesanti sotto l’aspetto economico; soprattutto si si versa in un Paese che tanto batte le mani ai discorsi sui diritti umani ma è il primo e lavarsene.
Si dice che lo Stato debba fungere da esempio ai cittadini, ebbene la famiglia Di Ceglie dimostra giornalmente quanto sia l’esatto opposto.

Situazione che dovrebbe far riflettere tutti noi e, magari, far recitare un bel mea culpa a chi tanto predica bene e razzola male.

Rita Lazzaro

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