Nell’anno della pandemia è triplicato il numero dei gatti adottati

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Il rapporto di Legambiente evidenzia un calo delle adozioni nei canili di cani del 20%. Tra gli animali di compagnia preferiti proliferano roditori, uccelli, invertebrati.

© Biosphoto / Agf 
– gatti 

 

AGI – Nell’anno della pandemia cresce di oltre tre volte, rispetto al 2019, il numero di gatti adottati (42.081 nel 2020, contro i 12.495 del 2019). È quanto emerge dal X rapporto nazionale “Animali in città” elaborato da Legambiente.

Parallelamente, tuttavia, si assiste a un calo nelle adozioni dei cani nei canili che nel 2020 diminuiscono del 20% rispetto all’anno precedente (dalle 19.383 nel 2019, alle 16.445 nel 2020), coerentemente con i dati dichiarati di nuove iscrizioni in anagrafe canina (85.432 nel 2019, contro le 67.529 nel 2020).

A livello nazionale, il rapporto tra cani iscritti all’anagrafe degli animali d’affezione e cittadini è di un cane ogni 4,7 abitanti, con Umbria e Sardegna che primeggiano in positivo (rispettivamente un cane iscritto ogni due cittadini e un cane ogni 2,8), e Puglia e Calabria fanalini di coda (rispettivamente un cane iscritto ogni 7,4 e ogni 9,6 cittadini).

Guardando agli amici felini, il rapporto nazionale è di un gatto iscritto all’anagrafe degli animali d’affezione ogni 72,4 cittadini: a primeggiare, in questa categoria, sono Valle d’Aosta (un gatto ogni 31,4 abitanti) e la Provincia autonoma di Bolzano (un gatto ogni 32,6 cittadini).

All’indagine di Legambiente hanno risposto in modo completo 656 amministrazioni comunali (l’8,3% del campione contattato), tra cui il 50% dei Comuni capoluogo, e 50 aziende sanitarie (il 44,6% del campione).

“Il capitolo del controllo demografico – spiega Legambiente – rimane senz’altro tra i più spinosi: se negli ultimi 30 anni le popolazioni di cani e gatti sono state lasciate crescere senza alcuna pianificazione, allo stesso modo si sta assistendo al proliferare in città di ulteriori specie animali da compagnia (spesso selvatiche) quali roditori, uccelli, invertebrati, senza una strategia pubblica preventiva”.

Meno della metà delle Aziende sanitarie (il 40% del campione) dichiara di effettuare azioni di prevenzione del randagismo delle popolazioni (padronali e non) di cani e gatti: i numeri del 2020 ci dicono di 6.888 cani e 19.740 gatti sterilizzati, cifre “del tutto insufficienti per una seria politica di controllo demografico, se confrontati – sottolinea Legambiente – con il numero dei cani dichiarati entrati nei canili sanitari (36.368) e con i gatti presenti nelle colonie feline (313.288)”.

Nel rapporto emerge che i cani vaganti rappresentano “il più significativo costo economico” a carico della collettività, oltre che “in termini di sofferenza e conflittualità degli animali d’affezione”. 

L’indagine di Legambiente monitora i risultati raggiunti dai diversi territori italiani ogniqualvolta un cane vagante viene “preso in carico” dall’amministrazione pubblica. Ebbene nel 2020, in media, nei Comuni ogni 10 cani catturati 8,8 hanno trovato felice soluzione tra restituzione ai proprietari, adozione e/o reimmissione come cani liberi controllati, con un rapporto di 1:1,4.

Ma le situazioni sono differenti a seconda dei territori considerati, come mostrano i casi negativi di Campi Salentina (Lecce), dove su 5,4 cani entrati nei canili solo uno ha trovato una soluzione; di Sciacca (Agrigento), uno su 4,9; Catania, 1 su 4. Ai poli opposti troviamo Napoli, dove per ogni cane preso in carico, 8,7 hanno trovato una soluzione, anche se in questo caso la quasi totalità dei cani catturati è stata rilasciata sul territorio; Priolo Gargallo (Siracusa), 4 su 1, e Corato (Bari), 2 su 1.

Per quanto riguarda le Aziende sanitarie, 9 cani su 10 hanno trovato una soluzione felice, ma anche qui le performance variano: su tutte, in negativo, spicca quella dell’Asp Ragusa, dove su 21,5 cani presi in carico nei canili appena uno ha trovato una soluzione.

In positivo, si segnala Area Vasta 1 (Pesaro-Urbino) con 6,6 cani che escono dal canile per uno che entra. I dati disponibili al 31 dicembre 2020, raccontano di un Nord particolarmente virtuoso sul fronte della popolazione canina ospitata nei canili, con Milano al primo posto, con appena un cane in canile ogni 10.190 cittadini, seguita da Bolzano (un cane ogni 7.703) e da Verona (un cane ogni 7.402).

Numeri in positivo che fanno il paio con quelli forniti dalle Aziende sanitarie e che vedono ai primi posti Ats della Montagna (un cane in canile ogni 296 mila abitanti); Ats Insubria (uno ogni 295 mila) e Ats Brescia (uno ogni 96 mila).

Ai poli opposti, si segnalano invece i Comuni di Premilcuore (Forlì-Cesena) con un cane in canile ogni 9,8 cittadini; Carloforte (in Sardegna), un cane ogni 9,6, Fratte Rosa (Pesaro), uno ogni 2,1 cittadini, e le aziende sanitarie ASReM (un cane ogni 271 abitanti), Asl 1 Abruzzo (uno ogni 211), Asl Caserta (uno ogni 185 abitanti).

Ci sono poi le esperienze dei cani liberi controllati (o cosiddetti cani di quartiere), presenti in un Comune su 25: “interessante – si conclude nel rapporto – notarne la ripartizione, dato che per ben l’84,6% si trovano al Sud e nelle Isole, con Palermo al primo posto con 3.402 cani liberi registrati, per il 15,4% al Centro, mentre nessun caso si registra al Nord”.

 

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