Non è cosa per il Bari: quinta sconfitta consecutiva fuori casa. Stavolta a Carpi

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Insomma, non era questione di campi sintetici, né una questione di assenti, né di silenzi stampa: diciamo, più semplicemente, parafrasando un motto barese, che “non è cosa” per il Bari quest’anno nonostante la sontuosa campagna rafforzamento, ad oggi tutto fumo e poco arrosto, sebbene le possibilità di centrare i playoff rimangano accese. Per contro, occorre dire anche che per fortuna qualche punto in cascina, soprattutto ad inizio girone di ritorno, è arrivato così da mettersi al riparo da posizioni scottanti. Onestamente, da questa squadra, è difficile pretendere di più. Almeno, questo è quel che “fotografiamo” oggi. Domani chissà.

Pasquetta, dunque, al cioccolato amaro per il Bari, ma proprio amaro amaro che più amaro non si può. Doveva tirarsi fuori dal tunnel il Bari ma anche oggi, a Carpi, è riuscito nel non facile intento di perdere la sua quinta partita consecutiva fuori le proprie mura, mostrando tutti i limiti ben celati dai “nomi” arrivati nella campagna di gennaio, e le crepe evidenti nella testa anche perchè, tutto sommato, ha pure giocato decisamente più di altre volte dove è uscito sconfitto perdendo anche la dignità. Ma oggi no, oggi ha perso, se vogliamo, in piedi, anzi in punta di piedi, anche se le critiche non mancano.

E già, perchè noi siamo abituati a descrivere, magari a nostro modo, il presente perchè l’abilitazione a scrutare il futuro non ce l’abbiamo, ed il presente ci induce a descrivere, oggettivamente, quel che abbiamo visto. E se non è un record, la quinta sconfitta consecutiva in trasferta per una squadra dal blasone elevato come quella del Bari, poco ci manca.

E meno male che Moras, da buon evangelista ellenico, aveva predicato come un Cristo risorto a Pasqua che d’ora innanzi sarebbero contati solo i fatti e non le chiacchiere: ma, a quanto pare, a questo Bari piace ancora chiacchierare.

Senza Capradossi squalificato, Colantuono, che l’altro giorno – inspiegabilmente – aveva disertato la consueta conferenza stampa che ogni allenatore tiene alla viglia della gara, forse per cercare quella tranquillitas animi, forse perché arrabbiato, forse non lo sappiamo nemmeno noi, le ha provate tutte, sicché oggi era il turno di Martinho sulla fascia sinistra come novità assoluta negli undici del Bari, il resto era noto: Micai in porta, da destra a sinistra Sabelli, Moras, Tonucci e Daprelà in difesa, Macek, Basha e Salzano a centrocampo, Galano, Maniero e Martinho in avanti, soluzione obbligata atteso che Floro Flores ha accusato un problema muscolare in fase di riscaldamento.

Era una sfida fondamentale in chiave play off per le due squadre, comunque, ancora in corsa per conquistare un posto al sole, ed il Carpi è riuscito nell’intento mandando via dalle posizioni che contano il Bari che da oggi, sulla carta, è fuori dai playoff.

Da qui in poi per entrambe era vietato sbagliare, perdere ulteriori treni, per il Bari soprattutto che veniva da prove deficitarie fuori casa, e il Bari, che con la gara di oggi ha fatto salire a 485 i minuti senza far gol, si è fermato nella Eboli di centro classifica, posizione che, oggettivamente, più si addice alla squadra di Colantuono. Altro che quarto o terzo posto.

Eppure era partito bene il Bari, con buona personalità, ottimo possesso palla, anche se i ritmi son risultati bassi, fino all’autogol di Tonucci quando ha subito il colpo nonostante qualche buona opportunità ottenuta con Galano e Martinho, oggi particolarmente attivo. Ma poi si è bloccato. Anche nel secondo tempo il Bari è entrato in campo più determinato ma poi, pian piano, nonostante abbia tenuto bene il campo, ha alzato bandiera bianca in occasione del raddoppio di Mbakogu lasciato inspiegabilmente solo per tirare, e di lì in poi ha giochicchiato senza incidere più.

Nulla è compromesso, lo dice la classifica, ma il timore è che questa squadra abbia perso la bussola, e che stia andando alla deriva da dove, poi, è difficile rientrare nell’ansa del porto. Lo diciamo sempre che occorre cambiare marcia, ma la marcia, evidentemente, non vuole saperne di cambiare. E allora occorre altro, uno scossone, un defibrillatore metaforico, lo precisiamo alle volte qualcuno lo prenda alla parola.

Colantuono continua ad aver la fiducia della società e del gruppo, ma è anche lui ad aver fiducia della squadra che, sia giocando che non giocando, continua, tuttavia, a perdere colpi, a non produrre gol e gioco, e a ciò vada ad aggiungersi che non è affatto scritto che il Bari debba vincere sempre in casa (Novara docet) e si tiri la linea.

Se veramente si vuol proseguire nella scalata dei play off occorre invertire la marcia e svuotare la testa da pensieri e da pressioni, cosa non facile, e l’unico responsabile è Colantuono che mai come in questo frangente deve vestirsi da psicologo, magari senza isterismi da parte di nessuno.

Se poi – come più ragionevolmente ipotizziamo – si vuol preparare il terreno per il prossimo torneo (ricordiamo che il Presidente Giancaspro ha detto chiaramente che la promozione non era prevista quest’anno), navigando nell’Ade dell’anonimato del centro classifica, che lo si dica chiaramente così da non illudere i tifosi impareggiabili che, anche oggi (eran in 500 che hanno lasciato l’agnello e le braci per seguire il loro amore indissolubile), hanno fatto la loro parte. E quando han capito che anche oggi sarebbe andata male, hanno cominciato ad invocare vecchi giocatori del Bari come Tovalieri, Protti e Joao Paolo, quasi volessero votarsi a loro per rivedere un gol. Questo sconosciuto.

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