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Dal sei settembre, il capoluogo della valle dei Cinque Leoni, dove il leggendario comandante Massoud bloccò gli assalti dell’Armata Rossa, è sotto il controllo del nuovo Emirato. Ma, nella parte alta della vallata, un manipolo di uomini continua a combattere. E spera di dar vita al primo embrione di resistenza anti-talebana.
Ma come hanno avuto la meglio sui combattenti del Panjshir, guidati dal figlio di Massoud e dall’ex vicepresidente Amrullah Saleh? Di certo non combattendo. Sulla strada che da Anabah, sede dell’Ospedale di Emergency, risale a Rokhah e, infine, al capoluogo di Bazarak non vi è traccia di battaglie recenti. A parte quattro o cinque blindati dell’ex esercito afghano completamente carbonizzati, non s’intravvedono segni di combattimento. Tra le case e i negozi ai lati della strada non si notano nè vetri infranti, nè mura sbrecciate. L’impressione più immediata è che la vallata sia stata abbandonata dopo un negoziato, o un tradimento, seguito da una rapida ritirata delle forze locali.
Al di fuori del governatorato, la presenza talebana non sembra comunque pressante. Il mausoleo del Leone del Panjshir, fatto uccidere da al-Qaida* alla vigilia dell’11 settembre, è sostanzialmente intatto. Gli stessi talebani, ripetono le voci della vallata, avrebbero sostituito le vetrate dell’edificio crivellate di colpi dalla furia jihadista durante le prime ore di occupazione. Ovviamente, anche l’apparente rispetto del nemico e dei suoi morti fa parte della dell’immagine accomodante assunta dal movimento, in vista di un riconoscimento internazionale. L’apparente moderazione talebana è però contraddetta dalle voci di almeno 20 esecuzioni sommarie. La più innegabile – confermata dagli stessi esponenti dell’Emirato – è quella di Rohulla Azizi, il fratello del vice-presidente Saleh, rapito, torturato ed eliminato dopo il fermo ad un posto di blocco.
Ma le voci di esecuzioni sommarie si mescolano a quelle che danno per certa la fuga del figlio di Massoud e dell’ex vicepresidente Saleh, riparati, si dice, nel vicino Tajikistan. La fuga dei due leader rappresenterebbe un ulteriore duro colpo per una resistenza priva di qualsiasi appoggio internazionale. Pur di non offrire ai talebani pretesti in grado di giustificare una rottura degli accordi di Doha e una ripresa della collaborazione con il terrorismo jihadista e Washington ha tagliato tutti i contatti con gli eredi di un’Alleanza del Nord decisiva, nel 2001, per abbattere il primo emirato.
Ma sul figlio di Massoud non hanno scommesso nemmeno Russia e Iran, conosciuti un tempo come ottimi alleati del padre. Ma forse non tutto è ancora perduto. Duri scontri sono in corso nei distretti di Dara, Abshar e Paryan, la parte alta del Panjshir, attraversata dalle vallate minori che solcano la catena dell’Hindukush e sfociano nella provincia nord orientale del Badakhshan. Proprio li sono confluite da giorni le colonne di fuoristrada con a bordo centinaia di talebani incaricati di eliminare quelle ultime sacche di resistenza e assumere il controllo del Panjshir settentrionale.
Ma la storia insegna che tra le vette e le vallate dell’Hindukush, anche la battaglia più scontata si trasforma in una scommessa imprevedibile. E proprio lì, gli irriducibili eredi del comandante Massoud sognano ancora di dar vita al primo embrione di resistenza anti talebana.