Papa Francesco: “Culle vuote e cucce piene paradigma dell’egoismo umano”

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Papa Francesco oggi punta l’indice sulla negazione della genitorialità: “Siamo una società egoista in cui cani e gatti prendono il posto dei figli”,

© Filippo MONTEFORTE / AFP 
– Papa Francesco

 

AGI –  Una lunga parentesi in un discorso già di per sé sufficientemente chiaro, un duro esempio che letteralmente accarezza contro il verso del pelo chi lo ascolta e chi non vuol farlo. Papa Francesco oggi punta l’indice sulla negazione della genitorialità, ben rappresentata dalle culle vuote e dalle cucce piene.

Figli pochi o punti; cani e gatti, in compenso, molti. Questi ultimi che prendono il posto dei primi per la piena realizzazione di una società egoista che si autocondanna a restare orfana. Orfana di futuro, perché sono i figli che “ci chiuderanno gli occhi” e, per chi è più prosaico, ci pagheranno la pensione.

Proprio così: Bergoglio cita l’osservazione semiseria di chi si preoccupa del futuro anche in termini molto concreti; semiseria fino a un certo punto. Se non si vuole capire l’una cosa, si ascolti almeno il richiamo della praticità. Un discorso che lo vede tornare per la seconda volta in pochi giorni sul tema dell’inverno demografico.

Oggi non cita l’Italia, ma pare più che altro perché non ve n’è più bisogno. L’enunciato è comunque chiaro. Del resto il fenomeno non è certo limitato alla Penisola e alla sua disamina il Pontefice arriva al termine di un ragionamento che parte dall’attualità liturgica.

Il messaggio dell’Epifania

i Magi arrivano a rendere omaggio al Re del mondo nato in una grotta, trovando una giovane madre ed un padre iconograficamente più anzianotto. Nemmeno Suo padre, addirittura. Ma è qui il nocciolo della questione

 “Per comprendere la paternità putativa o legale di Giuseppe, occorre tener presente che anticamente in Oriente era molto frequente, più di quanto non sia ai nostri giorni, l’istituto dell’adozione”, spiega. Una scelta di autentica genitorialità, che prescinde e addirittura supera l’aspetto biologico della questione.

Non a caso Bergoglio prosegue immediatamente dopo affermando che “non basta mettere al mondo un figlio per dire di esserne anche padri o madri. Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui”. È l’etica, religiosa come laica, della responsabilità che si esplicita in un atto di puro amore.

Anzi, prosegue, “questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità. Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro. E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo”.

Ci assecondino allora i bisogni, le necessità e i desideri: senza avere “paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere il rischio dell’accoglienza”. Ne consegue una richiesta molto concreta: “Auspico che le istituzioni siano sempre pronte ad aiutare in questo senso, vigilando con serietà ma anche semplificando l’iter necessario perché possa realizzarsi il sogno di tanti piccoli che hanno bisogno di una famiglia, e di tanti sposi che desiderano donarsi nell’amore”.

Ma, ancor prima di questo messaggio spedito ai governi, Papa Francesco intercala un ragionamento fatto a braccio: segno che alla cosa tiene particolarmente e che sente il dovere di dirla. La nostra, scandisce, è una civiltà “dell’orfanità”. È orfana, vuole essere orfana e fa della soluzione della continuità tra le generazioni la sua cifra essenziale. Solo che non si limita a tagliare i rapporti tra genitori e figli, ma anche quelli che dai figli portano ai genitori. Inevitabilmente ne emerge “un certo egoismo”.

 “L’altro giorno parlavo dell’inverno demografico”, rievoca a questo punto, “Si vede che la gente non vuole avere figli: molte coppie hanno al massimo un figlio, ma hanno due cani o due gatti. I cani e i gatti prendono il posto dei figli, Fa ridere ma è la verità”.

Pertanto la cosa fa ridere ma solo fino a un certo punto, perché “questo negare la paternità e la maternità ci toglie umanità, e così la civiltà diviene più vecchia e senza umanità, si perde la ricchezza della paternità e della maternità, e soffre la Patria che non ha figli e, come diceva una persona, ‘adesso chi pagherà le tasse per la mia pensione?’. Rideva ma era la verità”.

Il riso che sottintende la disperazione. Occorre allora “svegliare le coscienze e pensare a questo, ad avere figli. Questa è la pienezza della vita di una persona. Chi si sposa pensi ad avere figli, ad avere la vita. Saranno loro che ti chiuderanno gli occhi. E se non potete avere figli pensate all’adozione: é un rischio, sì, ma più rischioso è non averne, negare la paternità, la maternità”.

Su Via della Conciliazione, stamane, un cartello finito a terra ricordava la celebrazione degli Stati Generali della Natalità. Sono stati celebrati a maggio cello scorso anno. Pochi mesi, sembra un secolo.

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