Parte da Berlino il cantiere della riforma fiscale

Economia & Finanza

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Il ministro dell’economia Roberto Gualtieri. (Ufficio stampa palazzo Chigi)

ROMA  – La maxi-riforma fiscale prende forma, con una parte dell’esecutivo orientata verso il “modello tedesco” che però già divide. Al Mef, intanto, si lavora sull’obiettivo finale più che sul “come” arrivarci, quello di proseguire sulla strada già intrapresa di riduzione dell’Irpef, puntando su un riordino delle detrazioni e sulla lotta all’evasione mentre  ancora da definire la cifra del provvedimento, dopo indiscrezioni che parlavano di 10 miliardi.

“Io apprezzo il modello tedesco di progressività con aliquota continua, ma su questo non abbiamo ancora deciso”, aveva spiegato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Quel che appare certo è la determinazione ad andare avanti sulla riduzione dell’Irpef nel 2021, nel senso delle aliquote progressive, un punto fermo nel segno dell’equità per Gualtieri, che ha sempre rivendicato la netta inversione a U rispetto alla flat tax.

SI tratterebbe – col modello tedesco – di cancellare il vecchio sistema a cinque aliquote applicate ad altrettanti scaglioni di reddito, per passare a un sistema che sulla base di un algoritmo attribuisce un’aliquota personalizzata a ciascun contribuente.

L’uscita di Gualtieri innesca la dialettica fra i partiti su un provvedimento tanto delicato. “Positivo che sia finalmente partito il dibattito, come Italia Viva chiedeva da un anno – osserva il presidente della Commissione Finanze alla Camera Luigi Marattin –  – però sul sistema tedesco ho molte perplessità” perché è “basato su una formula matematica molto complessa, e al contribuente viene solo detto quante tasse debe alla fine pagare, senza che capisca il perché.

Un sistema troppo difficile e opaco, con poca “accountability” e che quindi risulta anche più difficile da controllare in ottica anti-evasione”.Meglio eliminare “tute le tax expenditures, tranne pochissime come spese sanitarie, prima casa e contributi, e  tre aliquote da fissare a seconda delle risorse che la riforma avrà a disposizione”.

Da sciogliere c’è, per prima cosa, il nodo delle risorse, posto che non saranno i soldi del recovery fund, a tempo, a finanziare un provvedimento interamente strutturale. Ma certo l’aiuto dei partner europei potrebbe liberare risorse e facilitare il dialogo con Bruxelles sui saldi.

Il sasso nello sagno, intanto, è lanciato e altri nodi da sciogliere riguarderanno la “giungla” delle detrazioni, l’intenzione di mettere mano a quelle a industrie inquinanti, politicamente un campo minato, e poi, naturalmente, come le risorse verranno rimodulate per fasce di reddito.

Il presidente dell’Istituto nazionale dei tributaristi, Riccardo Alemanno, dice all’ANSA che l’intervento deve operare una “rimodulazione, anche graduale, degli scaglioni, affinché tutti i redditi soggetti all’imposta ne possano beneficiare”.

Il  Consiglio nazionale dei commercialisti, presieduto da Massimo Miani, chiede che “la curva di progressività subisca una modifica sostanziale in corrispondenza dei redditi tra 28.000 e 55.000 euro”, ovvero quelli che “oggi scontan un’aliquota lorda del 38%, e che cominciano a scontare la velocissima riduzione delle detrazioni che, invece, a chi ha redditi più bassi, spettano in misura piena”.

Sulle ipotesi di riforma fiscale, in particolare dell’Irpef, fatta seguendo il principio della progressività annunciata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

Quindi, “se vogliamo parlare di un aiuto ai redditi bassi, non c’entra la riforma del fisco, ma bisogna fare degli interventi che abbiano a che fare con le politiche salariali ed industriali”, giacché “il problema dei redditi bassi non è certo l’Irpef alta”, questione che, invece, “riguarda il ceto medio”.

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