Pedopornografia: pm, video con torture su bimbi di 6 mesi. Offerti contatti con minori

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Anche video con “torture” su bimbi di appena 6 mesi. E’ questo il materiale dell’orrore, definito “tossico” dagli inquirenti, trovato nelle chat dei presunti pedofili individuati nel maxiblitz anti pedopornografia coordinato dalla Procura di Milano.

Emerge dalle indagini della polizia postale, coordinate dagli aggiunti Letizia Mannella e Eugenio Fusco e dai pm Barilli e Tarzia. Durante il lockdown e la pandemia, ha spiegato Mannella, i bambini “sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti” e c’è stato un “aumento dei reati di pedopornografia”.

Una delle persone arrestate in flagranza, tra ieri e oggi, quasi 20 in totale, deteneva 30.800 file con immagini raccapriccianti. L’arrestato è un impiegato 60enne. Nell’inchiesta della polizia postale, coordinata dagli aggiunti Fusco e Mannella e dai pm Tarzia e Barilli, sono state eseguite una sessantina perquisizioni. Centinaia di migliaia i file scambiati nelle chat.

Oltre allo scambio di video e immagini di violenze su bambini, in alcuni casi i presunti pedofili individuati nel maxi blitz anti-pedopornografia, che ha fatto emergere una rete criminale in tutto il mondo, avrebbero offerto anche la possibilità di arrivare ad avere “contatti diretti” con minori vittime di abusi.

Il sospetto di investigatori e inquirenti è che gran parte dei filmati e delle immagini scambiate nelle chat di Telegram e WhatsApp dai vari gruppi di pedofili sia stata prodotta in Paesi africani, asiatici come le Filippine, o in Sud America. Con le perquisizioni, i sequestri e gli arresti in flagranza eseguiti tra ieri e oggi in tutta Italia (quattro nel capoluogo lombardo) sono state trovate anche nuove chat e nuove immagini dell’orrore e, dunque, le indagini si moltiplicheranno nel tempo coinvolgendo anche altri soggetti.

Al centro dell’inchiesta le accuse di associazione per delinquere, detenzione, diffusione e cessione di materiale pedopornografico. Una ventina di arresti sono stati eseguiti anche all’estero tra Sud America, Asia ed Europa (anche in Spagna c’è stato un blitz). Nei gruppi di scambio dei video c’erano professori universitari, ragazzi, operai, impiegati, persone di tutte le estrazioni sociali.

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