Per star meglio qui giace  

Arte, Cultura & Società

Di

di Roberto Chiavarini                                                                                                                                 

Mio padre, raccontava spesso ai suoi amici, una storiella del dopoguerra, accaduta tra la realtà in cui viveva la gente semplice d’allora e la leggenda paesana, ovvero, quel che noi definiamo, dalle nostre parti, come “culacchi”.

Non so dire se, questa storiella, sia vera e/e/o se sia potuta accadere in altre epoche e in altri luoghi, o sia semplicemente frutto di fantasia popolana, questo, non lo so…

So che mio padre la raccontava, solo per mettere in guardia i suoi conoscenti, dall’assunzione sconsiderata di farmaci, circostanza questa che, negli anni 60, si verificava spesso, stante la diffusa ignoranza di una parte del popolo di allora. 

Provo a raccontarvela con le mie parole.

 IL CULACCHIO

Un marito, accudiva la propria moglie gravemente ammalata.

Chiamò al capezzale della sua amata, un noto specialista, facendo leva solo sugli ultimi risparmi che gli erano rimasti.

Quel Medico, prescrisse una serie di farmaci, per le varie patologie della paziente e si raccomandò con il marito sulla quantità e sulla puntualità della loro somministrazione.

Corse in farmacia quel marito premuroso e, dopo un po’, cominciò la somministrazione alla sua amata compagna.

Prese la prima scatola e lesse a cosa servivano le pillole in essa contenute.

“Regolano l’attività cardiaca in soggetti gravemente compromessi”, recitava il bugiardino del primo farmaco.

Pensò: se a mia moglie fa bene questa pillola per regolare il suo cuore malato, pensa come farà bene soprattutto a me, che ho il cuore perfettamente funzionante e, dunque, il mio muscolo cardiaco, diventerà ancora più sano, quale patrimonio per la mia vecchiaia che incede.

E via, mandata giù la prima pillolona con un abbondante bicchierone d’acqua.

Poi lesse il bugiardino della seconda scatola, che recitava:  “Regola la funzionalità del fegato in persone affette da gravi patologie”.

Pensò la stessa cosa di prima.

Ed anche quel pillolone lo mandò giù con un altro bel bicchierone d’acqua.

Quando finì la sequenza delle pillole da somministrare alla moglie e quelle da lui al pari assunte, solo per stare meglio, e lo fece per molte settimane, cominciò ad aspettare il maggiore beneficio che pensava rivenisse dalla assunzione di quei farmaci.

Un giorno, quel marito premuroso, andò a riposare, dal momento che accusava un malessere generale.

Quando la moglie si alzò, dopo averlo invocato invano ad alta voce dalla sua camera da letto, si accorse che il suo compagno di vita, era disteso sul divano moribondo.

Chiese subito aiuto al vicinato.

 Arrivarono i Medici ed i Gendarmi che non poterono far altro che constatarne il decesso.

La moglie, spiegò agli intervenuti che, il marito, aveva assunto una quantità enorme di pillole, prescritte dallo specialista per lei e che, il suo compagno, aveva esagerato nella ingestione di quei prodotti chimici, nella convinzione personalissima, che ne avrebbe avuto un beneficio tale, tanto da raggiungere una salute ancora più perfetta.

Ed è così che la moglie volle ricordare il marito affettuoso, facendo incidere sulla sua lapide la seguente frase:

“… al mio adorato marito, sano come un chiodo che, per star meglio, qui giace ”.

ROBERTO CHIAVARINI                                                                                                                                          Opinionista di Arte e politica

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