Piscina condominiale, le cose da sapere per il corretto uso

Le regole da osservare per l’utilizzo della piscina in condominio

Noi e il Condominio

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La piscina condominiale è un manufatto ad uso privato, ossia, salvo particolari destinazioni, un manufatto che può essere utilizzato solamente dai condòmini e dai loro ospiti. La piscina condominiale, in altre parole, manca della possibilità dell’uso pubblico, ossia dell’utilizzazione ad un numero indeterminato ed indistinto di persone. Si è soliti fare riferimento alle piscine condominiali, ma queste vasche possono essere considerate condominiali nel senso proprio del termine? Detta diversamente: le piscine possono essere definite beni condominiali, ossia beni destinati all’uso e godimento strumentale e funzionale in ragione della loro natura accessoria rispetto alle unità immobiliari in proprietà esclusiva? Al riguardo, comunemente, si è orientati a dare risposta positiva al quesito, come spesso accade l’opinione non è unanime.

Piscina condominiale o piscina bene in comunione?
Correva l’anno 2000, quando la Corte di Cassazione, nel sentenziare in merito all’applicabilità delle norme in materia di condominio negli edifici ai così detti supercondominii dettava un criterio distintivo dirimente tra beni comuni a più edifici che dovevano considerarsi soggetti al regime giuridico condominiale e beni che, invece, andavano considerato semplicemente in comunione.

Tra questi rientravano le zone verdi, i parchi, gli impianti sportivi (i campi da tennis, da calcio, da pallavolo, da bocce etc.) che la Corte riteneva privi del requisito dell’accessorietà (definita come «carattere complementare delle cose, degli impianti e dei servizi comuni rispetto ai piani o alle porzioni di piano (il difetto di utilità fine a se stessa e la subordinazione strumentale delle parti comuni)») ed aventi con le unità immobiliari «un mero legame spaziale, configurato dalla collocazione nell’area del complesso.

Avuto riguardo alla utilità, che forniscono, costituiscono beni ontologicamente autonomi, suscettibili di godimento fine a sè stesso, che si attua in modo indipendente dall’uso degli immobili in proprietà solitaria (tant’è che non sempre tutti i proprietari delle unità immobiliari le utilizzano)» (Cass. 7 luglio 2000 n. 9096).

Certo, stando così le cose, se ne dovrebbe dedurre l’illegittimità di qualunque decisione assembleare che, deliberando una innovazione, decidesse la edificazione di una piscina , poiché se questo bene ha autonoma utilità non accessoria al godimento delle unità immobiliari, allora l’assemblea non avrebbe competenza a decidere la destinazione di un’area comune ad uso non accessorio, ossia non condominiale. Ad avviso dello scrivente una conclusione troppo rigida.

Ad ogni buon conto solitamente nei regolamenti condominiali di natura contrattuale (è raro che condomini o supercondominii dotati di piscina non ne abbiamo) è disciplinata la proprietà del bene ed i criteri di riparto spese per la manutenzione e l’esercizio. Ove ciò non sia stabilito, è opinione condivisa che le spese qui citate debbano essere suddivise sulla base dei millesimi di proprietà.

Questi gli aspetti connessi al diritto di proprietà : questioni certamente non secondarie, si pensi su tutte alla possibilità di rinunciare al bene piscina ove considerata in comunione piuttosto che in condominio, ma non uniche. L’uso della piscina, ovvero l’esercizio della sua attività comporta il rispetto di altre norme, in primis di carattere igienico sanitario.

Piscina tra leggi nazionali e regionali
La normativa riguardante le piscine condominiali è data da un insieme di norme di rango statale, ma soprattutto regionale e comunale. Per quelle statali, o meglio più generali e di riferimento per quelle regionali e locali, bisogna guardare all’accordo tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano relativo agli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio raggiunto in sede di conferenza Stato-Regioni nella seduta del 16 gennaio 2003 (Repertorio Atti n. 1605 del 16 gennaio 2003). Quest’atto, ad esempio, afferma che sono condominiali quelle «piscine la cui natura giuridica è definita dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, destinate esclusivamente agli abitanti del condominio ed ai loro ospiti».

Piscina e nulla osta ASL igienico-sanitario
Il resto, per quanto qui interessa in materia di norme igienico sanitarie , va rintracciato nelle normative di rango regionale, per lo più leggi regionali recanti disciplina igienico-sanitaria delle piscine e nei regolamenti comunali d’igiene.

In linea generale, come si suol dire in questi casi la consultazione delle norme locali è d’obbligo, ogni piscina , sia essa già esistente o di nuova costruzione, è soggetta ad una comunicazione di inizio attività, ossia ad una comunicazione alla ASL competente per territorio.

Essa altro non è che una comunicazione con la quale si dice all’ente sanitario che in un dato posto esiste una piscina aventi le sue proprie caratteristiche (che devono essere conformi alla normativa vigente) che inizia la propria attività.

Si parla comunemente di nulla osta, ma questo è per lo più costituito da una forma di silenzio assenso (si veda ad es. l.r. Puglia n. 35/2008)

Per la piscina è prevista la individuazione di un responsabile di attività , che coincide con l’amministratore del condominio, salvo auspicabile nomina di un soggetto diverso e competente, che si occupi di tutti gli aspetti connessi all’esercizio della piscina, ivi comprese il rispetto delle norme igienico sanitarie.

All’uopo è utile rammentare che le normative regionali prevedono l’esistenza di controlli interni ed esterni, nonché l’irrogazione di sanzioni (che vedono come destinatario il condominio) per l’omesso rispetto delle norme sanitarie.

Regolamento d’uso della piscina condominiale
Le leggi regionali sovente impongono l’adozione di un regolamento d’uso da parte del responsabile dell’attività. Questo regolamento non va confuso col regolamento condominiale, che ha certamente competenza a disciplinare le modalità d’uso dei beni comuni, chiaramente nel rispetto di tutte le norme afferenti requisiti igienici e condizioni di sicurezza.

Bagnino, non obbligatorio, ma se c’è è meglio
In quanto custode dei beni comuni, il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c. purché, evidentemente, il fatto dannoso non sia addebitabile esclusivamente a fattori esterni, il così detto caso fortuito (tra le tante si veda Cass. 28 ottobre 2009 n.22807). Specie nei grossi complessi immobiliari, si pensi ad esempio alle multiproprietà, è comunque utile valutare l’opportunità dell’assunzione di un bagnino , per la migliore custodia del bene comune.

Autore: avv. Alessandro Gallucci

Fonte: www.condominioweb.com del 08/08/2019

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