Prosegue la “marcia” di Mosca sul continente africano

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La Russia sta intensificando i rapporti con i paesi che durante la Guerra Fredda ruotavano nell’area sovietica. E adesso è la volta del Burkina Faso.

di Angelo Ferrari

© AFP
– Un manifestante con un cartello pro-Russia

 

AGI – La “marcia” di Mosca sull’Africa continua e diventa sempre più penetrante. Stringe accordi con diversi paesi, in altri, come il Mali e la Repubblica Centrafricana, la Russia è già diventata il partener principale “sostituendo” persino i vecchi alleati, in particolare la Francia. Mosca sta intensificando i rapporti con i paesi che durante la Guerra Fredda ruotavano nell’area sovietica.

E adesso, infatti, è la volta del Burkina Faso. Questo paese ha molte somiglianze con il vicino Mali, non fosse altro per il fatto di aver vissuto un golpe militare. Al governo del paese c’è una giunta militare.

A differenza del Mali, tuttavia, non ha lavorato, fino ad ora, alla cacciata dei francesi e non si è sottratto dalla forza anti terrorismo del G5 Sahel, ormai G4 vista l’uscita del Mali. Però è significativo che a margine dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, si siano incontrati il presidente del Burkina Faso, il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, a capo della giunta militare che ha preso il potere, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. I due paesi vogliono consolidare la propria cooperazione bilaterale “in vista delle sfide” che il Sahel e la situazione globale impongono.

La cooperazione tra i due paesi ha ormai più di 50 anni ma ora, ritengono entrambe le diplomazie, occorre rafforzarla e “portarla a un livello che sarà reciprocamente vantaggioso” sia per la Russia sia per il Burkina Faso. Mosca, infatti, non fa mistero del fatto che vuole rafforzare la sua presenza proprio nel Sahel facendo leva sull’aiuto a sconfiggere il terrorismo. Di fronte a una crisi della sicurezza segnata da attentati jihadisti, iniziati dal 2015, il Burkina Faso si impegna a diversificare i propri partner per far fronte a questo fenomeno.

Già alla fine del mese di agosto il presidente del Consiglio di transizione burkinabé, Albert Ouedraogo, aveva dichiarato che il suo paese si riservava di diversificare le proprie partnership, anche a costo di “offendere i partner storici”, sottolineando che “ci sono domande da porsi sulle relazioni con la Francia”.

Un mantra, quello anti-francese, che continua ad aleggiare sull’intero Sahel. Mentre in Burkina Faso proseguono le attività della missione francese Barkhane, a differenza di quanto accade in Mali, anche la cooperazione militare con la Russia sembra rafforzarsi. In questo quadro si inserisce l’intento del Coniglio di transizione del Burkina Faso di “ottimizzare” i partner: “Data la complessità della minaccia, abbiamo partner specializzati in questioni di formazione, altri di intelligence e attrezzature, spetta a noi ottimizzare i punti di forza di ogni partner”.

Un modo elegante per dire che Ouagadougou guarda con sempre più interesse alla Russia che, tra l’altro, per l’opinione pubblica è più “digeribile” rispetto agli ex coloni francesi. Non è un caso che nei giorni del colpo di stato militare centinaia di persone siano scese in piazza per offrire sostegno ai golpisti, sventolando la bandiera della Russia, mentre già circolavano notizie sulla presenza di mercenari russi della Compagnia Wagner, come accaduto in Mali e che è stato il preludio della cacciata della Francia. Difficile dire ora se il Burkina Faso replicherà le sorti del suo vicino, di sciuro Mosca ringrazia e l’incontro di alto livello a margine dell’assemblea generale dell’Onu lo dimostra.

Altro accordo, ma di altro tenore ma non meno importante, è quello siglato tra la Russia e la Repubblica del Congo. La cooperazione tra questi due paesi è di lunga data, risale al 1964, quando il paese ruotava nella sfera sovietica. Con il crollo del Muro di Berlino, i rapporti si sono raffreddati ma negli ultimi anni hanno ripreso sostanza. Non a caso Brazzaville, rispetto all’invasione da parte della Russia dell’Ucraina, si è dichiarata neutrale.

Una neutralità che ha il significato del rafforzamento della cooperazione bilaterale. Nei giorni scorsi, durante la cerimonia di chiusura della sesta commissione intergovernativa congiunta, sono stati siglati accordi che riguardano diversi settori che vanno dalle tecnologie dell’informazione alla salute per passare dalla ricerca e dall’innovazione. Ma, proprio in occasione della commissione, il ministro della Cooperazione internazionale, Denis Christel Sassou Nguesso – il figlio del presidente congolese – ha annunciato che “entro la fine del 2022, i governi congolese e russo concluderanno un altro accordo che sarà la base per la realizzazione del progetto di gasdotto che si snoderà dal sud al nord del Congo per oltre mille chilometri”.

Gli studi per questo progetto sono già stati effettuati e finanziati interamente dalla Società nazionale del petrolio del Congo (Snpc) con l’obiettivo che prima del prossimo vertice Russia-Africa del 2023, il gasdotto venga concretamente messo in cantiere. La responsabilità dell’opera è nelle mani della società russa Prometey, come riferisce Radio France International.

L’azione di Mosca, dunque, si sta sempre di più allargando e non ha solo i contorni della cooperazione militare, come accade in Burkina Faso, ma prende sempre di più la via dello sfruttamento delle materie prime. La Repubblica del Congo è uno dei maggiori produttori di petrolio e gas dell’Africa Subsahariana.

 

 

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