Quanto costerebbe allo Stato il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi

Economia & Finanza

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Rapporto annuale dell’Inps. La proposta è considerata la più costosa se si prescinde dall’età

© AGF – Pasquale Tridico

Per passare da Quota 100 alla cosiddetta Quota 41, ovvero la possibilità di uscita anticipata al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione e senza vincoli anagrafici, servirebbero 4,3 miliardi nel 2022 e fino a 9,2 miliardi a fine decennio. A stimare l’impatto della misura, che è una delle ipotesi in campo per introdurre una nuova forma di flessibilità in uscita, è la relazione annuale dell’Inps.

Illustrando al Parlamento il rapporto, il presidente Pasquale Tridico si è detto fiducioso “che, nel corso dell’anno, la sostenuta ripresa economica in atto riporti le entrate contributive” dell’Istituto “ai livelli del 2019, consentendo di superare in un solo anno gli effetti finanziari negativi della pandemia”.

La proposta di consentire il pensionamento anticipato con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età, è considerata dall’istituto di previdenza “la più costosa” poiché “partendo da 4,3 miliardi di euro nel 2022 e arrivando a 9,2 miliardi a fine decennio” impegnerebbe lo 0,4% del prodotto interno lordo. Più di quanto costerebbero le ipotesi alternative: l’opzione al calcolo contributivo con 64 anni di età e 36 di contributi; e un’opzione di anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni, rimanendo ferma a 67 la quota retributiva.

La seconda proposta, secondo l’Inps, è “meno onerosa, costando inizialmente 1,2 miliari e toccando un picco di 4,7 miliardi nel 2027, e per questo più equa in termini intergenerazionali, con risparmi già poco prima del 2035 per effetto della minor quota di pensione dovuta all’anticipo, ma soprattutto per i risparmi generati dal calcolo contributivo”.

L’ultima proposta analizzata, ovvero quella di un anticipo pensionistico per la sola quota di pensione contributiva maturata al raggiungimeno dei 63 anni di età e con almeno 20 anni di versamenti e un importo minimo pari a 1,2 volte l’assegno sociale, è quella che per l’istituto “garantisce flessibilità per la componente contributiva dell’assegno pensionistico con costi molto più bassi per il sistema: l’impegno di spesa parte da meno di 500 milioni nel 2022 e raggiungerebbe il massimo costo nel 2029 con 2,4 miliardi di euro.

Quota 100, viene sottolineato, ha permesso il pensionamento anticipato di 180.000 uomini e 73.000 donne nel biennio 2019-20 (112.000 uomini e 36.000 donne nel 2019 e 68.000 uomini e 37.000 donne nel 2020). La misura è stata utilizzata prevalentemente da uomini, di soggetti con redditi medio-alti e relativamente con maggior frequenza da dipendenti pubblici.

Se ci si limita invece ai dipendenti del settore privato, oltre al genere e al reddito, assume un ruolo chiave anche la salute negli ultimi anni di carriera. Rispetto agli impatti occupazionali di Quota 100, l’analisi condotta dall’Inps su dati di impresa “non mostra evidenza chiara di uno stimolo alle maggiori assunzioni da parte dell’anticipo pensionistico”.

I pensionati italiani al 31 dicembre 2020 risultano pari a circa 16 milioni, di cui 7,7 uomini e 8,3 donne. È il dato contenuto nel Rapporto annuale Inps, secondo cui la dinamica della spesa pensionistica evidenzia un rallentamento della crescita a partire dal 2014. Tuttavia – osserva l’Inps – il rapporto tra il numero di pensionati e occupati si mantiene su un livello che è tra i più elevati nel quadro europeo. Inoltre, il rapporto tra l’importo complessivo delle pensioni (in termini nominali) e il numero di occupati è cresciuto del 70% tra il 2001 e il 2020 e si attesta a 13.000 euro di spesa pensionistica per lavoratore.

Questo aumento della spesa pensionistica non compensato dall’aumento dell’occupazione è riconducibile non tanto all’aumento dei pensionati ma all’incremento dell’assegno medio che da 2001 a 2020 è cresciuto del 68%. Tra il 2012 e il 2020 – fa notare l’Inps – aumenta visibilmente anche la differenza tra le mediane del reddito pensionistico di maschi e femmine, segno di una crescita della diseguaglianza di genere tra i pensionati: la differenza tra le mediane del reddito pensionistico di uomini e donne aumenta visibilmente a partire dal 2012 sia per i trattamenti di anzianità (da circa 400 a 550 euro) che per quelli di vecchiaia (da circa 200 a 250 euro). AGI

TAGS: quota 100, pensionamento,

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